3 giugno 2012
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Biografia di Serena Vitale
• Brindisi 1945. Slavista. Scrittrice. Insigne traduttrice e saggista. Docente di Lingua e letteratura russa all’Università Cattolica di Milano. Tra i suoi libri: Il bottone di Puskin (Adelphi 1995), La casa di ghiaccio. Venti piccole storie russe (Mondadori 2000), il giallo storico L’imbroglio del turbante (Mondadori 2007, vincitore del premio Pen Club e del Grinzane Cavour). Ultimo libro A Mosca, a Mosca! (Mondadori 2010). Scrive sul Domenicale del Sole-24 Ore.
• Il padre violinista dava lezioni private di musica «Ogni giorno in Puglia vedevo entrare e uscire da casa giovanotti biondi, belli e robusti, a cui mio padre musicista dava lezioni e che strimpellavano “Suona balalaica”, che parlava di calor, amor, gioventù. Erano militari che stavano preparando un musical. Sufficiente a farmi fantasticare che quegli inglesi e americani venissero dalla terra delle steppe. Nella mia famiglia, inoltre, sono tutti slanciati, con incarnato e capelli scuri, piuttosto avvenenti (papà era una via di mezzo tra George Clooney e Humphrey Bogart), mentre io sono bionda, piccola... per anni sono stata sicura di essere stata un frutto del peccato» (a Mirella Serri) [Ttl-Sta 26/10/2013].
• Precoce anche la sua ammirazione per la letteratura russa, facilitata dai consigli di uno zio «Assai presto sono stata catturata dai vari Tolstoj e Dostoevskij sparsi per casa. Una volta, in bagno, sulla cesta della biancheria, trovo Il viaggiatore incantato di Nikolaj Leskov e mi incanto pure io. E poi a Brindisi, ovviamente, non avevo mai visto la neve. E in quei libri ce n’era a bizzeffe. Un altro racconto che mi ha fatto passare le notti in bianco è stato Lolita di Nabokov. A suggerirmelo fu mio zio, omosessuale, a cui è capitato di vivere in quel contesto difficile che era Brindisi nel dopoguerra (mio nonno riferendosi alle sue preferenze sessuali gli diceva: “ti mando in America a farti curare”). Lui, però, con grande disinvoltura e coraggio si confrontava con la sua diversità ed era amato da tutti. Gli devo tanti insegnamenti di natura culturale, intellettuale ma anche esistenziale» (a Serri cit.).
• All’età di dodici anni i genitori si separano e lei si trasferisce con la madre e la sorella a Roma, al quartiere Africano. Più tardi l’iscrizione all’Università, facoltà di Matematica, e l’incontro con il grande slavista Angelo Maria Ripellino (1923-1978) «Assistetti a una sua prima lezione all’Università di Roma. Non andò un granché bene. C’erano almeno 500 persone. Cominciai a sudare. Soffrivo di claustrofobia. Il disagio crebbe. Uscii di corsa. Eppure...quell’uomo aveva un’anima speciale. Tornai in seguito ad ascoltarlo. Mi stregò la forza teatrale delle sue lezioni. Le schede colorate che esibiva, agitandole come carte da prestigiatore. Per lui nulla è quello che è, ma ogni cosa rimanda ad altro. Mi aprì la mente. Mi laureai con lui su Andrej Belyi. Andai a Mosca e mal me ne incolse» (ad Antonio Gnoli) [Rep 22/12/2013].
• A Mosca «La prima volta che vi andai feci l’errore di restarvi un anno di seguito. Troppo…Una volta al mese dovevo svolgere una relazione sullo stato di avanzamento della mia ricerca. Il mio tutor mi guardava con disprezzo in quanto allieva dell’indipendente e per questo anche un po’ delinquente Ripellino e organizzava una claque per mettermi alla gogna. Però sono stati anni formativi. Ero controllata dal Kgb, ero sotto osservazione da parte dei miei insegnanti, all’università ero seguita costantemente. Ogni volta che uscivo dalla biblioteca Lenin - dove chiedevo quindici libri e me ne consegnavano uno - mi sembrava di essermi liberata di una cappa di orrore» (a Serri cit.).
• «Come ogni buon saggista, Serena Vitale ama l’aneddoto, il dettaglio significativo; e incastra abilmente le sue tarsie preziose e sinistre, che risuscitano la vita mondana di Pietroburgo e cento piccoli personaggi che commentano da vicino o lontano la morte di Puskin» (Pietro Citati a proposito de Il bottone di Puskin). «Scrittrice e frequentatrice di archivi, attratta dai confini mai certi del sapere, ama inseguire, ritrarre, confondersi, identificarsi, interrogare a distanza e sovente fuggire prima della risposta Il suo ultimo lavoro L’imbroglio del turbante, un libro che osiamo definire splendido, pur in tempi di produzione dozzinale come i nostri» (Armando Torno).
• Sposata in prime nozze con il poeta Giovanni Raboni (1932 –2004). Risposata col pittore boemo Vladimìr Novàk «Conobbi a Praga negli anni Sessanta un ragazzo. Lo invitai a Roma e lo feci conoscere a Ripellino. Filammo per un po’. Era molto romantico anche se figlio di un pezzo grosso del comunismo. Tornò nel suo paese. Ripellino lo convinse a trasferirsi in Italia. Ma non fece in tempo: quei giorni chiusero le frontiere. Ci perdemmo così di vista. Si chiamava Vladimir Novák. Passarono gli anni. Mi dimenticai di quella storia. Poi nel 2000 tornai a Praga. L’indomani dovevo incontrare Havel del quale ero amica fin dai tempi di Kundera. Ma Vaclav ebbe un contrattempo. A quel punto, non sapendo cosa fare, mi ricordai di lui, di Vladimir. Provai a rintracciarlo telefonicamente. Feci un numero. Chiesi, emozionata di lui. Sicura dell’inutilità del tentativo. Mi rispose: sono io e sono un uomo vedovo! Il giorno dopo si presentò all’Archivio dell’emigrazione russa, dove stavo facendo delle ricerche, con un grande mazzo di rose. L’anno dopo ci siamo sposati… Abbiamo deciso di non vivere insieme. Di non scegliere una città: Milano o Praga. Ma di vederci, con la giusta frequenza, da me o da lui. O in qualunque posto dove desideriamo essere. È un amore fisso e volatile. Una bella storia, insomma» (a Gnoli cit.).
• Fumatrice impenitente, ha inserito in Gatti in crisi d’indentità (Salani 2008) i minuscoli acquerelli dipinti dal marito per essere infilati tra cellophane e cartone dei pacchetti di sigarette al fine di nascondere le scritte intimidatorie. «Queste deliziose miniature hanno tutte come soggetto i due gatti persiani di famiglia, Nina e Yorick» (Paola Capriolo).
• «Appartiene alla pattuglia, non particolarmente numerosa, di coloro che hanno fatto conoscere agli italiani la migliore letteratura russa e boema da Puškin a Mandel’štamm con belle traduzioni e saggi di grande interesse. Poi a un certo punto della sua carriera letteraria e accademica, è riuscita a unire nelle stesse opere la sua vocazione letteraria e il suo talento filologico. La sua passione per la letteratura russa e il suo talento di narratrice. Non è facile decidere, ad esempio, se Il bottone di Puškin e L’imbroglio del turbante siano saggi storici o romanzi» (Sergio Romano) [Cds 2/8/2012].