3 giugno 2012
Tags : Paolo Virzì
Biografia di Paolo Virzì
• Livorno 4 marzo 1964. Regista. Tra i suoi film: La bella vita (1994, David di Donatello e Nastro d’argento miglior regista esordiente), Ferie d’agosto (1995), Ovosodo (1997), Caterina va in città (2003), Tutta la vita davanti (2008, Nastro d’argento e quattro Ciak d’oro), La prima cosa bella (2010, tre David di Donatello, quattro Nastri d’argento, due Ciak d’oro e un Globo d’oro), Il capitale umano (2014, sette David di Donatello, sei Nastri d’argento, un Globo d’oro e quattro Ciak d’oro). È uno degli autori della serie I liceali, prodotta da Taodue. È regista di alcuni spot di successo con protagonisti Fiorello e Mike Bongiorno. «Credo di essere l’unico regista italiano che ha lavorato in fabbrica. Bè, quando facevo il liceo classico, d’estate, per mantenermi».
• Figlio di Francesco, carabiniere siciliano, e di Franca Antongiovanni, ex cantante di musica leggera che si esibiva in coppia con Teddy Reno negli anni Cinquanta: «Mio padre era un conservatore, mamma invece di famiglia socialista, comunista, un po’ stalinista, la nonna materna era un’ebrea di Praga. Sono cresciuto contestando mio padre, con cui ci prendevamo a seggiolate mentre mi urlava “sono un servitore dello Stato, un apolitico!”, e ascoltando i discorsi dei vecchi al bar della Federazione Anarchici, dove noi ginnasiali capelloni venivamo conquistati dalle canzoni di Fabrizio De Andrè e dalle storie di zio Aldo Rosner, operaio in cantiere».
• «Mia mamma, come tutte le mamme, voleva che io facessi il dottore. Io volevo fare mille cose come tutti i ragazzi. Volevo fare la rivoluzione. Volevo andare sulle Ande. Volevo fare il veterinario. Il maestro elementare. Sicuramente non volevo fare il cinema» (a Daria Bignardi). A 21 anni è a Roma dove vince il concorso per il Centro sperimentale di cinematografia: «I suoi maestri sono Gianni Amelio per la regia, Furio Scarpelli e Suso Cecchi d’Amico per la sceneggiatura. I film più amati, I compagni di Mario Monicelli e La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. A metà degli anni Ottanta, il cinema italiano entra nella sua prima, grande crisi: sono gli anni del riflusso, l’impegno è fuori moda, i kolossal americani conquistano anche gli spettatori che un tempo andavano nelle cantine e al cineforum. Il militante Virzì vota Pci, Pds, chiacchiera volentieri con Achille e Aureliana Occhetto, vota sì alla svolta della Bolognina, ascolta a cena da amici Massimo D’Alema, “che nel privato è divertentissimo, molto simpatico” ma con la macchina da presa vuole restare neutrale, anzi. Costruisce i suoi grandi successi sulle contraddizioni e i vizi dei suoi simili, dei suoi compagni, prima con La bella vita e Ferie d’agosto, fino a Caterina va in città, piccolo capolavoro sulla confusione sociale e su certe diffuse ipocrisie delle sinistre romane» (Barbara Palombelli).
• Nel 2006 qualche polemica all’uscita di N - Io e Napoleone per due sberleffi a Berlusconi e i riferimenti che ne fece durante la presentazione: «Gigioneggia su Napoleone che promette un nuovo “miracolo elbano” e fa dire a un personaggio “Maestà mi consenta”. Una strizzatina d’occhio che fa ripiombare il cinema italiano nelle angustie della provincia piccola piccola» (Pierluigi Battista). Ernesto Ferrero, l’autore del romanzo da cui è tratto il film, parlò di piccola imprudenza in una lettera al Riformista dal titolo “Caro Virzì, non c’era bisogno di scomodare Berlusconi”.
• Nel 2014 all’uscita di Il capitale umano è di nuovo polemica. La rappresentazione cinematografica della Brianza fa infuriare alcuni assessori comaschi e gli esponenti leghisti di Monza, che accusano il regista di aver dato un’immagine stereotipata della zona «Vedo che il regista Paolo Virzì è un po’ confuso. Dicono che il suo film Il capitale umano non sia male, anzi sia perfin bello, sicuramente assai meglio della presentazione che il regista gli ha voluto appioppare fidandosi più della sua ideologia che della sua capacità artistica. Che ci volete fare? È fin troppo facile bombardare la Brianza come territorio nemico, odiato feudo berlusconiano, succube del principato di Arcore, metafora del degrado culturale e dell’aridità di sentimenti» (Mario Giordano) [Lib 9/1/2014].
«Cercavo un posto che restituisse una bellezza inquietante, l’ho trovato, ho girato. Como non è davvero Como, la Brianza ovviamente non è la Brianza e il campanile in questa pseudo tavola rotonda non c’entra niente. Ho preso ispirazione dal luogo, nulla di più, come del resto mi è capitato di fare spesso proprio nel posto in cui sono cresciuto, Livorno» (a Malcom Pagani) [Fat 9/1/2014].
• Pensa che il desiderio più diffuso sia disporre di un palcoscenico «Perché solo Buffon e la D’Amico possono essere fotografati in costume da bagno su uno scafo? È giusto che anche il commercialista di Ancona o il concessionario d’auto di Ladispoli abbiano il loro momento di celebrità. È la regola dell’esclusivo di massa, amplificata dal web: tutti vogliono diventare vip, anche sparando autoscatti su facebook o su twitter» (a Simonetta Fiori) [Rep 5/9/2014].
• Il suo sogno è una sala traboccante di persone di tutte le età che seguono il film commentando anche un po’ rumorosamente: «Perché le storie narrate al cinema, oltre ad essere un piacevole passatempo a buon mercato, aiutano a capire se stessi, gli altri e magari a vivere un po’ meglio» (a Irene Maria Scalise) [Rep 7/2/2010].
• «Un regista che in vent’anni ha saputo raccontare con ironia e tenerezza l’evoluzione della società italiana, forse il vero Monicelli, Risi, Steno, capace di infilare in ogni storia un elemento autobiografico che la rende più vera, più vicina al pubblico» (Federica Lamberti Zanardi) [Ven 13/12/2013].
• Sostenitore del Pd, il suo nome circolò come possibile candidato nelle liste del partito di Veltroni: «Non mi candido, fossi matto!», è stata la sua risposta.
• Tifa per il Livorno. Ha chiamato la sua società “Motorino Amaranto”: «Era il soprannome di Magnozzi, un mito del calcio livornese. Amaranto, il colore della mia città disgraziata».
• «Noi livornesi siamo come i sioux. Un attaccamento alle radici folle, commovente. La verità è che non c’è nessun motivo di essere così entusiasti di essere livornesi. Ho cominciato ad amare quel posto di merda solo al momento in cui sono andato via sbattendo la porta».
• Sposato con l’attrice Micaela Ramazzotti, dalla quale ha avuto i figli Jacopo e Anna. È separato dall’attrice Paola Tiziana Cruciani, conosciuta durante gli studi al Centro sperimentale, da cui ha avuto la prima figlia Ottavia.
• «Mi piace la terrazza di Jep Gambardella, ma sempre tenendomene un po’ fuori. Forse perché voglio continuare a sfotticchiare » (a Fiori cit.).