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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

La riforma Fornero del mercato del lavoro è adesso legge, dopo l’approvazione di ieri della Camera, con quattro voti di fiducia, approvazione che segue il varo del Senato

La riforma Fornero del mercato del lavoro è adesso legge, dopo l’approvazione di ieri della Camera, con quattro voti di fiducia, approvazione che segue il varo del Senato. Le incertezze del centro-destra di fronte a questo testo si sono toccate con mano: al pacchetto della maggioranza che sostiene il governo sono mancati 87 voti, tutti da parte dei berlusconiani (che hanno 209 seggi). Sette deputati azzurri hanno votato contro, 34 si sono astenuti e 46 non si sono presentati in aula. Di questi, solo 11 erano assenti giustificati perché in missione. L’approvazione del disegno di legge era stata giudicata necessaria dal nostro premier che voleva presentarsi all’appuntamento del Consiglio europeo (domani e dopodomani) con la prova provata che il suo governo è compatto, ben sostenuto dalle Canere e capace di procedere sulla via delle riforme. Monti aveva auspicato anche l’approvazione di una mozione comune di politica estera, ma su questo i tre partiti che lo sostengono non si sono messi d’accordo. In ogni caso, da questo punto di vista, il capo del governo si presenta al giudizio dei partner europei, e dei tedeschi in particolare, con le carte in regola.

 

Poi c’è il caso Fornero…

Sì, c’è il caso dell’intervista concessa dal nostro ministro del Welfare al “Wall Street Journal”. A un certo punto, l’intervistata avrebbe detto: «Questa riforma non è perfetta, ma è buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro. Stiamo cercando di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l’atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici». La frase «il posto di lavoro non è un diritto» ha scatenato un putiferio. La Costituzione italiana comincia infatti così: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro», concetto precisato all’articolo 4: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». Troppo lungo sarebbe ricostruire il percorso che portò i costituenti all’ebaborazione di questi due articoli: il primo venne scritto da Fanfani e fu approvato anche dai comunisti, benché Togliatti avesse cercato di far passare la formula «L’Italia è una repubblica democratica di lavoratori»- Il quarto potrebbe facilmente mettere in difficoltà anche i detrattori della Fornero. Un paese con un fisco tanto oppressivo non impedisce la moltiplicazione dei posti di lavoro? Strutture di mercato tanto rigide e condizionate da potenti organizzazioni lobbistiche (leggi: sindacati) non sono a loro volta d’ostacolo allo sviluppo delle imprese e del lavoro? Eccetera. La ministra ha risposto all’assalto di tutti quanti – Di Pietro, i sindacati ecc. – dicendo che la frase si riferiva non al “lavoro”, ma ai “posti”, cioè ai luoghi, come capiamo noi, che garantiscono un reddito senza che si sappia se dietro c’è o no un lavoro effettivo. L’ha difesa con parole addirittura accorate la Gelmini, e questo è politicamente piuttosto significativo: un gruppo di pidiellini super-ortodossi, quelli che fanno capo alla corrente “Liberamente” e che hanno nella Gelmini uno dei loro leader, non sembrano disponibili a far cadere il governo dei tecnici e a partecipare al facile massacro della ministra del Welfare. Contro la quale sono state presentate mozioni di sfiducia che saranno discusse il 3 e il 4 luglio.

Forse dobbiamo ricordare quello che dice la legge.

I punti di maggior delicatezza sono quelli che definiscono l’entrata e l’uscita. Per l’uscita (il famoso articolo 18) si esclude che l’impresa possa licenziare per motivi discriminatori (razza, genere, religione ecc.) ma si ammette che possa mandar via un dipendente per motivi economici. Tutti prevedono un aumento enorme dei contenziosi perché ai motivi economici dell’impresa i lavoratori o il sindacato opporranno che il motivo economico nasconde in realtà un motivo discriminatorio. In entrata la legge combatte gli abusi di certi contratti, delle formule di collaborazione legate a un uso strumentale delle partite Iva ecc. Prevede anche una riforma profonda degli ammortizzatori sociali, di cui godrà una platea più ampia (150 mila persone secondo la Cgia di Mestre) ma con importi complessivamente più bassi e per meno tempo.

Come mai sono tutti scontenti?

Cambiamenti di rilievo scontentano sempre tutti. Per ottenere il “sì” di ieri, Monti e Fornero hanno promesso che, d’accordo con le parti sociali e con i partiti, introdurranno poi modifiche ai tre punti più contestati, e specialmente a quelli relativi alla flessibilità in uscita (come vuole Confindustria) e agli ammortizzatori (come chiedono i sindacati dei lavoratori).

• La Cgil è sempre contraria?

Sì, ieri ha organizzato parecchie manifestazioni. Numero dei manifestanti non troppo alto, ma grande visibilità. La Cgil giudica questa legge “dannosa”.

• Davvero l’aver approvato la riforma renderà Monti più forte di fronte ai partner europei?

I tedeschi, nelle loro prese di posizione della vigilia, oscillano vistosamente da una posizione all’altra. Certo, ormai è chiaro anche a loro che un’uscita dall’euro potrebbe costargli molte centinaia di miliardi.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 28 giugno 2012]