3 giugno 2012
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Biografia di Renato Zangheri
• Rimini 8 aprile 1925 – Imola 7 agosto 2015. Politico. Sindaco di Bologna dal 29 luglio 1970 al 29 aprile 1983. Guidò con Ugo Pecchioli l’ala del Pci che resistette al terrorismo e alla strategia della tensione – strage dell’Italicus (1974), uccisione dello studente Francesco Lorusso (1977), bomba alla stazione di Bologna (2 agosto 1980) – facendo anche segretamente asse col ministero dell’Interno. Messo sotto accusa dai movimenti extraparlamentari dell’epoca.
• «Cartolina numero uno. “Zangherì, Zangherà: zangheremo la città”: gli indiani metropolitani misero in strofa il suo nome in quel sanguinoso marzo 1977 che lasciò sull’asfalto Francesco Lorusso, spiazzò un Pci tanto solido quanto lento nel cogliere le scintille del disagio giovanile, mentre i mezzi blindati dell’allora ministro degli Interni Cossiga sferragliavano in via Zamboni sotto gli sguardi stralunati dei bottegai bolognesi. La “vetrina” dell’Emilia rossa pareva a un passo dall’andare in frantumi. E se non ci andò, se la frattura generazionale venne gradualmente ricomposta, elaborata all’interno di una logica fatta di strategie sociali, il merito fu soprattutto suo: di Renato Zangheri, sindaco comunista per 13 anni. Cartolina numero due. La mano dell’allora capo dello Stato, Sandro Pertini, vicina alla sua, entrambe appoggiate sul Tricolore: è il 6 agosto 1980, Zangheri parla tra le macerie a una folla senza parole, a una città stordita e impaurita dalla bomba di pochi giorni prima alla stazione, gridando un «no» forte e rabbioso contro il terrorismo di qualunque colore, lui che già nel 1974 aveva guardato negli occhi i familiari delle vittime dell’Italicus a San Benedetto Val di Sambro e quelli, nel giugno, sempre dell’80, del disastro di Ustica» (Francesco Alberti).
• «Era l’Italia della doppia società descritta da Asor Rosa, la prima spaccatura verticale (non orizzontale) della sinistra, i padri e i figli; a Zangheri toccò recitare la figura dell’uomo d’ordine. Forse ne soffrì. L’Unità aveva costruito contro quei giovani una campagna martellante. Un libretto, Il complotto di Bologna, attribuiva la rivolta giovanile al complotto di forze oscure e eterodirette: il che non faceva che soffiare sul fuoco della rabbia. Si sparse la voce che della teoria del complotto Zangheri fosse l’autore. Che avesse detto al questore, dopo la morte di Lorusso, “capisco che in una guerra bisogna difendersi”. No, spiegò trent’anni dopo l’ex sindaco, “quella frase al questore non l’ho mai pronunciata. È una delle tante leggende nate in quella tragica stagione”» (Jacopo Iacoboni).
• Zangheri confesserà poi a Sergio Zavoli quanto gli bruciasse essere additato da Jean-Paul Sartre come il sindaco che fa sparare sugli studenti: «Che cosa c’era sotto questo prendersela col sindaco e con la città?».
• Prima dell’esperienza da sindaco, insegnò Storia economica e Storia delle dottrine economiche all’Università di Bologna. Nel 1983 eletto alla Camera col Pci, ne fu capogruppo per tutta la legislatura (fino al 1987). Aderì al Pds e ai Ds. Dal 1991 al 1994 fu rettore dell’Università di San Marino. Studioso di Gramsci.
• «Era fiero del suo aplomb di intellettuale comunista dall’alito sottile come l’ironia, sorriso inossidabile e abiti di ottimo taglio. Lotta di classe, sì: ma di gran classe (…) Lasciando la fascia tricolore, nell’83, si portò via almeno un ricordo gaio: quando, mentre firmava la concessione di un antico edificio al primo circolo omosessuale italiano, il Cassero, schivò appena in tempo un focoso bacio gay sulla bocca: la foto mostra un sindaco che ride come un ragazzino, per una volta non “alla Zangheri”» (Michele Smargiassi).
• Nel 1998 il ministero dei Beni culturali lo nominò presidente della Commissione scientifica per la nuova edizione nazionale delle opere di Antonio Gramsci, incarico da cui si dimise nel 2000.
• Edmondo Berselli amava ricordare quella volta che fulminò gli intellettuali del Mulino: «Voi sapete tutto dei puritani del Massachusetts e niente delle mondine di Molinella».