3 giugno 2012
Tags : Francesco Vottari
Biografia di Francesco Vottari
• Locri (Reggio Calabria) 10 luglio 1971. Presunto ’ndranghetista, capo della cosca omonima alleata con i Pelle, in lotta con le famiglie Nirta-Strangio (faida di San Luca). Detenuto dal 12 ottobre 2007, al 41 bis.
• Detto “Franco”, nomignoli Ciccio ’u Frunzu, maschi i maiali, Ciccio u porcu.
• Secondo di quattro fratelli (ma il primo, Antonio, è morto ammazzato), figlio di Giuseppe Vottari, nato nel 45 e morto ammazzato anche lui il 2 ottobre 1986, nel corso della faida di Motticella (vedi Giuseppe Morabito). Sposato con Maria Pelle, nata nel 77, figlia di Antonio Pelle, detto Gambazza, il capo della cosca omonima, l’uomo di ’ndrangheta più importante a San Luca, col grado di “capo crimine”, il più alto (morto il 4 novembre 2009).
• Condanne definitive, un anno e quattro mesi per ricettazione (di un’autovettura), e un’ammenda per porto illegale di coltello.
• Tutto cominciò l’11 febbraio 1991, quando dei giovinastri legati alla famiglia Strangio, con la scusa che era carnevale, lanciarono uova all’interno del circolo Arci, gestito da Domenico Pelle. Va detto che a San Luca sorge il Santuario della Madonna di Polsi (prima ancora c’era una croce, antichissima, ma un giorno apparve la Madonna che chiese di costruire in suo onore una chiesa), e tutti sanno che da oltre un secolo i capi di tutti i locali della ’ndrangheta si ritrovano se non lì, lì vicino, insomma in nome della Madonna di Polsi, ogni anno, per decidere affari guerre e alleanze. Poi va detto che a San Luca da sempre comandavano i Nirta, i Romeo e i Pelle, che tutto sommato andavano d’accordo (i fratelli Vottari erano affiliati ai Pelle). Da quando avevano costituito un cartello (nel 79), agivano in grande, trafficando in droga e kalašnikov, ma nel fare questo avevano lasciato terreno libero alla famiglia Strangio (del ramo soprannominato janchi, per non confonderli con altri Strangio), che intanto si era specializzata in sequestri di persona, estorsioni e rapine. Per questo, tornando all’11 febbraio, il lancio delle uova da parte dei giovinastri della famiglia Strangio nel locale di un Pelle fu ritenuto un fatto gravissimo. Tanto che tre giorni dopo, a San Valentino, scoppiò una rissa e Antonio, il fratello maggiore di Francesco Vottari (era più grande di quattro anni), a un certo punto tirò fuori la pistola, e sparò, ammazzando Francesco Strangio e Domenico Nirta, di 20 e 19 anni, mentre Giovanni Luca Nirta e il fratello Sebastiano se la cavarono con una ferita (mattanza di Carnevale). Antonio si difese dicendo di essere stato provocato, e sarebbe finita lì, perché i più grandi non volevano altri ammazzamenti inutili che avrebbero risvegliato l’attenzione degli sbirri. Fu sancito che Antonio avrebbe avuto la vita salva, solo che se ne andasse via da San Luca, ma lui non ne volle sapere, e allora lo fecero sparire per sempre, il 25 luglio del 92 (crivellato in faccia da dodici colpi, ogni colpo da mano diversa, insomma gli spararono in dodici).
• Tutto tace fino al primo maggio del 93, quando, nel giro di poche ore, vengono ammazzate quattro persone. Prima Giuseppe Vottari e Vincenzo Pugliesi (di 41 e 19 anni), vittime di un’imboscata in montagna. Nascosto dietro una roccia ha assistito a tutto Aurelio Pugliesi, zio e padre dei cadaveri, che si precipita in paese a dire tutto ai Vottari, e in men che non si dica la vendetta viene consumata ammazzando Antonio Strangio e Giuseppe Pilìa (di 40 e 23 anni). Antonio Nirta, uno dei grandi, «schiumò di rabbia» (Nicola Gratteri, Antonio Nicaso), e per mettere pace si rivolse ai mammasantissima di Reggio Calabria (i De Stefano, Libri, Tegano), e di Platì (i Barbaro e i Papalìa). «Cu campa campa e cu mori mori», fu la risposta agli emissari di pace, infatti ammazzarono il fratello più anziano, Giuseppe Nirta, il primo marzo 1995. A quel punto il cartello Nirta-Pelle-Romeo si rompe, ogni famiglia fa affari per conto proprio, ma almeno la faida viene interrotta, per decisione presa dai notabili di tutta la ’ndrangheta. Finché non rinascono questioni di conflitto per la spartizione del territorio. Il 31 ottobre 2005 viene ucciso Antonio Giorgi, 24 anni, dei Nirta-Strangio. Stava guidando, sulla statale ionica 106, quando lo ha affiancato una moto di grossa cilindrata, due persone a bordo, una guidava e l’altra sparava. Ferito, Giorgi riesce a speronare la moto, cerca la fuga a piedi, ma sopravvive per trecento metri, quando stramazza a terra morto (mancava poco per arrivare al cimitero di Africo).
