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 2012  giugno 07 Giovedì calendario

Ieri c’è stato un bel ping pong. Draghi ha attaccato Obama, poi Obama ha telefonato a Monti. Tutto per le difficoltà europee che il presidente americano vede montare, con conseguenze anche sullo stato di salute dell’economia Usa e, quindi, possibile sconfitta nelle elezioni per la Casa Bianca di novembre

Ieri c’è stato un bel ping pong. Draghi ha attaccato Obama, poi Obama ha telefonato a Monti. Tutto per le difficoltà europee che il presidente americano vede montare, con conseguenze anche sullo stato di salute dell’economia Usa e, quindi, possibile sconfitta nelle elezioni per la Casa Bianca di novembre. Barack è sicuro di vincere facile su Romney e crede di avere un solo nemico: la crisi economica. Intanto le Borse sono tornate a salire e in particolare Milano ha guadagnato tre punti e mezzo.

 

• Draghi doveva farci sapere se avrebbe abbassato il tasso di sconto e se avrebbe rifornito di altra luqidità le banche.

Su questo, niente da fare. Il tasso di sconto resta all’1% e quanto alla liquidità il governatore ha ricordato che i soldi sono lì, disponibili fino alla fine di quest’anno. Basterà presentare titoli in garanzia. Draghi non lo ha detto, ma questi titoli – spesso delle salsicce fabbricate apposta – non sono affatto oro colato. Anche quel tasso all’1%: non ha niente a che vedere con i soldi che andiamo a chiedere in prestito noi e che ci vengono eventualmente concessi. È l’interesse che pagano le banche alla Bce per rifornirsi.

Tutto questo nonc’entra con l’attacco Obama.

Lo chiamiamo “attacco” per il solito perverso gusto giornalistico. Siccome negli ultimi giorni il presidente e i suoi collaboratori hanno accusato l’Europa di essere la responsabile della crisi in corso, e hanno anche sollecitato Berlino, Parigi e Roma a fare qualcoca in fretta, Draghi ha risposto ieri da Francoforte: l’Europa ha responsabilità per la crisi globale, ma anche gli altri paesi, soprattutto quelli con un alto debito come gli Stati Uniti (12 mila miliardi di dollari) ne hanno. «Non è giusto, equilibrato dire che l’Europa è la causa principale della crisi». Su questo, il governatore non ha aggiunto altro. Avrebbe potuto ricordare al presidente, per esempio, che tutto è cominciato con l’ingordigia delle banche americane che hanno speculato sui mutui cosiddetti subprime impestando il mondo di prodotti finanziari avvelenati. Vogliamo parlare, per esempio, del fallimento di Lehman Brothers? Ma tra grandi uomini non si procede con questa brutalità giornalistica. Ieri anche Cameron ha detto che serve «un piano immediato». E Obama ha poi telefonato a Monti, che gli americani considerano il mediatore essenziale per trovare il punto di equilibrio tra le esigenze dei paesi indebitati (in primis, a questo punto, la Spagna) e quelli che alla fine dovranno rassegnarsi ai sacrifici, come la Germania. Il comunicato ufficiale relativo alla telefonata dice che s’è trattato di «uno scambio di idee sulla situazione economica». «Entrambi si sono trovati s’accordo sull’importanza di rafforzare la capacità della zona euro di rispondere alla crisi e di stimolare la crescita in Europa». Purtroppo, dal punto di vista della crescita, i dati non sono incoraggianti.

No?

No. La stessa Bce prevede una contrazione del Pil nell’area euro dello 0,1% e una diminuzione dell’inflazione dal 2,4% all’1,6% (non è un buon segno). Per il 2013 le stime sono state riviste al ribasso: non più una crescita dell’1,1%, ma dell’1%. E che non si mettano altre tasse. «Paesi come Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo e la stessa Grecia hanno fatto sforzi enormi, ora devono continuare e completare il lavoro». I dati sull’Italia, purtroppo, continuano a essere negativi.

Che altro è successo?

Il Centro Studi della Confindustria fa sapere che la nostra produzione manifatturiera, un tempo quinta nel mondo, è adesso ottava. Ci hanno scavalcato India, Brasile e Corea del Sud. «È a rischio la stessa sopravvivenza di parti importanti dell’industria italiana». Alò primo posto, per produzione, c’è la Cina, che da tre anni precede gli Stati Uniti (nessuno pensa che queste posizioni possano invertirsi a breve, anzi). Dopo gli Usa vengono Francia, Regno Unito, Spagna, Canada. In termini assoluti, questi paesi viaggiano tutti col segno meno. L’Italia ha perso, tra il 2007 e il 2011, l’1,2% del mercato, passando dal 4,5 al 3,3. Andiamo giù tuttavia all’interno di una flessione di tutta l’Unione europea, passata in quattro anni dal 27,1 al 21%.

• Se le cose stanno così, come mai questo improvviso ottimismo in Borsa, ieri?

Forse gli operatori sanno che l’euro, alla fine, non potrà che essere salvato, troppo costoso risultando il suo default agli stessi tedeschi? Pare anche che nella discussione all’interno del direttivo della Bce alcuni consiglieri abbiano insistito per un taglio del tasso di sconto e per una nuova, massiccia immissione di liquidità nel sistema. Per ora hanno perso, ma nelle prossime settimane questa posizione – definita come “espansiva” – potrebbe risultare vincente. Se queste spiegazioni le bastano c’è la lettura solita di rimbalzi come quello di ieri: gli speculatori hanno fatto fronte alle forti vendite dei giorni scorsi con frettolose ricoperture, per rifornirsi di titoli venduti allo scoperto.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 7 giugno 2012]