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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Umberto Veronesi

• Milano 28 novembre 1925 - Milano 8 novembre 2016. Medico. «Con gli statunitensi Fisher, Hagensen e Halsted uno dei quattro più grandi chirurghi oncologi del secolo» (La Stampa). Padre della “quadrantectomia”, tecnica conservativa per i tumori al seno che prevede la rimozione di un solo quadrante della mammella. «Tra due generazioni sarò come la macchina a vapore. Nessuno si ricorderà di me, di ciò che ho fatto nella lunga stagione che ha caratterizzato la rivoluzione dell’oncologia».
• Laureato in Medicina nel 1951, da subito all’Istituto nazionale tumori di Milano, dal 1976 al 1994 ne fu direttore scientifico. Dal maggio 1994 al settembre 2014 è stato direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo): «Il rapporto sarebbe terminato a fine 2016. Ho solo anticipato il via libera alla successione che io, da direttore scientifico emerito, osserverò e aiuterò con la mia esperienza». Lo stesso incarico lo aveva lasciato temporaneamente dal 26 aprile 2000 al 30 giugno 2001, quando fu ministro della Sanità (Amato II). Fondatore e primo presidente della European School of Oncology e dell’European Society of Mastology. Presidente del Comitato scientifico Lega italiana per la lotta contro i tumori. Autore di centinaia di lavori scientifici, svariate lauree honoris causa. Nel 2008 fu eletto al Senato col Pd.
• «Ero stato un pessimo studente liceale. Bocciato ben due volte. Non mi piaceva stare sui libri. Preferivo la campagna: sentirmi libero nella natura» (ad Antonio Gnoli) [Rep 22/6/2014].
• «Pensava di fare lo psichiatra ma si è laureato con lode a 25 anni con una tesi sulla terapia medica dei tumori. Leggenda vuole che abbia scelto l’oncologia perché l’Istituto dei tumori era a due passi dalla cascina in cui era nato. Orfano di padre (benestante fittavolo e socialista) a sei anni, quinto di sei fratelli, è stato allevato dalla madre Erminia, cattolica di forte temperamento che tanti oncologi hanno conosciuto. Gioviale, casa aperta agli ospiti (un appartamento enorme a Milano in via Palestro con vista sul parco e dipinti del Quattrocento alle pareti), residenza al mare sull’Argentario e villa di campagna in provincia di Lucca, il professore va fiero delle sue origini contadine anche se ha l’aplomb del gentiluomo. All’Istituto nazionale dei tumori, dopo esperienze all’estero, segue l’insegnamento di Pietro Bucalossi, luminare impegnato in politica, sindaco di Milano negli anni Sessanta, socialista passato al Partito repubblicano. Quando nel 1973 Bucalossi viene nominato ministro della Ricerca scientifica, Veronesi ha la meglio su Giuseppe Della Porta e assume la direzione scientifica dell’Istituto. Della Porta rimarrà però all’Istituto: uomo pignolo, ottimo organizzatore, si assumerà tutti i fastidi burocratici. “Sua Sanità” è abile a motivare i collaboratori e ottenere il meglio da loro. È il dominus delle promozioni. Non c’è consiglio di amministrazione che possa contrastarlo. Il professore è un uomo di potere. “Pugno di ferro in guanto di velluto” osserva Nuccio Abbondanza, presidente dall’82 al 1994 dell’Istituto dei tumori. Il professore è anche drastico nelle sue decisioni. Così almeno sosteneva il distinto Bucalossi che, chiusa la parentesi ministeriale, si sentì estromesso dall’Istituto. Veronesi è un laico, convinto che siano “stati gli uomini a creare Dio più che Dio a creare l’uomo”. È un sostenitore della legalizzazione delle droghe leggere. È favorevole, ma con riserva, all’eutanasia, anche se afferma di non averla mai praticata. È un grande ottimista, anche in campo scientifico» (Marcella Andreoli).
