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 2012  ottobre 23 Martedì calendario

È accaduto questo: che sui tavoli delle redazioni sono piovute, a poche ore di distanza, due notizie molto importanti: le percentuali dell’inquinamento provocato dall’Ilva a Taranto nel periodo 2003-2009 e la sentenza con cui il giudice unico Marco Billi ha condannato a sei anni di carcere i tecnici e i professori della Commissione Grandi Rischi, accusati di aver fornito, alla vigilia del terremoto dell’Aquila, «informazioni inesatte incomplete e contradditorie»

È accaduto questo: che sui tavoli delle redazioni sono piovute, a poche ore di distanza, due notizie molto importanti: le percentuali dell’inquinamento provocato dall’Ilva a Taranto nel periodo 2003-2009 e la sentenza con cui il giudice unico Marco Billi ha condannato a sei anni di carcere i tecnici e i professori della Commissione Grandi Rischi, accusati di aver fornito, alla vigilia del terremoto dell’Aquila, «informazioni inesatte incomplete e contradditorie». Che cosa lega questi due eventi lontani nello spazio e nel tempo? Il fatto che entrambi sarebbero il risultato di incuria, malgoverno e menefreghismo antichi, che essi proverebbero ancora una volta come il Paese non sembri in grado di scrollarsi di dosso il suo destino infame, il governo che non governa, gli intellettuali che pensano ad altro, e via andare con la lunga, ben nota sequenza di lamenti e proteste sconsolate.

Dubbi?
Relativamente all’Aquila, bisogna aspettare le motivazioni della sentenza… Vogliamo cominciare dall’Aquila? Bene, il giovane giudice Marco Billi ha condannato Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Bernardo De Bernardinis, Giulio Selvaggi, Claudio Eva e Gianmichele Calvi – cioè i membri della commissione Grandi rischi – a sei anni di carcere, in quanto responsabili di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Interdetti anche in perpetuo dai pubblici uffici. Ribadisco che si devono aspettare le motivazioni, ma intanto la condanna che cosa significa? Che in quel primo semestre del 2009, quando l’Abruzzo era scosso di continuo dai cosiddetti sciami sismici, la Commissione avrebbe dovuto allarmare la popolazione sul fatto che sarebbe arrivato un terremoto devastante (più di trecento morti). Non avendolo fatto, i suoi membri devono andare in galera. Non ci vanno solo perché siamo al primo grado di giudizio.  

Quindi, dicono i giudici, il terremoto si poteva prevedere.
A quello che capisco, secondo i giudici, sì. Anche se si disse subito che gli sciami non avevano alcun rapporto con la scossa. E si documentò che non esiste scienziato o commissione scientifica al mondo che sappia prevedere un terremoto. “Prevedere”, in questo caso, non significa dichiarare che in una certa zona, a un dato momento, arriverà una scossa. Ma dire invece con esattezza il giorno il mese l’anno e l’ora del terremoto, oltre al punto esatto in cui si verificherà. Qualunque altro tipo di pronostico è inutile o addirittura dannoso: Giampaolo Giuliani, che basandosi sulle emissioni di radon aveva pronosticato il terremoto una settimana prima a Sulmona, non azzeccò la profezia e fu denunciato da Bertolaso per procurato allarme.  

Se il terremoto non è prevedibile, su che cosa si basa la condanna dei giudici?
Non lo so e non lo posso dire fino a che le motivazioni della sentenza non saranno pubblicate. Suppongo che le motivazioni, oltre a chiarirci i dubbi di cui sopra, risponderanno anche a questa obiezione: che cosa sarebbe accaduto se gli scienziati della Commissione avessero lanciato un allarme, costringendo il governo Berlusconi a predisporre l’evacuazione di un milione e 300 mila persone (da sistemare non so dove) e poi non fosse arrivato nessun terremoto? Gli scienziati sarebbero stati condannati e magari costretti a rifondere i danni enormi procurati con la loro avventatezza? Adesso il giudice li ha condannati a rifondere 7,8 milioni più le spese giudiziarie per centomila euro.  

Come hanno reagito i condannati?
È in corso una specie di sollevazione della comunità scientifica. Ha riassunto i termini del problema Luciano Maiani, presidente del Cnr: «È la morte del servizio prestato dai professori e dai professionisti allo Stato. Non è possibile fornire allo Stato una consulenza in termini sereni, professionali e disinteressati sotto questa folle pressione giudiziaria e mediatica. Questo non accade in nessun altro Paese al mondo. Le persone condannate sono professionisti che hanno parlato in buona fede senza essere spinti da interessi personali. Sono persone  che hanno sempre detto che i terremoti non sono prevedibili. A fronte della loro condanna non c’è nessuna indagine su chi ha costruito in maniera non adeguata ad una zona sismica. Questo è un profondo sbaglio». Le segnalo l’esultanza dei politici abruzzesi (l’ex presidente della provincia Stefania Pezzopane e il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente) e quella della gente del posto, tutti convinti che giustizia sia stata fatta.  

E l’inquinamento dell’Ilva?
Nel periodo 2003-2009 la mortalità a Taranto risulta più alta rispetto al resto della regione del 14 per cento per gli uomini e dell’8 per cento per le donne. C’è un terzo di tumori in più per gli uomini e un quinto per le donne. Dati gravi e credibili perché raccolti dall’Istituto Superiore della Sanità all’interno del Progetto Sentieri. Solo che resta in piedi l’obiezione fatta l’altra volta, quando i dati erano quelli degli anni Novanta: la norma pugliese in questo campo è più bassa della norma nazionale, in Lombardia e in Veneto, se si applicassero gli stessi criteri adottati per Taranto, dovrebbero chiudere più o meno tutte le fabbriche. Lo si dice non per giustificare i veleni dell’Ilva, ma solo per manifestare un dubbio sulla serenità di quei giudici, che non vi sia da parte loro una punta di fondamentalismo, una punta di irriducibilità.[Giorgio Dell’Arti, la Gazzetta dello Sport 23 ottobre 2012]