13 gennaio 1901
Tags : Anno 1901. Raggruppati per paesi. Nessun paese
I socialisti italiani e il salotto della signora Kuliscioff
L’Illustrazione italiana, 13 gennaio 1901
«L’Internazionale, di cui i socialisti hanno copiato il titolo, non è più, non può più diventare quella di trent’anni fa, cui la Francia deve la Comune. Ma la scelta di questo nome non poteva essere più infelice. I socialisti sono proprio in vena per attirare l’antipatia e la diffidenza alla loro causa. L’antipatia? Sicuro. L’isterismo, il gesuitismo, la tirannia dei caporioni del partito sono riusciti a rendere antipatica una propaganda, la quale, alcuni anni fa, raccoglieva dei proseliti in tutte le classi. Il primo slancio era stato molto bello. Quando il partito socialista organizzò in Germania, in Inghilterra e in Francia la manifestazione del 1° maggio, le masse popolari italiane rimasero quasi indifferenti. Invece nelle classi colte si seguì quel movimento con interesse e se ne studiarono i fenomeni con molta obbietività. Allora non si voleva riflettere alle conseguenze, anche riconoscendo che la nobile causa del proletario diventava pretesto a disordini nelle mani dei politicanti. Si pensava soltanto a quel che il concetto ha di giusto, di vero e di fraterno. Così vedemmo dei letterati di grande fama, degli economisti, persino degli industriali, abbracciare, con molta fede, la religione novella. Molti borghesi furono socialisti in Italia prima che lo diventassero gli operai. E non socialisti cattolici, non semplici dilettanti, sullo stampo di certi principi e duchi che sono l’ornamento del partito, ma socialisti convinti e militanti, come lo provano scritti, discorsi, conferenze.«Le riforme introdotte nella legislazione sul lavoro delle donne e dei fanciulli, l’istituzione degli istituti di previdenza, dei probiviri, delle Camere del lavoro, sono il frutto d’un comune sforzo. I rappresentanti del partito socialista, che qualche anno fa si contavano sulle dita, non avrebbero, da soli, ottenuto nulla.
«Ma il socialismo s’è trasformato da partito sociale e umanitario, in partito politico, settario e rivoluzionario.
«Sono scesi nel labirinto degli intrighi, delle camarille, della partigianeria, dell’odio di classe. Doveva essere una religione, è diventata una bottega come le altre. L’incantesimo è rotto. Ognuno riprende le sue posizioni e i filosofi si son messi sulla difensiva.
«Il “partito” è ormai una specie di società segreta, nella quale ciascun membro deve subire il controllo, lo spionaggio, la tutela dei colleghi, i quali, ogni tanto, si organizzano in Comitato di salute pubblica con il suo tribunale.
«Un tribunale bizzarro, che condanna o assolve, a porte chiuse, sotto l’impulso della passione e dell’odio di parte […] Ed è ancora in base alle sentenze di quel tribunale capriccioso, che, ogni tanto, il partito espelle quelli dei suoi membri che si permettono di pensare con la loro testa. Il deputato o il consigliere comunale socialista deve pensarci su due volte prima di aprir bocca, o di prendere la penna in mano. Le sue parole, i suoi scritti, le sue amicizie sono continuamente sorvegliati e, se occorre, denunciati al braccio secolare. Un socialista, che occupa qualche funzione pubblica, è un congegno meccanico, una specie di automa, un manichino, uno schiavo, insomma, che deve continuamente sorvegliare sé stesso e la sua serva, onde non compromettersi e non essere compromesso. Oltre al tribunale c’è il salotto, un famoso salotto socialista, che i socialisti estremi denunziano, come un altro salotto della contessa Maffei, un covo di consorti. Alla fine del secolo XX un altro amico Barbiera descriverà il salotto della signora Kuliscioff.
«È scritto del resto che i partiti popolari prendono le mosse dalla libertà per giungere alla tirannia. Molti conservatori ortodossi sono socialisti nel senso vero della parola e farebbero del loro meglio per sollevare le sorti del popolo, non del solo operaio che porta i quattrini alla cassetta del partito, ma di tutti i poveri, dei poveri dolorosi e sofferenti. Un’impresa simile ha bisogno del consenso di tutti, perché senza quelle canaglie di borghesi i socialisti potranno, un giorno o l’altro, fare la rivoluzione ma non riusciranno a migliorare le condizioni del proletario e lo renderanno più infelice di prima. Ma i socialisti non la pensano così. Essi respingono il concorso di quanti non abbiano ricevuto la cresima del partito. Non vogliono nemmeno le loro offerte.
«La beneficenza, dicono, è un’elemosina fatta per ingannare il popolo e addormentarlo. Non elemosina, ma restituzione! L’importante è che il partito sia disciplinato… e poi gridano contro il militarismo! […] Una volta c’erano “borghi putridi” infeudati all’aristocrazia, oggi ci sono del pari… infeudati al socialismo».