• «Il futuro è il Centro europeo di ricerca biomedica (Cerba) che sorgerà su 310 mila metri quadri di terreni del Parco Sud, proprietà di Salvatore Ligresti. Una cittadella scientifica di ricerca e cura. Autore del progetto Renzo Piano, grande amico di Veronesi e suo sostenitore nella candidatura a Palazzo Marino del 2005» (Gianni Santucci). Futuro, tuttavia, che stenta a prender forma: «Il Cerba è un Giano Bifronte: da una parte è una grande idea scientifica che onora Milano; dall’altra è il nome di una grande operazione immobiliare che usa il centro di ricerca come cavallo di Troia per piazzare l’ennesima dose di cemento ai bordi della città. A questo peccato originale, si è aggiunto il fallimento di Salvatore Ligresti, che era il proprietario delle aree su cui il Cerba era stato progettato. Risultato: una guerra senza quartiere, con scontri ferocissimi e una quantità di protagonisti eccellenti coinvolti nella partita» (Gianni Barbacetto) [Fat 25/1/2014].
• È stato uno degli uomini simbolo di Milano. Tognoli fu il primo a proporgli di fare il sindaco, nel 1985. La seconda chiamata, dal centrosinistra, gli arrivò appunto vent’anni dopo. Avrebbe dovuto sfidare Letizia Moratti: ci pensò per alcune settimane, fu criticato dalla sinistra radicale per aver elogiato Albertini e Formigoni e rinunciò. «Corteggiato in passato da Berlusconi, negli anni Ottanta Veronesi è stato vicino al Psi e grande amico di Craxi, che per due volte cercò (senza successo) di averlo come ministro. Ha accettato il dicastero anni più tardi, nel governo Amato».
• «Non si può criticare la politica senza dare niente. Ho fatto il ministro e il senatore per una legislatura: non è stato facile per me perché le logiche di partito sono molto conformiste. Ci si deve adeguare alle indicazioni del segretario e io non l’ho fatto: ho mantenuto sempre la mia indipendenza» (a Franca Porciani) [Sette 7/3/2014].
• «Mai visto Renzi in vita mia. Mi pare giovanilmente spregiudicato. Ma un po’ di spregiudicatezza giovanile in questa Italia ci vuole» (ad Aldo Cazzullo) [Cds 6/9/2014].
• «Parliamoci chiaro, come ministro non ho fatto un granché. Sì, ho avviato il progetto dell’ospedale ideale, perché non si può più andare avanti con stanze da dodici letti e un solo gabinetto in fondo al corridoio, coi parenti ammessi un’ora al giorno neanche fosse l’ora d’aria. Poi ho obbligato i medici a studiare sempre, con i cinquanta punti all’anno di credito formativo. E ho dato più fondi alla ricerca, tutto qui» (da un’intervista di Massimo Gramellini). Per l’ospedale ideale chiese (anche allora) a Piano di tracciarne le linee, il modello cui ispirarsi: l’architetto, d’accordo con lui, presentò una sorta di decalogo (edificio da far sorgere in periferia, immerso nel verde, con non più di 400 posti letto, due blocchi, uno per gli interventi l’altro per la convalescenza ecc.). Nel 2007-2008 i primi risultati, a Mestre e a Gubbio.
• «Io non penso di essere stato un uomo di successo, perché quando ero neolaureato e ho messo per la prima volta piede all’Istituto dei Tumori, contavo, avendo davanti una vita intera, di riuscire a vincere il cancro. Invece il cancro non è sconfitto».
• «Dormo poco, tre, al massimo quattro ore per notte, e quindi riesco a creare piccoli spazi per i due settori che mi affascinano di più: poesia e teologia. Sono un accanito lettore di poesie e confesso di scriverne di tanto in tanto anch’io, poi però le faccio sparire nei cassetti. Della teologia sono sempre stato un grande cultore».
