Rassegna, 5 luglio 2012
Ultimi ritocchi per la spending review
• Tra il malcontento di sindacati, Regioni e Comuni, tra oggi e domani dovrebbe essere varata dal Consiglio dei ministri la spending review. Ancora incertezze perché non c’è intesa all’interno del governo e i ministri Balduzzi (Sanità) e Profumo (Università) puntano i piedi. In ballo una manovra di risparmi per 6-7 miliardi da quest’anno e per il doppio il prossimo e il successivo. Scrive Petrini (Rep): «In prima linea il pacchetto pubblico impiego, a colpi di prepensionamenti (dai 10 ai 30 mila nelle amministrazioni centrali e negli enti locali) e con il livellamento a 7 euro dei buoni pasto per tutti. Nel mirino anche la sanità dove si prevedono tagli per 1 miliardo quest’anno e 2 per il prossimo oltre alla riduzione di posti letto (3,7 ogni mille abitanti invece degli attuali 4) e la chiusura dei piccoli ospedali. Nel decreto anche veri e propri tagli alle risorse tradizionali di Regioni (3,2 miliardi), Province e Comuni (4 miliardi) per 7,2 miliardi totali. Per le Regioni si prevede una riduzione dei trasferimenti per 1,2 miliardi per quest’anno (trasporto locale, incentivi imprese, servizi sociali) e 2 per il 2013. Per le Province e i Comuni a fare le spese della manovra saranno i fondi di riequilibrio territoriale: 500 milioni per quest’anno (1 miliardo nel 2013) per le Province (oltre ai previsti accorpamenti) e per i Comuni 500 milioni nel 2012 e 2 miliardi l’anno seguente. Colpite anche le Forze armate dove si ipotizza una riduzione del 10 per cento degli organici pari a circa 18 mila unità, prevista anche una sforbiciata ai fondi per la cosiddetta mini-naja. Per la spending review in senso stretto, cioè l’acquisto di beni e servizi (ieri con l’approvazione del Senato del primo decreto è diventata legge dello Stato), le cifre sono ancora ballerine: il metodo, sia per la sanità dove interverranno delle agenzie di acquisto regionali, che per la Consip, sarà quello del prezzo “mediano” dato dalla media tra il prezzo più alto e quello più basso (a differenza dei costi standard che venivano calcolati sulla media delle spese delle Regioni più virtuose). Si conta su un paio di miliardi».