• La notte fra il 31 luglio ed il primo agosto del 2006 è la volta di Francesco Pelle detto Ciccio ’u Pachistanu (vedi). Trent’anni, di San Luca, ma residente ad Africo Nuovo (dove ha sposato una figlia di Leo Morabito, detto Scassaporte), viene ferito a colpi di lupara e kalashnikov, mentre col figlioletto in braccio passeggia sul terrazzo di casa. Finisce per sempre su una sedia a rotelle, ma non appena esce dal centro di riabilitazione, contrariamente alle direttive di Antonio Pelle Gambazza, organizza la vendetta, secondo le accuse, insieme a Francesco Vottari e a suo fratello Santo. È la strage di Natale. Sera del 25 dicembre 2006, un commando di due killer, in moto, travisati da casco integrale, prima spara con un kalashnikov contro Francesco Colorisi, 23 anni, di mestiere macellaio (finge di essere morto, e così se la cava), poi tira dritto verso casa di Giovanni Luca Nirta, che il 22 dicembre, grazie all’indulto, è uscito di prigione, dove stava scontando una condanna per rapina (si saprà che Colorisi stava andando a cena da lui). Lì giunti trovano la famiglia intera davanti all’ingresso di casa, e senza guardare in faccia a nessuno, sparano all’impazzata, ferendo il Nirta, sua moglie (Maria Strangio, di 33 anni), un figlio di cinque anni, e un fratello del Nirta (Francesco, che si trovava lì in visita). Si salvano tutti, tranne la Strangio, colpita al torace e alla gamba sinistra, che muore in ospedale. Si dirà che il vero obiettivo, mancato, dell’agguato, era Giovanni Luca Nirta, ritenuto il capo della cosca omonima.
• La strage viene vendicata a Duisburg il 15 agosto 2007 (strage di Ferragosto, vedi Giovanni Strangio nato nel 1979), dove viene ammazzato, tra gli altri, Marco Marmo, ritenuto tra gli organizzatori dell’agguato. Prima che vengano ammazzati anche gli altri, il 30 agosto 2007 il gip di Reggio Calabria, su richiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia), dispone il fermo di quaranta persone, tutte ritenute coinvolte nella faida di San Luca. Tra queste, i presunti colpevoli della strage di Natale, Francesco Pelle e Francesco Vottari, che sfuggono all’arresto (operazione “Fehida”, eseguita da 500 uomini, tra poliziotti e carabinieri).
• Viene arrestato il 12 ottobre 2007, a casa sua, a Bovalino. Si era nascosto sotto il letto. Al colonnello Iacono, che si informa sul suo stato di salute, risponde: «Senza il vostro arrivo starei meglio, ma meglio voi che altri». Sottoposto a custodia cautelare e al regime carcerario del 41 bis, è accusato di associazione mafiosa e della strage di Natale, in concorso col fratello Santo, entrambi come mandanti, Francesco Pelle, come istigatore, il fratello Sebastiano e un cugino V.A. (nato nel 90, quindi minorenne al tempo dei fatti), come esecutori.
• Il 10 maggio 2008 furono messe agli arresti domiciliari in via cautelare la moglie Maria Pelle (31 anni) e la sorella Antonella (33 anni), accusate di associazione mafiosa nel ruolo di messaggere tra affiliati (operazione “Zaleuco”).
• Condannato all’ergastolo per associazione mafiosa e per aver concorso a organizzare la strage di Natale (sentenza di appello, 27 maggio 2014). (a cura di Paola Bellone).