3 giugno 2012
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Biografia di Vincenzo Visco
• (Alfonso) Foggia 18 marzo 1942. Economista. Politico. Eletto alla Camera nel 1983, 1987, 1992, 1994, 1996, 2001, 2006. Ministro delle Finanze nei governi Prodi I, D’Alema I e II (1996-2000), del Tesoro nell’Amato II (2000-2001), viceministro dell’Economia e delle Finanze nel Prodi II (2006-2008). Ordinario di Scienza delle finanze alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza. «Il mio obiettivo non è mai stato di far piangere qualcuno, ma di far sorridere tutti».
• Definito ora «l’uomo delle tasse», ora «l’alfiere della battaglia all’evasione fiscale». Per Berlusconi era «bravissimo nella repressione fiscale», per Casini aveva «metodi polizieschi che non servono a nulla». «È uno che riempie le casse ma svuota le urne» secondo D’Alema. Dalle critiche s’è difeso così: «Ho sempre cercato di ridurre le tasse. C’è questa vulgata secondo la quale io voglio aumentarle. Non è vero, io le voglio far pagare». Ha parlato di un’evasione fiscale in Italia «spudorata» e «raccapricciante»: «In un ristorante è capitato che abbiano dato la ricevuta a me, che sono vice ministro, ma non alla mia scorta. Che è poi composta da agenti della Guardia di Finanza» (a Mario Sensini nel 2007). La lotta all’evasione, di cui s’è fatto paladino, è stata una delle priorità della politica economica dei governi di centrosinistra: una politica fiscale che si può sintetizzare nel suo «pagare tutti per pagare meno», contrapposto al «pagare meno per far pagare tutti» attribuito a Giulio Tremonti e al centrodestra.
• Figlio di Sabato, funzionario della Prefettura di Roma. Laurea in Giurisprudenza, specializzazioni in Economia alla Berkeley University (California) e a York (Regno Unito), «da allievo del repubblicano Bruno Visentini era un’avanguardia dell’anticraxismo. Eugenio Scalfari lo indicò come membro di un ipotetico governo “dei capaci e degli onesti”. Ministro lo sarebbe diventato solamente nel 1993, nel gabinetto di Carlo Azeglio Ciampi. Ma il giorno medesimo la Camera negò l’autorizzazione a procedere per Craxi, e lui si dimise per volere del partito» (Mattia Feltri).
• Nuovamente nominato tre anni dopo da Prodi, a detta di molti commise l’errore di sottovalutare la propaganda, nel senso puro del termine. Francesco Merlo (nel 1996): «O parla troppo o parla troppo poco. Alla sua prima dichiarazione da ministro per esempio annunziò che avrebbe tassato “le rendite finanziarie che sono tipiche dei ceti abbienti” provocando un immediato crollo della Borsa. Gianni Rocca, pur volendogli bene, commentò su l’Unità: “I ministri del governo Prodi parlano troppo e Visco è tra questi”. E Visco replicò con una lettera piena di collera: “Considero quell’articolo una dimostrazione di quanto grave sia diventata la superficialità e l’irresponsabilità del giornalismo italiano”». Mattia Feltri: «Il 7 dicembre va alla prima della Scala. Citiamo una cronaca del 2000: “...un paio d’anni fa si aggirava solitario nel foyer, senza un solo compagno di squadra a supporto, e la gente si dava di gomito: ‘È venuto a vedere chi ha tirato fuori i due milioni e mezzo per il palco, e paragonarlo alla sua dichiarazione dei redditi’...”. Questa nomea di implacabile affamatore dei contribuenti nasce dai fatti e dalle parole. I fatti sono la tassa per l’Europa e l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive - ndr), varate sotto il suo Regno».
• Negli anni dell’opposizione al Berlusconi II e III (2001-2006) seguì col centro studi Nens (di cui era ed è tuttora l’animatore insieme a Pierluigi Bersani) «tutta la partita dei conti pubblici. Rendendosi protagonista di celebri scontri con Tremonti. Che arrivò a ribattezzare ironicamente “Nonsense” quel pensatoio economico del centrosinistra» (Sergio Rizzo).