• Poesia: «Preferisco leggere Emily Dickinson, Anna Achmatova, Marina Cvetaeva» (a Silvia Nucini) [Vty 28/8/2013].
• Sulla religione: «Sulla sua scrivania campeggia la Bibbia. Conosce a menadito l’Antico Testamento, i Vangeli, gli Atti degli Apostoli e le Lettere di Paolo. E anche le sure del Corano. I principi del confucianesimo e del brahmanesimo. Del taoismo e dell’induismo. “Sono un non credente. Ma conoscere la storia delle religioni è una chiave cruciale per entrare nel cuore di quei Paesi e degli uomini che li abitano”» (a Edoardo Rosati) [Ogg 29/10/2014].
• «Ho avuto una vita avventurosa: sono saltato su una mina quando ero partigiano e ho anche rischiato di essere messo al muro dai fascisti. Ne sono uscito vaccinato e ottimista: sopravvivere alla guerra mi ha dato quasi una specie di certezza di invulnerabilità».
• Sostenitore degli Ogm (polemica con Beppe Grillo), del libero utilizzo delle cellule staminali (polemica con Giuliano Ferrara), dell’energia nucleare (polemica con Carlo Rubbia), dell’antiproibizionismo (polemica con don Benzi). In particolare fece molto rumore (e suscitò indignazione) una puntata di Annozero del maggio 2008 in cui vennero trasmessi spezzoni di un comizio di Grillo che lo insultava definendolo una società per azioni e ribattezzandolo Cancronesi.
• «La cultura deve sempre accompagnare il progresso della scienza perché i suoi risultati non appaiano lontani dal fine ultimo della ricerca scientifica, che è il miglioramento della qualità di vita dell’uomo. Se questo fine è ben chiaro, appare assurdo opporsi per principio all’applicazione della genetica in agricoltura e sembra invece ragionevole studiare, per ogni prodotto cosiddetto Ogm, il rapporto rischio-beneficio» [Rep 6/10/2014].
• «Io auspico una società in cui tutti i giovani siano laureati. Non importa poi che lavoro si faccia: la laurea non deve essere un titolo professionale, ma culturale» (a Nucini, cit.).
• Nel 2007 è uscito il libro Essere laico (Bompiani, con Alain Elkann): «Ateo è un termine che non amo, perché vuol dire senza Dio e io non posso dire di negare l’esistenza di Dio, non avendo le prove per negarla. Direi piuttosto che sono un agnostico. Per me significa vivere serenamente, perché si conquista una coscienza, una consapevolezza, una certezza che siamo semplicemente animali molto evoluti con un cervello straordinariamente sviluppato. È anche una forma di umiltà: non siamo scelti da Dio, non siamo eletti da Dio. Dio non ha le nostre forme, come invece la Bibbia ci vuol far credere». Sullo stesso argomento l’ultimo libro, Il mestiere di uomo (Einaudi 2014).
• «Non siamo burattini nelle mani di una volontà superiore. Ognuno deve costruire la propria esistenza e responsabilizzarsi. Non è concepibile affermare: “Non posso farci nulla, Dio l’ha voluto!”. Noi siamo chiamati a rispondere dei nostri atti. Dobbiamo decidere il nostro progetto di vita. E, sì, anche di morte. Io sono a favore del diritto di morire» (a Rosati, cit.).
• «Quando un luminare bon vivant come Umberto Veronesi, con i suoi lunghi anni portati alla grande come uno Sean Connery dell’oncologia, ti spiega che tutti potremo campare cent’anni cibandoci di pura scienza e poi, quando saremo stanchi di quella gran puttana che è la vita, un beverone e via, viva “il fondamentale diritto di morire”, il dubbio può anche venirti. E se avesse ragione lui? Invece di finire, per colpa di questa inestirpabile tigna di credere nell’Aldilà, come tanti vegetali curati dalle suore?» (Maurizio Crippa) [Fog 18/5/2013].
