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 2012  giugno 20 Mercoledì calendario

La Fornero ieri è andata in Senato a riferire sugli esodati…  • La sola parola mi fa venire l’orticaria… Il ministro ha dato la definizione: «I lavoratori che meritano di essere salvaguardati dagli effetti del recente inasprimento dei requisiti per l’accesso alla pensione»

La Fornero ieri è andata in Senato a riferire sugli esodati…

 

La sola parola mi fa venire l’orticaria…

Il ministro ha dato la definizione: «I lavoratori che meritano di essere salvaguardati dagli effetti del recente inasprimento dei requisiti per l’accesso alla pensione».

Mi rispieghi tutto daccapo, per favore.

La riforma delle pensioni varata dai tecnici quasi subito dopo il loro insediamento ha slittato l’età del ritiro per tutti. Ora, negli anni passati le aziende hanno fatto migliaia di accordi in cui hanno incentivato a uscire i lavoratori più avanti negli anni offrendo magari uno scivolo che permettesse di raggiungere la data del pensionamento senza restare per un periodo senza reddito. Senonché la riforma ha rinviato il momento dell’andata in pensione, e dunque questi lavoratori si sono trovati a camminare su un ponte che non si collegava più all’altra riva. Questi lavoratori si sono ritrovati a un tratto, e non per loro colpa, sospesi sul vuoto: l’azienda aveva già dato quello che doveva dare e la pensione invece non c’era più. Tragedie, molte volte. Era escluso che si potesse tornare indietro, rinegoziando gli accordi (i primi a far sapere che non era neanche il caso di parlarne sono stati quelli delle Poste). L’unica strada era derogare alla nuova legge sull’andata in pensione, ammettendo che per i lavoratori che si trovavano in queste condizioni potevano valere ancora le vecchie regole.

Di quanto lavoratori si trattava?

Questo è il punto. Il governo – cioè Elsa Fornero – ha detto fin da dicembre che si trattava di 65 mila persone. Probabilmente avevano calcolato che non ci sarebbero stati i soldi per più di 65 mila persone. Si deve ricordare che la riforma delle pensioni è stata varata in un momento di stretta finanziaria tremenda, con lo spread oltre i 500 punti. Proprio quella legge contribuì a farlo scendere fino alla mitica quota di 275, purtroppo subito perduta, ma per altre ragioni.

Quindi non sono 65 mila. E quanti sono?

La Fornero ieri alla Camera ha detto che ci sono altri 55 mila «soggetti da tutelare oltre i 65 mila già individuati». I sindacati dicono che sono 390 mila, ieri la Fondazione dei consulenti del lavoro ha detto che non sono di sicuro meno di 370 mila. Nel valutare quello balletto di numeri bisogna tenere conto dell’astio che circonda la Fornero, un ministro che s’è fatto carico delle mosse più impopolari e che almeno solo per questo meriterebbe più considerazione. I sindacati sono fuori di sé perché la riforma delle pensioni – per una precisa volontà di Monti – è stata fatta senza di loro e tentano tutte le vie per ridiscutere la faccenda, per riaccreditarsi al tavolo da cui sono stati esclusi. Ieri al Senato la Fornero, lumeggiando – in modo piuttosto vago, ma allo stato sarebbe forse difficile far diversamente - qualche possibile soluzione per questi nuovi 55 mila, e per gli altri che dovessero saltar fuori negli anni a venire, ha detto: «Sono allo studio diverse ipotesi, su cui il governo vuole confrontarsi con le parti sociali e il Parlamento». Quindi un tavolo, o una promessa di tavolo, Cgil-Cisl-Uil l’avrebbero strappata. L’Inps ha partecipato attivamente a questa guerra alla Fornero, facendo uscire documenti riservati che avevano l’aria di dare un crisma di scientificità al numero 390 mila o 400 mila. La Fornero ci ha visto una trappola e ha risposto con estrema durezza. Ieri ha respinto con decisione l’insinuazione che lei stessa o il governo diffonda su questa materia dati falsi.

Da dove saltano fuori, in ogni caso, questi 370 o 390 mila?

Incrociando quello che ha sostenuto in una lettera al “Corriere della Sera” il senatore Pietro Ichino e quello che ha detto ieri ai senatori la ministra, sembra di capire che la questione è fortemente terminologica. I fautori del numero 370 o 390 mila calcolano tutti quelli che, avendo compiuto 50 anni, hanno abbandonato o sono stati indotti ad abbandonare la loro azienda, in seguito a o anche senza un accordo collettivo. Il problema dunque sembrerebbe porsi così: è giusto – e siamo in grado – di salvare tutti quelli che sono usciti, a qualunque titolo, o bisogna limitarsi a quelli che sono usciti fidando in una data di pensionamento che poi è stata a un tratto cambiata? Ichino ha scritto che bisogna abbandonare l’idea che un cinquanta-sessantenne sia per forza fuori del mondo del lavoro. Lo Stato, invece di “salvaguardarlo” mandandolo in pensone anticipata, lo aiuti casomai a reinsersi di nuovo. Concetti che la ministra ha fatto suoi nel discorso di ieri. «La nuova cultura del lavoro - ha detto - deve liberarsi dall’idea che superati i 50 anni ci si avvicini verso il declino delle capacità lavorative e che sia impossibile per un sessantenne trovare un lavoro anche solo part-time».


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 20 giugno 2012]