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 2012  giugno 22 Venerdì calendario

Il giudice ha stabilito che la Fiat ha assunto a Pomigliano d’Arco discriminando volutamente gli iscritti alla Fiom, il sindacato metalmeccanici della Cgil che ha fatto una guerra senza quartiere a Marchionne e al suo contratto capestro

Il giudice ha stabilito che la Fiat ha assunto a Pomigliano d’Arco discriminando volutamente gli iscritti alla Fiom, il sindacato metalmeccanici della Cgil che ha fatto una guerra senza quartiere a Marchionne e al suo contratto capestro. Il Lingotto dovrà ora assumere (la sentenza è immediatamente esecutiva) 145 operai muniti di tessera Fiom e pagare 3.000 euro di risarcimento ai 19 lavoratori che si sono costituiti in giudizio.

 

Non sono convinto.

È una sentenza che farà discutere molto e contro la quale la Fiat ha presentato appello, senza rilasciare alcuna dichiarazione. Il precedente è questo: a Pomigliano la Fiat costruiva le Alfa Romeo, cessò quindi questa produzione e mise tutti in cassa integrazone. Creò poi una nuova società (Fabbrica Italia Pomigliano) e cominciò a produrre la Panda, assumendo il personale da quello che era in cassa. Ebbene, alla data della costituzione in giudizio, circa un mese fa, erano stati trasferiti da una parte all’altra 2.093 operai, ma nessuno di questi risultava iscritto alla Fiom. Un caso? Il sindacato ha chiesto a un matematico di Birmingham quante probabilità ci fossero che, trasferendo personale da un insieme all’altro, non capitasse mai uno della Fiom. Il matematico ha risposto: una su dieci milioni. In base a questo, il giudice ha deciso che la Fiat ha discriminato e imposto le 145 assunzioni.

In ogni caso, con appena 145 iscritti, la Fiom è un sindacato davvero minoritario. Come mai la Fiat se ne è preoccupata tanto?

Gli iscritti Fiom erano inizialmente 600, e sarebbe stata la politica di persuasione della Fiat a indurre tanti ad abbandonare la tessera. Così, almeno, scrive l’”Espresso”, che riferisce tutta una serie di dichiarazioni anonime. Per esempio, ecco la mail di un operaio addetto alla verniciatura: «Il capo ci avvicinava uno ad uno e con modo molto amichevole ci diceva: “Lo sapete, non dipende da me: ma per il vostro bene vi consiglio di cancellarvi dalla Fiom. Credetemi, l’ho sentito dal direttore in una riunione che tutti gli iscritti Fiom non passeranno alla Fip (Fabbrica Italia Pomigliano)”. Un addetto alla manutenzione: «Non mettevo piede in azienda dal 22 giugno 2010. Nel frattempo, sapevo che molti colleghi facevano almeno il 50% dei giorni lavorativi al mese. Decisi di recarmi dal mio capo per avere spiegazioni. Mi disse: “Prova a cancellarti dalla Fiom”. Sbigottito, ne parlai con alcuni colleghi, sperando di trovare conforto. Invece mi hanno risposto: “Che aspetti? Noi l’abbiamo già fatto. Non hai ancora capito che qua dentro la Fiom non la vogliono più?”A malincuore, ho dato anch’io la disdetta, e come per magia sono stato comandato al lavoro”. Un Francesco V., addetto al montaggio carrozzeria: «Assieme ai miei cari, c’erano altri colleghi con le rispettive famiglie. Alla fine del giro, ci riuniscono in un salone. Mi viene naturale porre una domanda sui criteri di selezione del personale. La risposta del direttore è lapidaria: “Non perderemo tempo ad esaminare gli iscritti Fiom”. Vi confesso che la discussione è continuata a casa. Mi sento con le spalle al muro: che devo fare? Cancellarmi con la speranza di tornare al lavoro o difendere i miei diritti? Ci sto ancora pensando. Una cosa è certa, i ricatti a Pomigliano non finiranno più"». Non ci sono nomi e cognomi, ma insomma. Il pezzo ha un’aria di verità.

E se Marchionne decidesse di farla finita e andarsene dall’Italia?

La Fiom sostiene che il governo deve impedirglielo. Ma il governo, francamente, non ha nessuna possibilità di impedire a un’azienda di andarsene a fare affari da un’altra parte. Soprattutto a un’azienda come la Fiat, che in Italia non guadagna un euro, che ha ormai forti interessi negli Stati Uniti con la Chrysler e il cui mercato principale è il Brasile.

Ho sentito che anche Termini Imerese è finita male.

Ieri il governo ha comunicato che l’ipotesi Dr Motor è tramontata per sempre. Ricorderà i termini del problema: la Fiat ha chiuso Termini e messo duemila persone in cassa integrazione. Lo stabilimento è stato offerto a un euro all’imprenditore capace di riassorbire i duemila lavoratori e rimettere in moto le macchine. Fino a ieri questo imprenditore sembrava Massimo Di Risio, che con la sua Dr Motor s’è specializzato nella costruzione di auto attraverso l’assemblaggio di componenti provenienti da tutto il mondo. Ma, a quanto hanno capito definitivamente gli uomini di Passera nell’incontro di ieri, Di Risio non ha i capitali sufficienti per l’impresa. Gli mancano almeno 15 milioni, che lui sostiene di avere a portata di mano grazie a un interessamento di cinesi e turchi.

Significa che i duemila sono per strada?

La cassa dura fino alla fine di quest’anno. In presenza di un progetto si potrà prolungare anche fino alla fine del 2013. Ci sono pure 650 esodati, su cui però Passera ha garantito. Si parla di un interessamento della Bmw, che vorrebbe produrre certe componenti in service (quest’ipotesi rimetterebbe in pista Di Risio?). Parecchi sindacalisti dicono che, se non si viene a capo di nulla, del problema dovrà farsi carico Marchionne.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 22 giugno 2012]