Rassegna, 11 ottobre 2012
Le mani della ’ndrangheta anche sull’anti-Minetti
• C’è poi il caso di Sara Giudice, che si era presentata alle Comunali di Milano del 2010 come l’anti-Minetti del centrodestra. I clan avrebbero appoggiato 300/400 voti sulla giovane candidata all’esito di incontri con il padre Vincenzo, ex presidente del Consiglio comunale e allora presidente di Metro Engineering srl, società della Metropolitana milanese controllata dal Comune. Investimento efficace, visto che la giovane concluse con 1.000 preferenze dietro il candidato sindaco Manfredi Palmeri della lista Nuovo Polo per Milano, e non entrò in Comune solo per i meccanismi elettorali. Spiega però Ferrarella sul Cds: «Due le differenze tra Giudice (indagato per corruzione) e Zambetti. L’ambasciatore ’ndranghetista gli si presentò con nome falso, come avvocato portavoce di una cordata di professionisti calabresi. E Giudice non pagò i voti, ma avrebbe promesso disponibilità sugli appalti della metro di Cosenza realizzata da Metro Engineering».
• Sara Giudice ha commentato così l’inchiesta che coinvolge suo padre: «Mi sono messa contro Silvio Berlusconi, il politico più potente. Mi avevano minacciato di farmela pagare. Questa è solo una manovra per cercare di incastrarmi». Al telefonino con voce flautata, Nicole Minetti fa la compassionevole: «Le esprimo la massima solidarietà. Io lo so bene, cosa vuol dire finire nel tritacarne mediatico». [Poletti, Sta]