• Tornato al governo nel 2006, il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa e il premier Prodi gli affidarono «l’incarico impossibile, recuperare quei quasi 400 miliardi di imponibile che ogni anno sfugge all’erario. Una missione per la quale è indubitabilmente l’uomo giusto, oltre che per competenza, anche per la fama di Dracula donatagli dal suo avversario più indefettibile, Giulio Tremonti, e che da sola sarebbe bastata a far correre gli evasori col 730 in mano» (Antonella Rampino). «Mettere Visco alle Finanze è come mettere Dracula alla guida dell’Avis» aveva sentenziato sarcastico il suo alter ego del centrodestra. Il 2006 alla fine fece registrare un incremento del 10,3 per cento nelle entrate (salite a 37,1 miliardi), ma lui disse che non c’erano soldi da spendere: «Sarebbe pericoloso pensare che, dato che il gettito va bene, ci mettiamo a dare soldi in giro» (confessò poi di trovare «deprimente» il termine tesoretto con cui era stato battezzato l’extra-gettito fiscale). In tema di caccia agli evasori, nei primi mesi del 2008 tenne banco sui giornali la scoperta di un nutrito gruppo di italiani (si parlò di 400) titolari di conti correnti bancari sospetti nel paradiso fiscale del Liechtenstein (con depositi da un minimo di 200 mila euro a diverse decine di milioni).
• «Visco non è quel Dracula che hanno descritto, è una persona più simpatica e sensibile di come appare. Non gli faceva certo piacere aumentare le tasse. (…) Posso assicurare che umanamente gli pesò molto la manovra del 2006. Lui fu costretto a farla» (Stefano Fassina, all’epoca braccio destro del Ministro, a Barbara Romano) [Lib 8/1/2012].
• Nel 2006 scrisse una parte del cosiddetto decreto Bersani-Visco sulle privatizzazioni che prevede tuttora, proprio per aumentare il controllo fiscale, che non si possa muovere denaro senza lasciare traccia, vietando quindi il pagamento in contanti all’idraulico o al dentista (la norma è poi stata cancellata da Tremonti).
• Durante l’ultima esperienza governativa è stato protagonista di un duro scontro col generale Roberto Speciale, comandante della Guardia di Finanza. «Prima gli ingiunse di spostare da Milano quattro ufficiali che indagavano sui traffici dell’Unipol, assicuratrice legata alle coop rosse. Poi, al rifiuto di Speciale, gli tolse il comando della Gdf. Il generale presentò querela, ma fu bocciata. Ricorse allora al Tar che dichiarò illegittima la rimozione e lo reintegrò nell’incarico» (Giancarlo Perna). Il generale però non tornò mai al suo posto: si dimise con una lettera (al presidente della Repubblica) che Palazzo Chigi giudicò «irrituale nei contenuti e nei modi» (vedi anche SPECIALE Roberto). Già nel maggio 2007, intanto, il centrodestra aveva chiesto che a Visco fosse ritirata la delega sulla Guardia di Finanza (delega alla quale rinunciò lui stesso, «temporaneamente», in giugno) e la Procura di Roma aveva aperto un’inchiesta sulla vicenda, iscrivendo in giugno il viceministro nel registro degli indagati. In settembre la stessa procura chiese l’archiviazione, con una formula che ai più apparve quanto meno dubitativa: il suo era stato infatti ritenuto un comportamento «illegittimo ma penalmente non rilevante». Pochi giorni dopo al Senato un solo voto di differenza impedì che passasse la mozione della CdL in cui si chiedevano le sue dimissioni dal governo. La vicenda giudiziaria si concluse nel marzo 2008 con il gip che dispose di «non doversi procedere a giudizio per infondatezza della notizia di reato», censurando però le sue mosse sotto il profilo della loro «oggettiva illegittimità» amministrativa.
• Nel corso dell’ultima esperienza di governo non ebbe sempre dalla sua tutti i colleghi: spesso nel mirino delle critiche di Di Pietro, in giugno dovette affrontare in più la grana di un fuorionda: Striscia la notizia colse un suo «Ci ha fregato un sacco di soldi» riferito al ministro Mastella, che si arrabbiò e chiese una smentita. Fonti del governo lasciarono intendere che Visco parlava delle risorse che il guardasigilli era riuscito a ottenere in Consiglio dei ministri.
