3 giugno 2012
Tags : Franco Zeffirelli
Biografia di Franco Zeffirelli
• (Gianfranco Corsi) Firenze 12 febbraio 1923. Regista. Tra i suoi film: Camping (1957), La bisbetica domata (1967), Romeo e Giulietta (1968, David di Donatello e Nastro d’argento, nomination all’Oscar), Fratello sole, sorella luna (1972), Gesù di Nazareth (1977), La traviata (1983), Otello (1986), Il giovane Toscanini (1988), Amleto (1990), Storia di una capinera (1993), Jane Eyre (1995). Nel 2002 David di Donatello alla carriera. Come regista di prosa ha sfondato prima all’estero che in Italia. Nell’opera, fra i tanti allestimenti, almeno due memorabili: la Bohème creata nel 1963 alla Scala, che continua ad essere ripresa, e la mini Aida fatta a Busseto nel 2001. «Chi è il suo maestro? “Dio, anche se sono indegno di lui”» (ad Alain Elkann).
• Ultime Nell’ottobre 2014 ha scritto una lettera aperta di protesta alla Scala di Milano, accusata di aver escluso dal repertorio la sua Aida del 2006 e di averla venduta al Kazakistan: «Un’infame procedura che richiederà l’intervento della magistratura».
• Entusiasta di Papa Bergoglio, ha voluto dedicargli un libro: Francesco (De Luca Editori d’Arte), dedicato al santo d’Assisi, illustrato con le foto del film Fratello Sole Sorella Luna (1972).
• Nel 2013 ha compiuto novanta anni: «Per cosa sarà ricordato? “Dagli specialisti per le mie conquiste culturali e il mio senso estetico. Dal grande pubblico per Romeo e Giulietta, Fratello sole, e il Gesù di Nazareth”» (a Maurizio Caverzan).
• Sempre nel 2013 è stata inaugurato a Firenze, nella Casa museo di Palazzo Carnielo, il Centro internazionale per le arti dello spettacolo, con un archivio intitolato a suo nome contenente scenografie, bozzetti e costumi. Un progetto cui lavorava da anni: «In parte museo e in parte scuola di regia e scenografia».
• Nel 2012 ha curato regia e scene del Don Giovanni, la prima opera di Mozart ad essere rappresentata all’Arena di Verona.
• Vita È figlio di Ottorino Corsi e Alaide Garosi Cipriani: «Mio padre era sposato con un’altra donna, quando mi riconobbe ero già grande. Mamma aveva altri tre figli, un marito in sanatorio e un negozio di moda in piazza della Repubblica. La mia nascita fu uno scandalo per tutta Firenze. Mia madre ne morì, quando avevo sei anni» (da un’intervista di Aldo Cazzullo).
• Il padre vendeva tessuti, la madre aveva sposato da giovanissima un avvocato, un po’ più grande di lei: «Alaide, per il signor Corsi, non fu esattamente come le altre: fu corteggiata a lungo, divenne la sua cliente preferita, cominciò a comprare da lui le lane più pregiate e scoprì quell’affetto che da due anni non aveva più trovato» (Claudio Cerasa).
• «I figli illegittimi in quegli anni avevano una lettera secondo l’ordine alfabetico. Quando venne il mio turno toccava alla zeta, e giacché mia madre amava l’aria degli zeffiretti di Mozart in Così fan tutte (in realtà Idomeneo - ndr), scelse proprio quel cognome. Fu il caso a decidere per Zeffirelli: l’impiegato dell’anagrafe infatti dimenticò di apporre i trattini sulle t».
• «A 19 anni, quando mio padre mi riconobbe, avrei dovuto buttare via Zeffirelli e diventare Corsi: ma io ci tenevo, perché lo aveva inventato mia madre. Sul passaporto, però, sono stato a lungo Gianfranco Corsi, anche se ero riuscito a farci mettere “in arte Zeffirelli”. La regolarizzazione l’ho ottenuta solo al mio ingresso in Senato».
