Rassegna, 29 maggio 2012
Due monaci buddisti si danno fuoco a Lhasa
• Per la prima volta due monaci buddisti si sono dati alle fiamme nel cuore di Lhasa, la città santa del Dalai Lama. L’autoimmolazione ha colto di sorpresa le forze di sicurezza cinesi e si è consumata davanti a migliaia di pellegrini raccolti in preghiera in piazza del Barkhor, il circuito sacro dei buddisti, davanti al monastero Jokhang, il più venerato del Tibet. La notizia, inizialmente smentita dal potere di Pechino, è stata diffusa dalla redazione statunitense di Radio Free Asia. Scrive Visetti su Rep: «Fino all’altro ieri i suicidi con il fuoco, iniziati nel febbraio dell’anno scorso, non erano mai riusciti ad arrivare nella regione himalayana militarizzata dal 1959. L’esercito cinese presidia villaggi e monasteri, la repressione è violenta e gli altri 35 religiosi che in poco più di un anno si sono autoimmolati, sono riusciti a farlo nelle regioni di Sichuan, Gansu, Yunnan e Qinghai, le altre parti del Tibet storico. Il rogo umano davanti allo Jokhang, il “Vaticano buddista”, ha scatenato panico e rabbia nella leadership del partito comunista. Decine di testimoni presenti sulla piazza sono stati arrestati. I conventi di Lhasa sono stati chiusi al pubblico e, secondo drammatici messaggi diffusi su Internet, sono assediati dai soldati. Pechino ha subito isolato il Tibet: vietato l’ingresso a giornalisti, turisti e stranieri. Centinaia i tour saltati e pesanti le conseguenze economiche: la regione resterà off-limits fino alla fine dell’anno».