La Gazzetta dello Sport, 12 ottobre 2012
Per ora, il consiglio regionale lombardo non si scioglie, Formigoni resta presidente e si farà solo un rimpasto di giunta, magari piuttosto significativo, tipo dimezzamento nel numero degli assessori, nomi assolutamente nuovi, eccetera
Per ora, il consiglio regionale lombardo non si scioglie, Formigoni resta presidente e si farà solo un rimpasto di giunta, magari piuttosto significativo, tipo dimezzamento nel numero degli assessori, nomi assolutamente nuovi, eccetera.
• La giunta sarebbe il governo della Regione. Gli assessori è come se fossero i ministri, no? Tutto questo per il caso Zambetti, che ora le tocca di rispiegare.
Il caso Zambetti, che era assessore lombardo alla Casa dal 2010, è questo: i magistrati sostengono che Zambetti, del Pdl, per farsi eleggere alle regionali del 2010, comprò per 200 mila euro 4.000 voti dalla ‘ndrangheta. C’è un’intercettazione piuttosto eloquente, alla quale crede perfino Formigoni. Oltre ai 200 mila euro risultano ai magistrati la promessa di far vincere alle ditte e alle cooperative della ‘ndrangheta gli appalti più succosi, specie quelli legati a Expo 2015; l’assunzione all’Azienda regionale di edilizia residenziale (Aler) della figlia di un affiliato; il rinnovo del contratto di parrucchiera per la sorella del boss Eugenio Costantino; l’assegnazione di una casa Aler in favore della sua amante. E chi sa che altro. Zambetti, eletto proprio grazie ai 4.000 voti comprati, non voleva pagare l’ultima rata da 30 mila euro. Gli arrivò allora una telefonata dalla Calabria. Lo chiamava il boss Pino D’Agostino: «Dottore, buona sera, come sta? Il diabete (pausa) se lo cura? Se lo deve guardare, bisogna fare attenzione con (lunga pausa) il mangiare…». Zambetti pagò immediatamente, assunse la figlia dell’affiliato e, da quanto si capisce dalle intercettazioni, di fronte agli ‘ndranghetisti che s’erano presentati con un pizzino dove erano elencate tutte le condizioni del patto, si mise a piangere. I malavitosi, tra di loro, lo chiamano “pisciaturu”, “uomo di niente”. Il pm D’Amico l’ha fatto arrestare l’altro giorno insieme con altre 18 persone. La Boccassini, in conferenza stampa, ha detto: «La democrazia e la libertà di voto sono state violate». In effetti il caso è gravissimo: per la prima volta si sa con sicurezza che i voti sono venduti e comprati, a Milano e anche al Sud, come si capisce dalle telefonate.
• Come si garantiscono quattromila voti?
Nell’intercettazione, ricavata dalla microfonatura di un’automobile, i due ‘ndranghetisti parlano di un napoletano che «gestisce 10/12 condomini; poi c’è un altro napoletano, che hanno i locali a Milano, quelli 400/500 voti li portano solo loro… la famiglia Barbaro… il sondaggista Ambrogio», cioè Ambrogio Crespi, fratello del Luigi Crespi, sondaggista e uomo-comunicazione di Berlusconi (inventò per il Cav il famoso contratto con gli italiani firmato da Vespa), e condannato poi a sette anni per bancarotta. Zambetti è accusato di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Il gip Alessandro Santangelo lo ascolterà oggi.
• Veniamo alle conseguenze politiche.
Bisogna partire dal fatto che non solo Formigoni è sotto inchiesta, ma che fino a questo momento 14 esponenti della Regione sono indagati, tra cui quattro assessori della giunta attuale e di quella precedente, e cinque persone in galera. La Lega finora ha creduto, o finto di credere, alla tesi del governatore secondo cui si è sempre trattato di abbagli o di trame politiche dei magistrati, «uscirò ancora una volta pulito dai processi» eccetera. La ’ndrangheta però è apparsa agli esponenti del Carroccio qualcosa di troppo. Gli assessori e i consiglieri hanno consegnato al partito le loro dimissioni, Formigoni ha risposto ritirando le deleghe e ieri a Roma c’è stato l’incontro a tre, Formigoni-Maroni-Alfano.
• Rottura?
Ieri mattina sembrava proprio di sì. Formigoni ha detto quanto segue (glielo riassumo): se la Lega fa cadere la giunta regionale lombarda, e ci porta allo scioglimento del consiglio e a elezioni anticipate, il Pdl farà cadere le giunte regionali di Piemonte e Veneto, che sono governate dal Carroccio. La triade Piemonte-Lombardia-Veneto fa infatti parte di un accordo politico nazionale, per cui a noi Pdl toccava la Lombardia e a loro Lega toccavano Piemonte e Veneto. Simul stabunt, simul cadent («staranno in piedi insieme, cadranno insieme»). Alfano, più tardi, ha confermato: «Noi in Veneto abbiamo rinunciato a Galan». I due governatori di Piemonte e Veneto, Cota e Zaia, hanno risposto, più o meno: «Formigoni si occupi della Lombardia, che al Piemonte e al Veneto ci pensano i piemontesi e i veneti». Con queste premesse, la strada della rottura e dello scioglimento sembrava imboccata definitivamente.
• Invece?
Invece sia il Pdl che la Lega sanno bene che, tornando alle urne, rischiano di consegnare tutt’e tre le regioni al centro-sinistra. E quindi, alla fine dell’incontro, Formigoni, che aveva annunciato «gesti molto netti, molto forti di discontinuità», ha fatto capire che si sarebbe proceduto semplicemente a un rimpasto di giunta, con un numero dimezzato di assessori.
• Può durare un accordo simile?
E se venisse fuori che il metodo di comprare voti dalla ‘ndrangheta era generalizzato? Se scoprissimo che mezzo consiglio regionale lombardo era controllato dalla malavita? Se venissimo a sapere che una quota importante dei consiglieri eletti nei Comuni, nelle Province, nelle Regioni italiane il famoso consenso se lo comprano da quelli che trafficano in prostitute, ammazzano se non gli paghi il pizzo, riempiono le città di droga?
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 12 ottobre 2012]