• La storia della sua infanzia è raccontata in Un tè con Mussolini (1999): «Sono cresciuto con due cugine di mio padre. Tre volte la settimana andavo a lezione di inglese da una signora, Mary O’Neill, che mi introdusse nel circolo degli anglosassoni di Firenze. C’era una ricca ebrea americana, impersonata nel film da Cher, che saldò il conto di mia madre solo dopo la sua morte, e mi consentì di studiare».
• «Gli altri miei maestri furono padre Coiro, priore di San Marco, e un professore di Diritto romano che frequentava il convento, Giorgio La Pira. Fu lui a spiegarmi che l’aborto è un crimine e che i totalitarismi, fascismo nazismo comunismo, sono tutti uguali, ma il comunismo è più pericoloso».
• La Resistenza. «Andai in montagna da cattolico liberale e rischiai di essere ammazzato dai comunisti. Li vidi fare cose orribili, assassinare un prete solo perché aveva benedetto le salme dei fascisti e gettare il suo corpo nella fossa che usavano come latrina. Cose che non si dimenticano».
• Diploma all’Accademia di Belle arti a Firenze, dopo qualche ruolo d’attore, diventò scenografo e aiuto regista di Visconti: «Per me Luchino era il modello di tutto quel che conta davvero». Il rapporto tra i due si interruppe a metà degli anni Cinquanta quando, dopo un furto in casa di Visconti, Zeffirelli fu portato in commissariato insieme alla servitù.
• Ingaggiato dalla Scala come scenografo, debuttò alla regia con Cenerentola. Al cinema il successo arrivò negli anni Sessanta con due trasposizioni shakesperiane: La bisbetica domata (con Elizabeth Taylor e Richard Burton) e Romeo e Giulietta. Grandi incassi anche con due film realizzati in America: il remake de Il campione di King Vidor (1979) e Amore senza fine (1981).
• «Regista di primo piano, ricevuto dalla regina Elisabetta e da Paolo VI, (...) diventa amico di Liz Taylor e Burton, di Laurence Olivier e Joan Plowright. Ma soprattutto di Maria. Callas, adorata. Forse l’unica donna di cui un po’ si innamora». Nel 2002 le ha dedicato un film, Callas forever (protagonista Fanny Ardant): «La conobbi che era grassa e goffa, un anno dopo aveva perso 30 chili e era diventata una donna di insuperabile fascino. Una trasformazione che ha segnato il mondo della lirica, che da allora si può datare a.C. e d.C., prima e dopo Callas».
• «All’oratorio, un frate lo sbaciucchia e lo molesta, come nella Mala educación di Almodovar: “Si rilassò, dopo aver soddisfatto il suo desiderio inconfessato con il semplice contatto del mio corpo... Poi però corse al suo inginocchiatoio piangendo calde lacrime di pentimento”. Il primo orgasmo ha una data, “il giorno della morte di Pirandello, nel 1936”. Il primo amore è un compagno di liceo. Gli altri ragazzi vedono, capiscono e sbeffeggiano. “Sono stato sempre discreto sulla mia sessualità. Solo una decina d’anni fa, a San Francisco, ammisi di aver avuto esperienze con uomini”. Omosessuale sì, ma non gay. “Una parola che odio, offensiva e oscena”» (Manin). Ha spiegato in un’altra intervista il motivo di tanta irritazione: «È l’etimologia. Nasce nella cultura puritana: l’idea che, per bilanciare questa “anomalia”, devi essere simpatico, gaio. E così in America vediamo questa roba da carnevale, si truccano come pagliacci, tutti felici e allegroni, sei così spiritoso e divertente che ti chiamano gay. Una specie di attenuante. Ma si può? Dire a Michelangelo che è gay? A Leonardo? Andiamo, essere omosessuali significa portare un grave peso di responsabilità, scelte difficili: sociali, umane e di cultura» (a Gian Guido Vecchi).
• Ha due figli adottati da adulti: Pippo, figlio di un vecchio amico siciliano morto giovane, e Luciano, orfano fin da bambino, conosciuto sui set dove era un tuttofare. Il primo si occupa della gestione del patrimonio economico e artistico di Zeffirelli, il secondo manda avanti la casa. Doveva esserci anche una terza adozione per Adelina, dipendente del regista, poi bloccata da problemi burocratici. Vive a Roma in una villa sull’Appia antica di proprietà di Silvio Berlusconi, che ospita anche la sua vecchia Tata, Edvige Lazarotti, 101 anni (ndr nel 2014): «Ne aveva 16 quando è venuta nella casa dei miei zii per occuparsi di me».