• Nel 2013 ha pubblicato con Giovanni Reale Responsabilità della vita. Un confronto fra un credente e un non credente (Bompiani): «Un buon esempio di tentativo di dialogo tra esponenti di correnti etiche diverse alla ricerca di confronto schietto, lontano dalle logiche propagandistiche e populiste che spesso interessano il dibattito pubblico italiano su questi temi» (Silvia Salardi) [www.recensionifilosofiche.info 22/7/2013]. «Il medico e il filosofo un tempo erano la medesima persona, in questo libro ritornano in mille occasioni a esserlo» (Armando Torno) [Cds 13/5/2013].
• Sposato con Susanna (Sultana) Razon. Sette figli, sei dalla moglie, uno dalla relazione con l’oncologa Emanuela Properzi; tra i figli Alberto, direttore d’orchestra. «Mi sono innamorato tre volte. Da molti anni non mi succede più. L’innamoramento è una forma patologica dell’amore, un sentimento egoista e possessivo. Amare davvero una persona, invece, significa semplicemente volere il suo bene. Chi predica la fedeltà rinuncia alla sua capacità critica. L’infedeltà, lo dico in senso filosofico, non può essere demonizzata. Una coppia che si ama firma un patto sentimentale e umano, stipula un accordo tra le parti. Chi lo rompe è sleale, non infedele. Ed è peggio. Per la slealtà non esiste perdono» (da un’intervista di Dario Cresto-Dina). «Le è mai accaduto di chiedere perdono? “A volte sì. Ho chiesto perdono a mia moglie Susy per un figlio avuto fuori dal matrimonio, che ho poi riconosciuto. È la vita: con le sue deviazioni, i ripensamenti, le confessioni. E qualche senso di colpa”» (a Gnoli, cit.).
• «La passione per le donne ha alimentato parecchi pettegolezzi su di lei, che passa per un Don Giovanni. “Per carità Don Giovanni mai, Casanova se proprio dev’essere. Don Giovanni umiliava le donne, Casanova cercava di amarle tutte, di dare a ciascuna qualcosa di sé. Comunque sono solo dicerie. È vero che ho avuto molte donne prima del matrimonio, alcune avventure dopo e un figlio fuori del matrimonio. Ma anche in questo caso ho avuto prova della grandezza delle donne, perché mia moglie ama questo mio figlio come gli altri avuti da lei, e ha buoni rapporti con sua madre. Le donne sono capaci di ‘amore insensato’, di amare oltre ogni ragionevolezza, cosa che gli uomini raramente sanno fare”» (a Luigi Ripamonti) [Cds 30/12/2012].
• «L’amore ha tantissime forme, è universale. Parlo dell’amore vero. Poi c’è l’amore della Chiesa, quello che devi fare l’amore solo per riprodurti. E io, con sette figli, un po’ ho seguito anche quello» (a Nucini, cit.).
• Appassionato di canottaggio: «Sono arrivato secondo ai campionati italiani: due con. Primi anni Cinquanta. Vengo da una famiglia di canottieri. Io ero il più piccolo di cinque maschi, poi è arrivata una bambina. I miei tre fratelli Pino, Antonio e Guido sono stati campioni universitari. E Marco, il mio secondogenito, è stato campione universitario di canoa».
• «In famiglia siamo contro il tifo per principio. È irrazionale, una debolezza. Spesso non è neanche amore per la propria squadra, ma occasione per campanilismo e nazionalismo. Un ritorno al Medio Evo. Tribù contro tribù» (da un’intervista di Enrica Speroni).
• Vegetariano.
• «Le spiace se dico che è vecchio? “Ma no, si figuri. Non bisogna avere alcuna vergogna delle parole. Ci sono termini più soft: anziano. Anche longevo è bello. Però la sostanza è la stessa, vecchio mi va benissimo”» (a Nucini, cit.).