3 giugno 2012
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Biografia di Marco Vitale
• Brescia 1 agosto 1935. Economista. Manager. Vicepresidente della Banca Popolare di Milano, presidente del Consiglio di amministrazione della Zucchi ecc. «Conta moltissimi incarichi di prestigio in società quotate e no: il poltronometro (ossia il simulatore di calcolo reperibile sul sito della Consob - ndr) gli attribuisce un punteggio indicativo di 5,95, appena un pelo al di sotto della soglia massima fissata da Consob (6)» (Corriere Economia).
• Laurea in Giurisprudenza, docente alla Bocconi e all’Università di Pavia, collabora con vari quotidiani e settimanali. Tra i suoi libri: Liberare l’economia (Marsilio 1993), America punto e a capo (Scheiwiller 2002), Passaggio al futuro (Egea 2010). In passato come dirigente è stato impegnato anche nel pubblico: presidente delle Ferrovie Nord, assessore alle Attività economiche del Comune di Milano (contribuì fra l’altro all’avvio dell’Università Milano Bicocca, al raddoppio della Bocconi, alla trasformazione di Aem in spa ecc.). Nel 2008, poco prima che la scelta della sede dell’Expò 2015 cadesse su Milano, mise in guardia sul rischio di «appiattirsi su questo unico evento come la stella polare di una strategia cittadina», chiedendo «una strategia forte guidata dagli interessi pubblici e non da quelli privati dei costruttori».
• Sposato con Mimma, due figli, Luca e Nicola. Appassionato alpinista, sciatore, viaggiatore.
• «“Tra le principali cause di degenerazione del modello americano c’è anche lo squilibrio politico-sociale a favore del top management delle grandi società che ha permesso a questa nuova aristocrazia di appropriarsi di corrispettivi che non hanno più alcuna relazione con le prestazioni fornite, con i risultati raggiunti, con l’andamento reale delle aziende”. Quando l’economista Marco Vitale, per anni partner della Arthur Andersen, scriveva queste parole sul Corriere era settembre del 2002 e gli Stati Uniti erano reduci dallo scandalo Enron: il più grande crac finanziario della storia americana, almeno fino al 2008. Ma in Italia la sua era una voce ancora piuttosto isolata. E in America nessuno aveva messo sotto accusa le retribuzioni d’oro. Meno che mai aveva parlato di mettere un tetto ai superstipendi» (Sergio Rizzo) [Cds 3/4/2009].