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 2012  luglio 03 Martedì calendario

C’è ora il caso di questi qui - più di uno - che hanno tifato contro l’Italia, non solo nella finale contro la Spagna, ma durante tutto il torneo

C’è ora il caso di questi qui - più di uno - che hanno tifato contro l’Italia, non solo nella finale contro la Spagna, ma durante tutto il torneo.

 

• Come dobbiamo considerarli?

È una domanda difficile. Perché l’anti-italianità è un dato eterno del nostro essere italiani, e quindi la cosa ha un suo spessore storico. Poi una parte di me stesso, su tante cose, non riesce a dargli torto del tutto. Cioè, li capisco. Il paese è talmente ingiusto in una quantità così grande di occasioni… Mio padre tifava sempre contro, ed erano gli anni Cinquanta. Io ero bambino, e stavo con l’Italia, e mi pareva che lo facesse apposta, per fare un dispetto a me. D’altra parte tifare contro mi sembra pure impossibile. È vero, il Paese è stato governato vergognosamente, siamo circondati da profittatori e furbetti. Però c’è anche tanta gente per bene, anzi la maggior parte degli italiani è fatta da gente per bene, che non farebbe del male a una mosca, che obbedisce anche alle leggi inique e paga le tasse, gente che vorrebbe un po’ di pace e non la rissa continua che c’è stata fino a sei mesi fa, in tv e ovunque. Questi italiani domenica scorsa avevano riempito le piazze del Paese e cantavano “Fratelli d’Italia”, una cosa che se il povero Mameli morto ad anni 22 fosse resuscitato sarebbe subito rimorto per l’emozione. Questi qui tifavano Italia. Perché, da italiano, mi dovrei mettere contro di loro? E magari sentendomi per questo anche un poco superiore?

Chi sono poi questi che tifano contro l’Italia?

Prima di tutto sono tornati alla carica con l’anti-italianità i leghisti. Radio Padania ha fatto la cronaca della partita e ad ogni gol spagnolo erano grida di esultanza. La Lega ha ripreso a cantare la solfa della secessione e dell’indipendenza, dimenticando la brutta figura rimediata durante le celebrazioni dei 150 anni: la maggior parte delle finestre pavesate dal tricolore stavano nelle città settentrionali. E durante le celebrazioni i leghisti che stavano al governo sul tema dell’italianità non aprivano più bocca, hanno pure votato gli stanziamenti per Roma capitale. Del resto il Maroni che proprio a me, alla vigilia di Italia-Francia del 2000, aveva detto di tifare per la Francia, diventò poi ministro dell’Interno dell’odiato Belpaese. Sbarazziamoci dei leghisti, il cui anti-tifo non pone culturalmente nessun problema.

Poi?

Mi sembra una scemenza pure la festa anti-Italia organizzata dai No Tav in Val di Susa. È sempre politica, speculazione di basso conio, l’altra faccia del tifo nazionalistico e cretino di quelli che credono ancora a una “missione” o a una “superiorità” italiana nel mondo (esistono pure questi, dimentichiamocene per carità di patria). Ci sono poi i senesi, a cui sembra più importante della finale europea il loro Palio. È possibile, questo è il vecchio municipalismo nostrano, per cui nessuno di noi è davvero italiano ma siamo tutti pisani o livornesi, romani o milanesi, bresciani o bergamaschi. Non mi creano problemi neanche loro.

E allora con chi entra in crisi?

Beh, mi fa una certa impressione il discorso di Grillo: «Chi ha vinto? Le banche spagnole, che hanno finanziato il calcio (senza di loro non esisterebbero né Barcellona, né Real Madrid attuali) e che oggi vengono salvate dalla Bce, e quindi anche dall’Italia, con 100 miliardi. Ha vinto il calcio più indebitato. Ha vinto il presidente ucraino che ha avuto sul palco d’onore i primi ministri della Ue, Rigor Montis compreso, che si sono salvati l’anima mandando la letterina di Babbo Natale a Viktor Yanukovich, mentre la Timoshenko continua a marcire in carcere. Ha vinto la corruzione nel calcio italiano che, vittoria dopo vittoria della Nazionale, è scomparsa dal radar dell’informazione. Hanno vinto i giornalai e le Istituzioni che hanno usato il calcio per nascondere il nostro cratere morale e economico». Sulla situazione finanziaria di Real Madrid e Barcellona, c’è poco da discutere. Riguardo alla Timoshenko, non so: la figlia Eugenia ha ringraziato Monti e Rajoy definendo la loro lettera «un grande aiuto». L’Europeo ha poi attirato l’attenzione del mondo su un caso che senza il calcio sarebbe stato bellamente ignorato dai più. E infine: siamo tutti quanti talmente stupidi che basta un gol di Balotelli per farci dimenticare il mondo vero nel quale viviamo, la corruzione, i debiti e il resto? E noi giornalisti: dovremmo, ogni volta che ci casca dalla penna il nome di Bonucci o di Criscito, ricordare che c’è un giudice il quale pensa eccetera eccetera? Poi c’è l’anti-italianità di Travaglio.

Sentiamo cosa dice Travaglio.

Travaglio, prima della finale, ha scritto che al tempo di Bearzot tifava Italia anche se pure allora c’era stato uno scandalo legato alle scommesse. Solo che allora i calciatori messi sotto accusa avevano scontato la loro pena. «Io vorrei sapere, che si vinca o si perda, cos’è quel milione e mezzo di euro versato da capitan Buffon a un tabaccaio di Parma. Vorrei sapere quali e quanti calciatori coinvolti nell’inchiesta di Cremona per essersi venduti le partite in barba ai tifosi e alla lealtà sportiva, sono colpevoli o innocenti. Nessuna vittoria all’Europeo può cancellare lo scandalo». Cioè, Travaglio suppone che la partita Spagna-Italia sia in realtà un match tra Onesti e Ladri, e si schiera naturalmente dalla parte degli Onesti. E ipotizza pure che il giudice, di fronte al bel comportamento della Nazionale, arretri o addirittura si fermi. Allo stesso modo noi giornalisti casseremmo dalle nostre cronache le evidenze dello scandalo prendendo a scusa l’Europeo: anzi, a quanto pare, non aspettavamo altro per tacere. Abete gli ha risposto che chi tifa contro l’Italia deve vergognarsi. A parte questo, mi sembrano esagerazioni, eccessi polemici di cui non mi pare abbiamo bisogno.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 3 luglio 2012]