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 2012  giugno 19 Martedì calendario

C’è poco da festeggiare per il voto greco. Le Borse sono andate giù, lo spread è risalito, la Merkel ha annunciato che non c’è troppo da negoziare e i patti sottoscritti vanno rispettati

C’è poco da festeggiare per il voto greco. Le Borse sono andate giù, lo spread è risalito, la Merkel ha annunciato che non c’è troppo da negoziare e i patti sottoscritti vanno rispettati. L’unica nota lieta, in definitiva, viene proprio da Atene, dove si sta procedendo rapidamente alla formazione del nuovo governo.

 

Che senso ha che le Borse siano andate giù e lo spread su? Che cosa sarebbe successo se in Grecia avessero vinto Syryza e lo schieramento contrario alla moneta unica?

Intanto notiamo che in Grecia, in termini assoluti, ha avuto più voti il gruppo di partiti che predica la denuncia del memorandum, area che potremmo definire “anti-euro”, anche se Tsipas, il capo di Syryza, sostiene di voler denunciare gli accordi con la Troika, ma senza abbandonare la moneta unica. C’è poi la stranezza del fatto che torneranno al governo i due partiti responsabili del disastro, cioè democristiani e socialisti. Nea Demokratia, il vincitore, è quello che ha falsificato i conti e buttato soldi dalla finestra per organizzare l’Olimpiade del 2004. So che adesso c’è tutto un palpitare intorno al quarto di finale tra Grecia e Germania, ma a dir la verità tutto questo tifo per i greci è abbastanza insensato. Hanno imbrogliato le carte, e sia pure con la complicità franco-tedesca, e sia pure con un bel vantaggio per Berlino che, per esempio, gli imposto di comprargli le armi. Però l’imbroglio è imbroglio e non deve essere dimenticato.

Che governo formeranno?

Samaras, che ha ricevuto l’incarico e ha tempo fino a domani sera per mettere in piedi un esecutivo, farà entrare il Pasok e cercherà di convincere a stare perlomeno nella maggioranza i Greci Indipendenti di Panos Kammenos. Samaras ha detto che vuole formare un «governo di lungo periodo», un obiettivo per raggiungere il quale c’è bisogno di un consenso largo in Parlamento. ND e Pasok mettono insieme 162 seggi su 300, che non è un «consenso largo». Monti ha telefonato sia a Samaras sia a Venizelos, il capo dei socialisti. A Venizelos ha chiesto di non tirarsi indietro.

Monti, se non sbaglio, sta adesso a Los Cabos, in Messico, dov’è riunito il G20. Il G20 sarebbe…?

Sarebbe l’insieme (“Gruppo 20”) dei venti paesi più industrializzati del mondo, esclusi Spagna, Olanda e Svizzera. Ha una sua rappresentanza anche l’Unione Europea. Questo gruppo di papaveroni si riunisce periodicamente per concordare misure economiche globali o per tentare qualche accordo generale. I risultati sono di solito poca cosa. Obama s’è precipitato a Los Cobos perché ha il terrore che gli europei, mettendo in crisi se stessi, trascinino nel baratro anche gli Stati Uniti, compromettendo la sua rielezione alla Casa Bianca. La faccenda ha assunto un andamento piuttosto comico, perché l’origine della crisi è americana, anzi sono state le banche americane, e sia pure con forti complicità nelle banche europee (in primis, le tedesche e le francesi), a innescare quest’iradiddio. In ogni caso, la Merkel ha rilasciato da Los Cabos questa dichiarazione: «Il nuovo governo greco deve pienamente rispettare gli impegni presi con i creditori internazionali. Le elezioni non possono rimettere in discussione gli impegni che la Grecia ha preso. Noi non possiamo scendere a compromessi sul cammino concordato per le riforme». Parole che smorzano certe prese di posizioni assunte subito dopo il voto. L’Eurogruppo aveva garantito che alla Grecia non sarebbe mancato il «sostegno», idem il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle (liberale).

Significa che Atene non otterrà una dilazione delle rate del suo debito?

È interesse di tutti che Samaras non cada e non si torni a votare. Una qualche dilazione credo che sarà concessa, e penso che gli taglieranno un minimo anche i tassi d’interesse. Sarebbe auspicabile anche qualche investimento europeo in Grecia, in modo da aiutare quell’economia a ripartire. Ma qui siamo già entrati nel campo della politica-politica, delle cose cioè che dovranno essere decise in questo G20, nel quadrangolare di fine settimana a Roma (Monti-Merkel-Hollande-Rajoy) e poi nel Consiglio europeo del 28-29 giugno, che tutti considerano decisivo, a partire da Berlusconi (il Pdl, come abbiamo raccontato l’altro giorno, è tentato di ritirare il sostegno a Monti se tornerà da Bruxelles il 30 giugno con un pugno di mosche).

Resta da dire di questo incomprensibile comportamento dei mercati.

L’Asia, di prima mattina, era partita bene, e anche Milano all’inizio sembrava incline a una giornata sfavillante. Invece Piazza Affari ha fatto un buco del 2.85% (ed era arrivata a un -3%). L’Europa è andata in genere giù, a parte Atene che ha guadagnato il 4,29%. La spiegazione è che i mercati non si fidano della situazione spagnola. I tedeschi hanno imposto che i cento miliardi prestati alle banche per ricapitalizzarsi vengano contabilizzati nel debito pubblico spagnolo, il che significa che il debito pubblico spagnolo sarà presto pari al 100 per cento del Pil. Che il problema sia Madrid lo si vede da quella Borsa, la peggiore di tutte, e dal fatto che il loro spread sia precipitato a quota 573, cioè a questo punto i bonos rendono più dei titoli irlandesi, fatto mai accaduto prima. Il nostro spread è risalito a 464, dopo aver toccato quota 478. Monti ha detto: «I mercati non s’accontentano del voto greco. Vogliono l’unione politica dei paesi europei».


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 19 giugno 2012]