3 giugno 2012
Tags : Francesco Vezzoli
Biografia di Francesco Vezzoli
• Brescia 1 settembre 1971. Artista.
• «Penso che il ricamo abbia a che vedere col dolore, con l’isolamento, con la solitudine, come per esempio le mie lacrime ricamate sui ritratti di Hillary Clinton e Barbara Bush».
• Appena trentenne, è diventato uno degli artisti più quotati al mondo con video che lo ritraggono mentre ricama a mano quadri che hanno per soggetto i biglietti da visita delle prostitute, i ritratti di Jeff Striker (attore porno gay degli anni Novanta), i dipinti di Blinky Palermo «il massimo dell’astrattismo tedesco». «Ha preso la cultura pop, l’ha mischiata a una buona dose di narcisismo e ha trasformato tutto in arte. Nessuno gli resiste: da Prada a Cate Blanchett. Bello e ribelle» (Panorama).
• Ha coinvolto nelle sue performance anche Sharon Stone, Anita Ekberg, Barbara Bouchet. E poi John Maybury, Carlo di Palma e Lina Wertmüller come registi. Ha fatto cantare a Iva Zanicchi La riva bianca e la riva nera mentre lui ricamava a piccolo punto uno dei suoi quadretti. «Ha sempre destabilizzato critici e pubblico per il collage di riferimenti alti bassi, per i bruschi passaggi fra glamour e kitsch, per quella capacità che molti gli invidiano di convincere star d’altri tempi, da Helmut Berger a Valentina Cortese, a partecipare ai suoi video e quelle citazioni che molti contestano di mostri sacri del nostro cinema, da Visconti a Rossellini. Destabilizza questo uso disinvolto e predatorio della storia recente a cui lui si rifiuta di attribuire un’eccessiva interpretazione teorica: “Sono icone del mio immaginario, appartengono al mio inconscio e forse non solo al mio, ma non pretendo con questo di rileggere la storia del Novecento. Non sono un teorico, sono un artista, lavoro con dei materiali, produco delle immagini”» (Alessandra Mammì).
• Ha cominciato a ricamare negli anni Novanta quando studiava a Londra, alla Saint Martin’s School of Art. «Dalle cabine telefoniche prendevo i biglietti da visita delle prostitute, li riproducevo sulla tela e ricamavo a piccolo punto. Era un gesto concettuale, un’esplorazione del linguaggio» (a Paolo Vagheggi).
• Nel 2007 ha radunato al Guggenheim di New York i dieci attori più famosi d’America, tutti a recitare per lui, da Uma Thurman a Brooke Shields, da Lucy Liu a Laurie Anderson. «Nessuno si sentiva a proprio agio. Eccetto Anita Ekberg che, seduta sul divano di Dalì a forma di labbra, guardava, si sventolava e ogni tanto si addormentava. Qualcuno le ha chiesto: “Lei che parte ha?”. “La parte più difficile”, ha risposto. Per me è geniale come risposta» (a Fabrizio Sclavi). (a cura di Lauretta Colonnelli).
• Nel 2011, la sua rassega Sacrilegi, da Gagosian, a Londra, includeva immagini di Madonne in lacrime con sovraimposto il volto di top model, tra cui Cindy Crawford.
• «Ascetico nell’aspetto ma tenace nel carattere, è sempre riuscito in imprese che ai più paiono impossibili: utilizzare nei propri lavori (video, film, performance...) divi di Hollywood e grandi intellettuali (gratis, sembra). Pare che riesca a convincerli proprio con il fascino dell’arte, la possibilità di diventare davvero immortali perché parte di un’opera da museo. Ha cominciato verso la fine degli anni ’90 con una trilogia video incentrata sul ricamo, altra sua passione insieme al cinema, coinvolgendo attrici italiane di un’altra epoca, da Franca Valeri a Valentina Cortese. Ha convinto Marisa Berenson a calarsi nei panni di Edith Piaf e l’ex modella Verushka a presentarsi come un tableau vivant sotto i riflettori della Biennale di Venezia. Poi lo sbarco in America, il trailer di un ipotetico remake di Caligola, con tanto di orgia multisex, il format tv ispirato a Comizi d’amore di Pasolini, il kolossal sulla campagna elettorale americana fatto interpretare da Sharon Stone e Bernard Henry Levy. È riuscito a spogliare Eva Mendez e a convincere Roman Polanski a dirigere un breve spot per un profumo, ispirato a La belle Heleine di Marcel Duchamp. Come riesca a ottenere tutti questi favori è un mistero. Si favoleggia di hotel a 7 stelle, di mazzi di rose e di ogni genere di conforto. Certo, contano le sue amicizie importanti, a cominciare da Miuccia Prada che lo adora e lo foraggia nelle imprese più costose» (Luca Beatrice) [Grn 29/11/2013].
• «Tutto è cominciato quando avevo quattro, forse cinque anni. Mi ricordo i miei genitori andare in edicola, comprare montagne di quotidiani. L’Unità, Il manifesto, La Repubblica. Io invece ero ammaliato dalle copertine di Tv Sorrisi e Canzoni, da quei colori, dalle facce. Loro ascoltavano il jazz concettuale di Keith Jarrett, io andavo pazzo per le canzonette di Viola Valentino. I miei, i loro amici, mi prendevano in giro. Ma oggi è chiaro che avevo ragione io e che quella generazione ha perso: i loro ideali, gli idoli, il pensiero non hanno portato al mondo che avrebbero voluto» (Francesca Giuliani) [Rep 6/10/2013].
• Da ragazzino aveva il mito di Renato Zero («perdere un suo concerto per andare al mare a Riccione con la nonna e le sue amiche è stato un dramma della mia adolescenza»).
• Nel novembre 2013, come seconda fase di un trittico di mostre, Trinity, pensò di smontare il rudere di una chiesa privata e sconsacrata di Montegiordano, un paesino della Calabria, e di ricostruirlo pezzo per pezzo al MoMA PS1 di New York. Ma fu bloccato al porto di Gioia Tauro dalla Soprintendenza ai beni architettonici della Calabria, che avviò la procedura di sequestro preventivo e inviò un avviso di garanzia nei confronti di Vezzoli per esportazione illegale di opere d’arte: «Ho scelto un rudere di una ex chiesa non vincolata, sconsacrata, pericolante e dimenticata da tutti, per farla rivivere in un’opera contemporanea che voleva essere una riflessione sull’odierno concetto di religiosità in uno dei più prestigiosi musei al mondo. Improvvisamente, la Soprintendenza, che già conosceva il rudere, ha deciso, a demolizione terminata, di iniziare una procedura di vincolo, bloccando tutto. Indipendentemente dall’esito della procedura, i soli tempi della stessa rendono incompatibile l’uso del rudere per il mio progetto a New York, che sto quindi modificando» (al Giornale).