3 giugno 2012
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Biografia di David Zard
• Tripoli (Libia) 6 gennaio 1943. Impresario. «Madonna mi diede del leccaculo a Portofino nel 1990 e io le risposi che era proprio una stronza».
• «Il produttore che per primo ha portato i concerti negli stadi e che ha legato il suo nome ai grandi della musica internazionale, da Cat Stevens a Elton John, da Tina Turner a Lou Reed, da Frank Zappa ai Rolling Stones, l’impresario che ha rilanciato in Italia il musical come evoluzione naturale del melodramma in chiave moderna, l’ideatore del teatro di massa» (Silvana Mazzocchi).
• «Parla ebraico e arabo oltre alla nostra lingua, che pronuncia lentamente con un indefinibile accento esotico. Indefinibile è l’origine del suo nome: “Gli ebrei arrivarono a Tripoli in età preromana. La mia famiglia viene dall’Italia, credo; e comunque dopo il 1911 siamo diventati tutti italiani”. A Tripoli avevano una tipografia dove vendevano anche libri e giornali» (Aldo Cazzullo).
• «Negli anni Settanta – quando Zard, di famiglia ebrea, fuggito nel 1967 dalla Libia e dalla Guerra dei sei giorni, iniziò la carriera di organizzatore-produttore – erano in pochi a correre rischi. Non c’è un quaranta-cinquantenne di oggi che non ricordi la rituale apparizione di Zard sui grandi palchi dei divi del rock (“Ho portato in Italia Madonna, Michael Jackson, Bob Dylan, i Genesis e i Rolling Stones”). “Fate un passo indietro” urlava alle folle oceaniche, sprezzante del pericolo, per alleviare il disagio dei primi in platea schiacciati contro le transenne del sottopalco dei concerti. Assieme alla comunicazione (di leggendaria efficienza l’ufficio stampa gestito negli anni Ottanta dalla moglie Patrizia), la sicurezza è sempre stata la sua priorità. E oggi che non ha più platee disordinate da gestire, oggi che, da famoso promoter rock qual era, si è riciclato nel primo organizzatore di teatro musicale, il suo “fate un passo indietro” gli manca. L’uomo che si permise di cambiare i contratti di Madonna e dei Genesis (“Dicevano: l’artista ingaggia il promoter. Ma siamo pazzi? Ero io che ingaggiavo loro”), che aiutò Peter Gabriel a pagare il mutuo di casa, che comprò una chitarra Fender Stratocaster a Steve Hackett dei Genesis, che costruì agli Spandau Ballet il loro più grande mercato mondiale (“Furono una delle eccezioni alla mia regola: di solito produco solo ciò che mi piace”), ha esaudito il suo desiderio più grande: avere un teatro. È il Gran Teatro, a Roma: un tendone lussuoso con moquette e velluti rossi, “con tremila posti e il palco più grande, di quattro metri, di quello del Palais des Congrès parigino”. Il paragone non è casuale: dal Palais des Congrès è partita la fortuna planetaria di Notre Dame de Paris, l’opera di Cocciante e Plamondon che ha segnato la resurrezione di David Zard» (Laura Putti).
• «Annuncio il secondo concerto italiano di Michael Jackson e i giornalisti mi stroncano: “Andrai in rovina. L’altra volta cantava in playback, è di plastica”. Mancano sei mesi, ho venduto solo 4.000 tagliandi su 40mila. Capisco che se non monto l’evento sarà un flop. La sparo grossa: conferenza stampa e annuncio che è quasi tutto esaurito. I giornalisti si incuriosiscono e ogni giorno, d’accordo con l’ufficio stampa americano, invento bugie enormi, notizie strane tipo: “È stato noleggiato un aereo russo per trasportare i vestiti di Jackson”. I giornali abboccano e scrivono, scrivono, scrivono. A pochi giorni dall’evento, così, dico che verranno messi in vendita gli ultimi 4.000 biglietti rimasti il tal giorno nel tal posto. Ressa, caos: in 6 ore 36 mila tagliandi».
• «C’è da organizzare il tour europeo di Ike e Tina Turner. Il contratto è stravagante: pretendono due suite comunicanti, una con la tappezzeria rosa, l’altra color champagne. Sono in programma 50 date, quindi dovrei trovare 50 alberghi così! Li guardo perplesso. Sorridono: “Signor Zard, lei sa che ci sono delle cose che fanno vedere quel che si vuole...”. Li mando a quel paese: “Avessi voluto fare il pusher non sarei imprenditore”» (ad Alessandro Dell’Orto) [Lib 15/3/2014].
