Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 20 Sabato calendario

Ieri le agenzie hanno fatto circolare una foto storica: Silvio Berlusconi che stringe la mano al procuratore aggiunto Ilda Boccassini

Ieri le agenzie hanno fatto circolare una foto storica: Silvio Berlusconi che stringe la mano al procuratore aggiunto Ilda Boccassini. L’immagine inquadra la faccia di Silvio (sorridente, anche se un po’ tirato), ma sarebbe interessante veder bene anche la faccia del procuratore, che appare al massimo di sguincio in uno dei cinque scatti disponibili. Se il gesto è notevole da parte di lui, è almento altrettanto notevole da parte di lei, dato che di sicuro lei lo detesta almeno quanto la detesta lui.

Come mai i due si sono incontrati?
Nell’aula del processo Ruby. Ricorderà i termini della questione. Nella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010, portarono in questura a Milano una ragazza marocchina di 17 anni (diventerà maggiorenne dopo pochi giorni). Si chiamava Karima El Mahroug, soprannominata Ruby, molto bella. Il pubblico ministero per i minori, Annamaria Fiorillo, dispose che fosse mandata in una comunità. Arrivò invece da Parigi una telefonata di Berlusconi, il quale spiegò che si trattava della nipote di Mubarak, che avrebbero potuto esserci complicazioni internazionali, chiese di affidarla (disse proprio: «Affidatela») al consigliere regionale Nicole Minetti, un’altra bella ragazza che faceva però il consigliere regionale. Arrivò la Minetti, fece uscire Ruby dalla questura, poi la salutò e se ne andò. Ruby, intervistata dai giornali, disse d’essere stata a cena tre volte dal premier (secondo la Procura come minimo quattro). Fu lei a tirar fuori la storia del “bunga bunga”, per alcuni un innocente barzelletta degli anni Ottanta, per gli altri una pratica sessuale brutale. In conclusione: Berlusconi venne accusato di concussione e prostituzione minorile, Fede, Mora e il consigliere regionale Minetti di violazione della legge Merlin sulla prostituzione e di induzione alla prostituzione minorile. Fede e Mora erano quelli che per primi avevano messo in contatto la bella marocchina con il Cavaliere. Fu Fede a portarla ad Arcore. Come lei sa, tutti hanno sempre negato.  

Bene, la storia nei suoi dettagli m’era praticamente uscita di memoria. Ieri quindi Berlusconi s’è presentato in aula e, dopo la stretta di mano, s’è fatto interrogare.
No, s’è portato un memoriale e lo ha letto. Erano con lui l’avvocato Ghedini e Maria Rosaria Rossi, la parlamentare-assistente. Il presidente del collegio, Giulia Turri, ha chiesto se non preferisse che queste dichiarazioni spontanee venissero acquisite agli atti senza lettura, ma Berlusconi ha detto di no. Il passaggio fondamentale è questo: «Posso escludere con assoluta tranquillità che si siano mai svolte scene di natura sessuale a casa mia». Altro punto chiave: «Non ho mai esercitato pressioni sui funzionari della Questura di Milano. Mi sono limitato a dare e chiedere un’informazione».  

E il bunga-bunga?
«Nasce – ha detto – da una battuta che ho ripetuto più volte e che è stata riportata anche dalla stampa».  

Ruby non era minorenne?
«Tutti avevamo l’assoluta convinzione che Ruby fosse maggiorenne sia perché diceva che aveva 24 anni, sia per il suo aspetto fisico, sia per il suo modo di fare. La ragazza disse che era di nazionalità egiziana e appartenente a una importante famiglia imparentata con Mubarak. Io le ho creduto e ho tentato di evitare un incidente diplomatico». Qui il Cav ha ricordato quali complicazioni aveva provocato in Svizzera l’arresto di Hannibal, il figlio di Gheddafi.  

Sulle famose feste?
Ha detto questo: «Si è favoleggiato molto sulle serate nella mia residenza privata con chiari intenti diffamatori e con una intrusione nella vita privata di un cittadino. Le serate ad Arcore si svolgevano con delle cene in una grande sala da pranzo, nelle quali io ero al centro della tavola e monopolizzavo l’attenzione cantando, parlando di sport, di politica e di gossip. Non ho mai avuto timore che i miei ospiti raccontassero di accadimenti indecenti nella mia abitazione. Apicella si esibiva, anche con me, nel suo fantastico repertorio di canzoni napoletane. Dopo la cena le serate ad Arcore proseguivano con i miei ospiti che organizzavano spettacoli con musica e si ballava, ma io non ho mai partecipato ai balli a causa dell’età». Alla fine sono arrivati gli attacchi ai giudici e al processo: «Questo processo è stata una mostruosa operazione di diffamazione per me e le mie amiche. Nessuna delle mie ospiti, per quanto a mia conoscenza, poteva essere qualificata come una escort. Non ho mai pagato in vita mia per fare sesso. Leggo che mi avete già condannato. Spero però che non sia così, perché sarebbe una barbarie e significherebbe che l’italia non è una democrazia». Venerdì verranno in aula anche Clooney e la Canalis, convocati dalla difesa. Ruby, a suo tempo, disse che a una delle tre cene c’erano anche loro. I due hanno già smentito.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 20 ottobre 2012]