• Ha sostenuto di essere un discendente di Leonardo Da Vinci: «Un mio pro-pro-nonno mise incinta la contadina che generò Leonardo».
• Nel 2006 per Mondadori è uscita la sua Autobiografia, un volume di 540 pagine.
• Critica Andrea Porcheddu a proposito di una sua Traviata: «Non c’è un angolo libero in scena e dal soffitto pendono bargigli enigmatici, mentre svolazzano drappi e nastri, in una saturazione visiva che nemmeno sul palco dell’Ariston a Sanremo. Il palcoscenico, poi, tripartito in altezza, e collegato da ampie scalinate, farebbe felice la Wandissima, e quando Violetta riappare, dopo una suggestiva variazione al grigio, che fa sparire i rossi e gli ori dei matador, eccola scendere le scale lenta e già segnata dal male che l’ha colpita. È figura fragile: “Io spenta ancora, pur l’amerò...”. Sospiri e singhiozzi in platea. “Zeffirelli è sempre Zeffirelli”, “e come muove le masse lui...”». Michelangelo Zurletti ancora su Traviata (nell’84 a Firenze con Kleiber sul podio): «Una cura minuziosa dei dettagli e della recitazione certifica la mano di un vero uomo di spettacolo. Al quale chiederemmo soltanto meno spacconate, ma sarebbe come chiedergli una mutilazione (...) Successo anche per le stelle filanti, applaudite una per una...».
• Tullio Kezich a proposito di Un tè con Mussolini: «Il regista, destrorso conclamato, firma il film più visceralmente antifascista di tutta la storia del nostro cinema». E in precedenza, su Romeo e Giulietta: «La versione teatrale di Franco Zeffirelli all’Old Vic, nel 1960, fu accolta da Kenneth Tynan come “una rivelazione e forse una rivoluzione”: in quel memorabile spettacolo, i due amanti scespiriani recuperavano polemicamente la loro età adolescenziale e la tragedia ne usciva vivificata. In Romeo and Juliet il regista vede soprattutto un contrasto di generazioni, la lotta dei giovani per emanciparsi dalla tirannia degli anziani (...) L’impostazione rimane valida anche nel film».
• «Ha attaccato tutti, come solo un fiorentino riesce a fare, dai senesi (“cacciatori, comunisti e bestemmiatori”) ai sauditi, che gli avevano sequestrato un documentario. Difficile seguire i percorsi della vitalità, o se si vuole dell’aggressività del personaggio. S’è infatuato di Bossi, ha fatto una gita a Pontida e poi voleva mettere fuori legge la Padania. Ha invocato la censura sui film violenti e difeso i tifosi teppisti della squadra viola. Una volta, erano gli anni di Tangentopoli, ha teorizzato che era meglio dar soldi alla mafia che ai socialisti (almeno i picciotti “ti proteggono la bottega”). Un’altra volta, sempre furente, ha fatto notare che in un altro paese Craxi sarebbe stato già “impiccato”. Gli scappano frasi tipo: “Personalmente non posso vedere la faccia di D’Alema senza vomitare”» (Filippo Ceccarelli).
• Frasi «Nel mio lavoro è implicita l’esigenza del comunicare. Non puoi andare a letto con qualcuno pensando ad altro, e fare cinema vuole dire proprio questo: fare l’amore con il pubblico. La pressione arriva dall’immensità della macchina: ogni film è come muovere un esercito. Per questo ho sempre sognato di fare film piccoli, agili e improvvisi, e forse un po’ mi è riuscito con Un tè con Mussolini».
• «In tutti i miei film ci sono parti di me. Io sono stato Mercuzio, Giulietta e Romeo. Sono stato Amleto, la Caterina della Bisbetica domata e il personaggio di Jeremy Irons in Callas Forever. In fondo ogni regista non fa che raccontare se stesso. Visconti diventava tutti i suoi personaggi, anche i pescatori di Acitrezza».
