3 giugno 2012
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Biografia di Roman Vlad
• Cernauti (Romania, ora Cernovtzy, Ucraina) 29 dicembre 1919 – Roma 21 settembre 2013. Compositore. Pianista. Musicologo. Presidente dell’Accademia filarmonica romana.
• Figlio di un magistrato. «Ho sangue romeno e tedesco, latino e slavo. Mia madre si chiamava Dombrowski ed era di discendenza polacca, ceca e ucraina. Parlo dieci lingue».
• Terminati gli studi nel Paese natale, in Italia dal 1938, fece il perfezionamento a Roma. Fu direttore artistico della Filarmonica romana (1955-1958), direttore del Maggio Musicale Fiorentino (1964) e del Teatro Comunale di Firenze (1968-1973), sovrintendente dell’Opera di Roma (1981-1982), direttore artistico della Scala (1994-1997), presidente della Siae (1987-1993). Ha scritto opere (Storia di una mamma, 1951; Il dottore di vetro, 1960), balletti (La dama delle camelie, 1956; Il gabbiano, 1968) ecc.
• Formidabile conferenziere: quando a Roma si organizzavano cicli di sue conferenze, la fila arrivava fin sulla strada. Parlava semplicemente e simpaticamente, traducendo al pianoforte concetti che il pubblico è sempre convinto di capire.
• Sposato con Licia Borrelli (sorella di Francesco Saverio), due figli: Alessio, direttore d’orchestra, e Gregorio, fisico nucleare.
• Romanista.
• Nel 1978 deragliò il treno con cui viaggiava e ci furono una sessantina di morti. Si salvò per caso.
• «Mio padre era ortodosso, mia madre cattolica e mi ha educato lei. Amo la figura e le parole di Gesù Cristo. Studiando ingegneria e matematica mi sono reso conto, soprattutto, dei limiti dell’uomo. Il nostro pianeta, l’universo intero, sono inspiegabili» (a Sandro Cappelletto) [Sta 31/10/2011].
• Una volta gli apparve in sogno Johann Sebastian Bach: «Ero al Cairo. Nel sonno, sento una voce che mi parla in tedesco antico e mi dice in quale passaggio della viola nella Messa in si minore è nascosto il nome BACH, quattro lettere che nella notazione anglosassone corrispondono a quattro note. Annoto tutto, controllo ed è proprio così».
• «Sono stato un uomo fortunato, devo riconoscerlo. Con un dolore che mi ha sempre accompagnato, quello di non aver più rivisto mio padre da quando me ne andai» [Rep 17/2/2013].
• «Prolifico, tecnicamente ferratissimo, ma troppo poco eseguito per azzardare un giudizio globale e definitivo. Si tende a classificarlo tra i dodecafonici non ortodossi; forse gli si confà di più la divisa di neoclassico che rimugina antico e moderno senza distinzioni» (Jacopo Pellegrini).