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 2012  giugno 29 Venerdì calendario

Il “Wall Street Journal”, che l’altro giorno aveva messo nei guai la Fornero, ieri ha fatto dire a Schäuble cose che Schäuble non poteva evidentemente dire, c’è stata agitazione nei palazzi della politica…  • Che cosa gli ha fatto dire? Che gli acquisti diretti dei Btp o dei Bonos da parte dei due fondi salva-stati saranno possibili, purché vi sia una formale richiesta dei governi

Il “Wall Street Journal”, che l’altro giorno aveva messo nei guai la Fornero, ieri ha fatto dire a Schäuble cose che Schäuble non poteva evidentemente dire, c’è stata agitazione nei palazzi della politica…

 

Che cosa gli ha fatto dire?

Che gli acquisti diretti dei Btp o dei Bonos da parte dei due fondi salva-stati saranno possibili, purché vi sia una formale richiesta dei governi. E che qualcosa per gli eurobond si potrà fare, purché venga creato una specie di zar che tenga sotto controllo i conti pubblici dei paesi indebitati. Schäuble è il ministro delle Finanze di Berlino, se dice certe cose siamo tutti autorizzati a crederci. Solo che fino all’altro giorno la Merkel ha detto il contrario, tant’è vero che Monti, per far passare la storia dei fondi salva stati che comprano i titoli dei paesi in difficoltà, s’è detto disposto a costringere tutti al tavolo delle trattative fino a domenica sera. L’intervista al WSJ ha provocato un tale rumore che lo stesso Schäuble l’ha dovuta smentire: la posizione tedesca è sempre quella, niente eurobond e niente scudi anti-spread.

Forse, mentre il vertice è ancora in corso (dovrebbe concludersi stasera), converrebbe ripassare un po’ la materia. Fondi salva-stati?

Faccia conto che siano delle casse comuni, a cui hanno contribuito gli stati membri ciascuno mettendo qualche miliardo. Hanno dei nomi impossibili. Uno si chiama Efsf, acronimo di European Financial Stability Facility. Dopo il salvataggio di Irlanda e Portogallo ha in pancia 250 miliardi di euro. La seconda cassa si chiama Esm, European Stability Mechanism, e ha a disposizione (per ora) 750 miliardi. Comincerà a funzionare da lunedì proissimo. L’idea di Monti è che si fissi un tetto agli spread, cioè al differenziale tra titoli di stato a dieci anni di un paese in crisi e l’analogo titolo tedesco (Bund). Quando il differenziale supera la soglia stabilita, i due fondi comprano e scoraggiano i venditori, i quali vendendo a tutto spiano i titoli, per esempio, italiani puntano a deprimerne il loro valore e ad alzare il rendimento, cioè a far pagare allo stato indebitato interessi sempre più alti. Questa è la richiesta principe di Mario Monti: se la Merkel cedesse su questo punto, il nostro premier potrebbe tornare a casa trionfante.

Perché la Merkel non dovrebbe cedere?

La Merkel ha elogiato ancora ieri il presidente del consiglio italiano, affermando per l’ennesima volta che siamo sulla strada giusta eccetera. Far comprare titoli italiani ai due fondi significa trasferire un pezzetto del nostro debito all’Europa. Automaticamente. I tedeschi hanno sempre sostenuto che non può esserci condivisione a livello europeo dei debiti senza una qualche cessione di sovranità, senza dare cioè all’Europa (soprattutto alla Germania) il potere di intervenire nei bilanci altrui, di impedire sprechi, di imporre tagli eccetera. Sulla cessione di sovranità registriamo una vaga disponibilità francese. Hollande l’altra sera ha incontrato la Merkel a Parigi, e subito dopo ha detto: «Siamo entranbi coscienti delle misure necessarie per la stabilità finanziaria e vogliamo entrambi approfondire l’unione economica, monetaria e, un domani, politica». Non può esserci unione senza cessione di sovranità.

Hollande è d’accordo con quello che chiede Monti?

Monti ha raccolto un consenso piuttosto vasto. Lo appoggiano ufficialmente il presidente francese, e il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy. Van Rompuy ha preparato umn rapporto, piuttosto sgradito ai tedeschi, in cui si prevedono unione monetaria, emissione comune del debito eccetera. Tutti temi tabù per Berlino.

Come farà Monti a persuadere la Merkel delle sue buone ragioni?

La Merkel vuole seriamente istituire la Tobin tax, magari limitandola a nove paesi soltanto. Ricorderà che la Tobin tax è una tassa dello 0,5 o dell’1 per mille su tutte le transazioni finanziarie. Hollande è d’accordo, ma Monti è deciso ad opporsi se prima non otterrà lo scudo a difesa dello spread. Un altro punto importante, al primo posto nella piattaforma francese, sono questi 120 o 130 miliardi che la Ue dovrebbe investire nei Paesi in difficoltà (cominciando dalla Grecia) per aiutare le varie economie a ripartire. Ultimo tema, quello delle banche. Il trattamento riservato alla Spagna, che ha chiesto ufficialmente i cento miliardi che servono ai suoi istituti, è stato tremendo: la Germania ha imposto che questi soldi venissero dati allo Stato, con la conseguenza che il debito spagnolo si avvicina orma al 100 per cento del Pil. Il primo ministro Mariano Rajoy è disperato: le ultime aste hanno portato l’interesse sui titoli di stato in prossimità del 7%, in queste condizioni, se lo spread non si raffredda rapidamente, il Paese non può finanziarsi sui mercati e deve dipendere dalla Troika. Soldi in cassa non ce ne sono più, servono subito almeno una quarantina di miliardi. La situazione greca, insomma, ma di ben altre dimensioni.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 29 giugno 2012]