• «Tullio Serafin mi ha fatto capire che per fare una buona regia lirica bisogna servire il compositore, e non creare, come accade oggi, spettacoli in cui i registi si compiacciono solo di se stessi. Si mette in scena Verdi, o Gounod, o Berg, e tutte le produzioni sono uguali, vi riconosci il regista e non l’autore» (da un’intervista di Leonetta Bentivoglio).
• «La mia fortuna è che fino ad oggi non ho mai accettato di fare una regia per motivi alimentari».
• «Ho sempre amato il bello, quello semplice e rigoroso che perfora il cuore e la mente senza sforzo».
• Politica Nel 1994 e nel 1996 fu eletto al Senato con Forza Italia. Oggi di quella esperienza dice che fu uno sbaglio: «Volevo dare il buon esempio della cultura al servizio della società. Non erano i tempi, come non lo sono nemmeno oggi. La politica purtroppo è il lusso dell’uomo qualunque, che crede di poter fare una grande carriera al di là delle possibilità che tutti hanno». Su Matteo Renzi: «È un ragazzo pieno di idee brillanti e aperte. Ma è fuori posto. Non gli ha giovato essere sindaco. Lo vedevo bene come avvocato». (a Valerio Cappelli) [Corriere della Sera 6/1/2013]. Grillo, «un imbecille» (a Paolo Conti) [Corriere della Sera 6/8/2013].
• «Non mi è pesato l’ostracismo in patria, perché comunque non ha danneggiato la mia carriera. Mi ha indispettito perché è un ostracismo ideologico. È stato manovrato dal possesso della cultura operato dai comunisti in questi ultimi cinquanta anni. Siccome non ho mai nascosto quello che pensavo di loro e di Stalin, allora venivo messo al bando» (da un’intervista di Gigi Marzullo).
• «La mia colpa è aver rifiutato di spargere il sale davanti alla statua dell’imperatore. Sa come facevano i primi cristiani, per sfuggire alle persecuzioni? Rendevano omaggio formale al dio in terra; che nella nostra epoca è il comunismo, la sinistra. Prenda Luchino Visconti. Comunista lui? Io l’ho visto licenziare in tronco un cameriere e una cameriera che avevano dimenticato di pettinare i suoi gatti persiani. Intendiamoci: fece benissimo».
• «Una cosa che non perdonerò mai a Berlusconi è di aver privato il teatro italiano di una grande attrice com’era Veronica Lario» (ma nel 2007 la criticò pubblicamente per la sua lettera a Repubblica, vedi BERLUSCONI Veronica).
• Religione «Lei è credente? "Non si può non esserlo. Lo è anche chi non crede di esserlo. Il soprannaturale ha il sopravvento”» (a Giancarlo Perna).
• «Sono cristiano fino alle profonde viscere dello spirito. La Chiesa ha la mia disponibilità a un impegno al suo servizio. Paolo VI dopo aver visto il mio Gesù di Nazareth, mi chiese che cosa la Chiesa potesse fare per me. Gli risposi: “Vorrei che quest’opera arrivasse anche in Russia”. Lui mi disse profeticamente: “Abbia fede, presto sul Cremlino sventoleranno le bandiere della Madonna al posto di quelle rosse”» (a Giacomo Galeazzi).
• Tifo È tifoso della Fiorentina (e dunque anti-juventino tra i più accaniti): «Nel 1969, l’anno dello scudetto, andando allo stadio per vedere Fiorentina-Cagliari, ebbi un incidente. Ero sulla Rolls-Royce di Gina Lollobrigida, che guidava come una pazza. A lei non importava nulla del calcio, doveva fare un servizio fotografico. Quando mi risvegliai dopo tre giorni di coma, la prima cosa che dissi fu che dovevo andare allo stadio. Ingessato per mesi, riuscii a vedere l’ultima di campionato» (a Mauro Balestrazzi).
• Vizi Grande passione per i cani, al punto che ci dorme insieme. «L’affetto che danno è impagabile, ma è intensissimo anche il dolore di perderli». Il suo segreto per farli vivere bene e a lungo: «Un ottimo veterinario. Castrarli, maschi e femmine. Non fargli mai mangiare i nostri avanzi unti. E quando invecchiano dargli latte e mozzarella».