• «Quando organizzavo io, era molto più complicato ottenere gli spazi: ho fatto delle vere guerre per far aprire i cancelli. Eravamo considerati dei capelloni, puzzolenti, anche un po’ drogati. Eppure mi presentavo sempre in giacca e cravatta. In occasione della tappa dei Genesis a Roma sono stato costretto a recuperare i documenti originari dello stadio Flaminio, e parlo dello statuto. C’era scritto che doveva essere polivalente, dallo sport agli spettacoli, alla religione. Si arresero (…) Negli anni Settanta c’era una malavita che stampava locandine false e annunciava eventi che non erano nemmeno in programma. Truffe vere. Ogni volta venivano da me poliziotti e magistrati per verificare. Parliamo anche di cinque, sei mila biglietti venduti per spettacoli fantasma. A quel punto fu la questura a consigliarmi di stampare i manifesti con scritto sopra “organizzato da David Zard”. Una sorta di certificazione a garanzia» (a Emiliano Liuzzi e Alessandro Ferrucci) [Fat 29/7/2013].
• «Le opere rock sono il futuro. Già in passato tanta musica italiana scriveva album concept, non esplodeva perché mancava la visualizzazione, l’immagine: il Banco del mutuo soccorso, Le Orme, la Pfm, lo stesso Baglioni di Questo piccolo grande amore, che doveva diventare un musical. A Claudio avevo abbozzato perfino la scaletta. Poi abbiamo litigato. E così ho cominciato con Riccardo Cocciante la mia nuova avventura» (da un’intervista di Valerio Cappelli).
• Altre produzioni di successo: Tosca - Amore disperato diLucio Dalla, Dracula della Pfm, Pia de’ Tolomei diGianna Nannini. Con un brano di quest’ultima nel 2008 portò Lola Ponce e Giò Di Tonno (già protagonisti dell’edizione italiana di Notre Dame de Paris) a vincere il Festival di Sanremo. Nel 2013 ha portato in Italia il musical Romeo & Giulietta di Gérard Presgurvic. In origine le musiche dovevano essere di Cocciante: «Sua moglie voleva fare la produttrice e aveva preso in mano le redini di tutto. Quando ho osato dire che la musica composta da Riccardo in stile madrigalistico non mi entusiasmava, il rapporto si è interrotto bruscamente» (ad Alberto Dentice) [Esp 17/10/2013].
• Dischi: «A casa ne tengo il dieci per cento: in totale ne ho un migliaio». Il migliore: «Harvest di Neil Young, credo il più bel lavoro mai fatto in assoluto. Quando incontro qualcuno che non lo possiede, glielo regalo».
• «Sono concettualmente di sinistra, ma bisogna riconoscere che, tranne le leggi ad personam, Berlusconi sa guardare al di là del proprio naso».
• «Conosce Veltroni da quando era ragazzo, “quando contestava i miei concerti. E i suoi, insieme agli estremisti, venivano e mi buttavano di tutto, incluse le molotov, perché i concerti dovevano essere liberi”. Secondo lui il guaio dell’Italia è che “non ha mai avuto una Rivoluzione francese che ha decapitato in tutti i sensi il potere”» (Giancarlo Dotto) [Gia 24/1/2009].
• «Dopo la Rivoluzione Francese i grandi cambiamenti li ha portati solo il rock. La musica è l’unico collante tra generazioni, nazioni, religioni. Tutti in un’espressione positiva».
• Ad aprile 2006 fu sottoposto a trapianto di fegato. «Avevo troppa paura del trapianto, non volevo farlo. Così Lucio Dalla mi portò da un medico di Bologna. Il professore mi disse: “O ti operi o non hai speranze”. Io niente, non lo accettavo. La sera Lucio mi invita nella sua casa di Bologna. Siamo in strada e arriva un tizio lo ferma. E rivolto a me: ‘Vedi lui? Ha avuto i tuoi stessi problemi. Gli hanno trapiantato il fegato. Raccontagli come è andata”. E il tizio: “Operato quattro settimane fa, e sono già così”. Bene, al funerale di Dalla incontro la stessa persona. La fermo: “Oh, come stai?” E lui: “Bene, perché?”. “Come perché. Il fegato intendo”. La risposta mi ha fulminato: “Ma ancora credi a quella storia. Fu tutta una sceneggiata di Lucio”» (a Emiliano Liuzzi ed Alessandro Ferrucci, cit.).
• Un figlio, Clemente, che «ama questo mestiere e lo sa fare meglio di me».
• «Elton John Mi smascherò. Mi diceva spesso: “Si capisce che tu volevi essere uno di noi”».