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 1940  giugno 10 Lunedì calendario

Il discorso di Farinacci dal Palazzo della Rivoluzione di Cremona

La Stampa, 10 giugno 1940

Camerati!

Nell’ormai lontano settembre, quando affannosamente chiedevate a voi stessi quale doveva essere il nostro domani, io vi convocai qui davanti a questo palazzo, davanti a questo sacrario., per dirvi poche parole che pur dovevano servirvi di guida sicura.  Dissi che l’Italia di oggi non conosce tradimenti, che l’Italia si oggi conosce una sola via, la via dell’onore e la via del suo interesse. (Applausi)

Più tardi vi dicevo che noi non potevamo che essere a fianco di un Popolo scaturito come il nostro dalla Rivoluzione, il cui Capo è uscito come il nostro dalla Rivoluzione. Non potevamo essere che a fianco di un Popolo giovane, pieno di vita, di coraggio, di ardimento, che ha diritto alla vita e a maggio grandezza. (Vivi applausi)

Potevamo noi italiani, intelligenti, lasciarci sfuggire l’occasione per rivendicare i nostri diritti al cospetto della storia, al cospetto dei nostri morti? Potevamo rinunciare a quella santa e nobile vendetta contro il trattato di Versailles?

Siamo stati traditi in tutte le epoche: siamo stati vassalli delle democrazie, e da anni e da decenni andiamo protestando e rivendicando i nostri diritti: andiamo gridando che quel che ci è stato tolto, deve esserci restituito. Possiamo in questo momento rimanere assenti dal cammino della storia? Possiamo rifiutarci di tramandare ai nostri figli, ai nostri nipoti, un epoca gloriosa? Il nostro popolo non conosce la viltà; non conosce la rinuncia e la vergogna. (grida di “No”; vivacissimi applausi)

Camerati! Io sento nell’aria che la voce del Duce sta per essere udita da tutti gli italiani. (Grida: Duce! Duce! Duce!; applausi).

Siate pronti ad accogliere la voce del Condottiero; e col vostro cuore, col vostro cervello,  con la nostra voce, gridate “Presente” con  tutta la nostra fede: “Presente!”; con tutta la nostra forza: “Presente!”; con tutti i nostri Morti, per marciare verso quelle grandi mete che il destino e Dio ci hanno assegnati.

 

Roberto Farinacci