Rassegna, 3 luglio 2012
Il nuovo presidente messicano è Peña Nieto
• In Messico si è votato domenica per eleggere il nuovo presidente e ieri ancora dovevano essere scrutinate il 10% delle schede, ma si è capito che ad essere eletto è stato il candidato del Partito rivoluzionario istituzionale Enrique Peña Nieto (Pri) con un solido vantaggio (38% contro il 32%) su Andrés Manuel Lopez Obrador (Prd) mentre la candidata del partito di governo uscente, Josefina Vazquez Mota (Pan), è al 25%. La vittoria, con maggioranza relativa, di Peña Nieto è stata subito riconosciuta dal presidente uscente, Felipe Calderòn, ma non dal suo principale avversario, Lopez Obrador, che già sei anni fa perse (allora fu appena lo 0,5% la differenza tra il primo e il secondo), denunciò brogli e si rifiutò per mesi di accettare la sconfitta. [Ciai, Rep]
• Sul nuovo presidente messicano scrive Ciai su Rep: «Telegenico e donnaiolo Enrique Peña Nieto ha promesso ai messicani un governo pragmatico e capace di ottenere risultati in economia e nella guerra contro il crimine organizzato costata fino ad oggi al Messico oltre 50mila morti (e migliaia di desaparecidos) negli ultimi sei anni. Secondo la maggior parte degli analisti ci sono due ragioni importanti dietro il successo di Peña Nieto, che rappresenta il ritorno al potere dopo 12 anni del Pri, partito che dominò il paese per settant’anni fino al Duemila. La prima va ricercata nell’alleanza del candidato, che ha sposato in seconde nozze una popolarissima attrice di telenovelas, con il potente network tv Televisa che per mesi ha mandato in onda una forsennata campagna pubblicitaria, quella che ha provocato la rivolta degli studenti universitari nelle ultime settimane prima del voto. Mentre la seconda ha a che fare con la nostalgia dei messicani per il partito-Stato che per molto tempo riuscì a mantenere la pace anche con i cartelli dei narcotrafficanti».
• «(…) Un personaggio oggetto anche di feroci critiche da parte di intellettuali del calibro di Carlos Fuentes, uno dei più importanti scrittori messicani, recentemente scomparso che in passato con lui ha avuto uno scontro durissimo. “A causa della sua ignoranza, non ha nessun diritto a diventare mai presidente del Messico” dichiarava indignato lo scrittore lo scorso dicembre. Ma le sue parole non si sono rivelate profetiche. Due mogli, 5 figli, una vita da «latin lover», Enrique Peña Nieto ha già vestito i panni del caso: “Sarò il presidente di tutti i messicani. Nessuna tregua contro i narcos”, aveva pomposamente dichiarato in campagna elettorale». [Manzo, Sta]
• Il Partido Revolucionario Institucional torna al potere in Messico dopo 12 anni d’opposizione. Scrive Manzo sulla Stampa: «Un partito che racchiude in sé tutte le contraddizioni del Messico. È persino membro dell’Internazionale socialista e in teoria sarebbe di sinistra, ma con la rete clientelare costruita negli anni, raccoglie da sempre voti anche al centro e a destra».
• Olimpio sul Cds analizza il problema dei narcos in Messico: «Il quadro narcos è cambiato. Se nel 2006 c’erano sei grandi cartelli è previsto che nel 2014 saranno una ventina. E neppure troppo coesi. Sottocapi decidono stragi in modo autonomo, altri si ribellano creando il loro gruppo. Anche volendo e tralasciando l’immoralità della scelta, un patto diventa complicato. Chi è l’interlocutore? E lo rispetterà? Le analisi mostrano che la violenza cala in quelle zone dove un cartello impone il suo ordine. È avvenuto nella capitale degli omicidi, Ciudad Juárez, dove i killer di Joaquin El Chapo Guzmán hanno eliminato i rivali. Si muore ma di meno: “soltanto” 536 uccisioni nel 2012. E allora lo Stato dovrebbe favorire una gang rispetto a un’altra? Chi non ama il Pri è convinto che le vecchie volpi meditino la mossa».