3 giugno 2012
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Biografia di Piero Luigi Vigna
• Borgo San Lorenzo (Firenze) 1 agosto 1933. Magistrato. Dal 1996 al 2005 fu superprocuratore antimafia. «Ho sempre detto che il magistrato deve fare solo il magistrato. Niente politica, nessun incarico extragiudiziale».
• «Uno dei simboli della magistratura italiana degli ultimi decenni. Quasi sempre dalla parte della pubblica accusa, e quasi sempre a Firenze dove è stato prima sostituto procuratore, poi procuratore aggiunto e infine procuratore. Qui, alla fine degli anni Settanta, ha cominciato a occuparsi di terrorismo, e insieme agli inquirenti di altre città avviò una collaborazione giudiziaria spontanea per coordinare le varie indagini. Seguendo quell’esempio nacque a Palermo il pool di Falcone e Borsellino che mise in piedi il maxiprocesso. Erano gli anni Ottanta e Vigna, sempre da Firenze, aveva già incontrato la mafia. Accadde nell’inchiesta sulla strage del 23 dicembre 1984, la bomba sul rapido 904 che uccise 15 persone e ne ferì 300. Vigna condusse un’inchiesta che portò all’accertamento delle responsabilità di Cosa nostra in quell’attentato, mentre proseguiva le indagini sul “mostro” che uccideva le coppiette sulle colline intorno a Firenze: imboccò la pista che portò a Pietro Pacciani, morto dopo alterne sentenze e prima che arrivasse un giudizio definitivo. E con l’attentato del 27 maggio 1993 in via dei Georgofili, a Firenze, 5 morti e 41 feriti, Piero Luigi Vigna tornò a incrociare Cosa nostra, fino a ottenere le condanne di esecutori e mandanti. Tre anni dopo, nel 1996, all’uscita da un interrogatorio del boss Giovanni Brusca che aveva cominciato a pentirsi chiarì qualcosa di ciò che il capomafia stava dicendo. Per quell’intervista finì sotto procedimento disciplinare e il Csm “condannò” Vigna con un ammonimento. Ma il magistrato – nel frattempo nominato superprocuratore antimafia – non si arrese, fece ricorso e lo vinse, lasciando intonsa la sua fedina disciplinare» (Giovanni Bianconi).
• Famosa la sua linea dura nel sequestro Belardinelli (1989). «Durante la sua carriera, si era costruito una consolidata fama di esperto di sequestri, ha affrontato una quindicina di casi negli anni bui dell’Anonima. Più o meno anomali, ma se li è visti tutti. Alla procura di Firenze ricordano ancora gli urlacci liberatori di Vigna quando, sempre di notte, arrivava la notizia della liberazione dell’ostaggio» (Marco Imarisio).
• «Quando c’era un omicidio, o peggio una strage, pur con tutto il dolore, ma oserei dire che era meglio. Quel che doveva succedere era purtroppo già successo. Il sequestro invece è un reato permanente che prosegue nel tempo, si aggrava con esso, e tu che devi risolvere il caso te ne senti responsabile. Tremendo».
• Contrario agli scioperi dei magistrati: nel 2007, quando i suoi colleghi proclamarono un’agitazione, ricordò ciò che aveva sentito dire, più giovane, da Saragat: «“I magistrati non possono fare sciopero, sono un organo costituzionale”. E io sono ancora d’ accordo con lui: sarebbe come se decidesse di scioperare il Consiglio dei ministri.
• Nel 2007 garante regionale del Partito democratico per la Toscana «in quota prodiana: “Mi hanno cercato e ho accettato: avrò una funzione di garanzia, non è incompatibile con quel che ho fatto in precedenza”» (la Repubblica).
• Nel 2008 si è pronunciato in favore della tramvia Giotto: «Credo nella tramvia come strumento per rendere la città un po’ più linda di quella che è oggi, ma anche per educare i fiorentini a lasciare a casa l’inseparabile auto».
• «L’unica volta che sono stato allo stadio fu trent’anni fa. A Firenze, in curva Fiesole. Credevo di tifare Fiorentina e invece incitavo la squadra avversaria. Manco sapevo il colore delle maglie».
• Sposato, due figli.