• Pochi giorni prima che si chiudesse l’esperienza del Prodi II, la decisione di diffondere via internet i redditi degli italiani ha scatenato un pandemonio (Massimo Romano, all’epoca direttore dell’Agenzia delle Entrate, se ne è assunto la responsabilità): «Vincenzo Visco esce dalla scena politica italiana con una mossa a sorpresa che lui definisce “un fatto normalissimo di trasparenza e di democrazia”, “un semplice atto amministrativo per applicare la normativa vigente”. Eppure bastano poche ore perché quell’atto, all’apparenza così formale e innocuo, scateni una bufera politica devastante che investe il suo ministero costringendolo a una repentina marcia indietro. E rafforzando tra i suoi avversari la rappresentazione caricaturale che gli hanno sempre cucito addosso: prima Dracula assetato di tasse, ora Grande Fratello orwelliano che squaderna salari, stipendi e pensioni di tutti gli italiani, nessuno escluso, come fossero panni stesi» (Marco Ruffolo).
• Nel settembre 2006 denunciò alla Procura di Milano una presunta intrusione nei terminali dell’Anagrafe tributaria ai danni dell’allora premier Romano Prodi e di sua moglie Flavia Franzoni. Attraverso un’indagine interna scoprì l’esistenza di alcune talpe tra finanzieri e dipendenti, che avevano spiato al computer i dati della famiglia Prodi e di molti altri personaggi pubblici (Berlusconi, Dini ecc.).
• Nel 2011 bocciò, a sorpresa, l’ipotesi di patrimoniale avanzata dal Pd e dai sindacati «Ha un significato più politico che di gettito. In Francia, dopo le modifiche fatte da Sarkozy, il gettito si è addirittura ridotto. Non risolve i problemi di bilancio» (ad Alessandro Trocino) [Cds 21/11/2011.
• Convinto da sempre che il vero divario in Italia non sia fra poveri e ricchi, ma tra chi paga le tasse e chi le evade, ha accusato il quarto governo Berlusconi (2008-2011) e i successivi governi tecnici guidati da Monti (2011–2013) e da Enrico Letta (2013-2014) di aver allentato la lotta all’evasione «Ci siamo accontentati di spot e operazioni ad effetto come i blitz a Cortina o la caccia agli scontrini non stampati. Era lo spartito che bisognava suonare».
• Ha bocciato la proposta del governo Renzi di mettere il Tfr in busta paga «Si tratta di una misura di cui si discute da tempo e se finora non si è mai pensato di ricorrervi e sono state preferite altre misure un motivo ci sarà. La trasformazione di un risparmio previdenziale obbligatorio in “consumo” è più che discutibile. Da un punto di vista sistematico non conviene a nessuno. Secondo me non avrà grande successo nel senso che pochi sceglieranno di averlo in busta paga. Faranno eccezione quei lavoratori che si trovano in condizioni precarie».
• Sposato con Carla, psicanalista. Due figli, Giovanni e Gabriele: l’assunzione di quest’ultimo a Sviluppo Italia, società interamente controllata dal dicastero dell’Economia, ha suscitato nel 2008 molte polemiche, in prima fila i quotidiani Il Giornale, Il Tempo, Italia Oggi, cui ha scritto una lettera di chiarimento: «Mio figlio Gabriele è da circa dieci anni persona autonoma dalla famiglia, ha fatto una propria carriera lavorando in diverse società in Italia e all’Estero e arrivando a ricoprire ruoli da dirigente grazie alle proprie capacità. Quando l’amministratore delegato di Sviluppo Italia Domenico Arcuri, avendolo conosciuto e stimato per le sue qualità, gli ha chiesto di lasciare Telecom Italia, dove appunto era dirigente, ho personalmente sconsigliato Gabriele di accettare. Mio figlio, da uomo libero, ha ritenuto di accettare, assumendosi un rischio non indifferente e senza particolari vantaggi economici. Io posso rispondere delle mie azioni, ma questo non ha nulla a che fare con la vita e le scelte giustamente autonome dei miei familiari».
• «Si ricorda, per obbligo di cronaca, una sua piccola disavventura giudiziaria. Si deve sapere che l’unica passione di cui parla è quella per il mare. L’altra è quella per la musica classica, ma non ne parla. Appena si libera, si imbarca per Pantelleria dove possiede una villetta. Prende il sole e si tuffa in mare. A un certo punto trasformò la cisterna dell’acqua in vano abitabile, e s’è guadagnato una condanna per abuso edilizio. Così compare nei siti malvissuti in cui si elencano i pregiudicati del Parlamento» (Mattia Feltri).
• Nel marzo del 2014 è stato aggredito nei pressi di Piazza di Novella a Roma da un uomo che dopo averlo accusato di essere “il servo delle banche che ha svenduto l’Italia” gli ha messo le mani al collo.
• Si tiene in esercizio col metodo Pilates.