3 giugno 2012
Tags : Carlo Verdone
Biografia di Carlo Verdone
• Roma 17 novembre 1950. Attore. Regista.
• Vita Figlio dello storico del cinema Mario (1917-2009), che si ritrovò come professore all’università: «Mi dava del lei. Tutti ridevano alle mie spalle. Sapeva che ero preparato su Bergman, mi chiese tutto su Pabst. Feci scena muta. “Si ripresenti alla prossima occasione” mi fece. Una figura di merda. Era un uomo sorprendente, mio padre. Mi entrò definitivamente nel cuore la sera che mi portò a vedere i Beatles a Roma, nonostante la bocciatura in quarto ginnasio. Stavo sulle palle alla professoressa di matematica».
• A recitare lo convinse la madre Rossana: «In tre parole: “Carlo, non fare il fregnone! Vai a recitare! Un giorno mi ringrazierai”» (Malcom Pagani) [Fat 2/3/2014].
• «Le prime cose le ho fatte con mio fratello Luca nel teatro dell’Università. Poi, più o meno nel 1972, ho continuato in una cantina nei pressi di piazza Cavour dove faceva un freddo cane, c’erano al massimo 5 o 6 gradi, così gli attori si ammalavano uno dopo l’altro, e a me toccava sostituirli, interpretando tutti i ruoli».
• L’uomo che lo scoprì, istruì e lanciò fu Sergio Leone: «Aveva visto le mie macchiette a No stop. “M’hai fatto rìde” mi disse in puro romanesco. Andai a trovarlo a casa sua all’Eur, gli sottoposi un soggettino che avevo scritto assieme a Marco Risi. Lo lesse: “Ma che cazzo hai scritto?” fu il suo commento. E cominciò a telefonare a tutti gli sceneggiatori italiani combinando, lì su due piedi, un film fatto su misura per me. Il risultato fu Un sacco bello. Io avevo visto Per qualche dollaro in più quattro o cinque volte. Era il mio preferito. Quando glielo dicevo, mi rispondeva: “Ciài propio er gusto dei burini”. Mi dava del burino perché sosteneva che, con un genitore toscano, non potevo definirmi romano de Roma. Metteva molta soggezione. Era esigente e terribile. M’ha pure menato... Sul set di Un sacco bello, la scena della telefonata, quando io telefono a mia madre a Ladispoli, e nella stanza accanto c’è la ragazza spagnola, Marisol, che fa all’amore col suo ragazzo. Lui voleva che facessi quella scena sudato e ansimante, e mi ordinò: fatti due giri del palazzo di corsa, e poi giriamo. Io pensai, mica sono matto: mi feci spruzzare di sudore finto, simulai il fiatone, e cominciammo a girare. Lui se ne accorse, diede lo stop (e non gli spettava, ero io il regista), mi si avvicinò, mi diede un ceffone terrificante e poi disse: “A stronzo, vatte a fa’ er giro der palazzo, poi giriamo”... La sera prima di iniziare Un sacco bello io non riuscivo a dormire, avevo una paura fottuta. Stavo in camera mia e verso le 11 viene mia madre e mi fa: “C’è Leone per te”. Entra e mi dice: “Mettete i calzoni e la majetta, famose du’ passi: tanto tu stasera non dormi”. Passeggiammo un paio d’ore fra Ponte Sisto e l’Isola Tiberina, e mi diede un sacco di consigli. La mattina dopo mi venne a prendere lui in auto, mi portò alla Dear e il primo giorno mi fece da aiuto. E quale aiuto!».
• «Dopo Non stop in tv – era il 1978 – cominciai a fare un po’ di serate a teatro. Un giorno andai in banca e scoprii che avevo abbastanza da comprarmi una Fiat 127 base. Mi sentivo un piccolo signore. Anche se, poi, dal benzinaio, non riuscivo mai a permettermi più di un quarto del serbatoio» (Enrica Brocardo) [Vty 29/1/2014].
• Tra i suoi film dopo l’esordio del 1980: Bianco, Rosso e Verdone (1980), Borotalco (1982, David di Donatello come miglior protagonista), In viaggio con papà (1982, con Alberto Sordi), Acqua e sapone (1983), Io e mia sorella (1987, David sceneggiatura), Compagni di scuola (1988), Stasera a casa di Alice (1990), Maledetto il giorno che t’ho incontrato (1992, David protagonista e sceneggiatura), Perdiamoci di vista (1994, David regia), Viaggi di nozze (1995), Gallo cedrone (1998), L’amore è eterno finché dura (2004), Il mio miglior nemico (2006, con Silvio Muccino).
• Nel 2008 ha avuto successo con Grande, grosso &... Verdone, film diviso in tre storie che ripropongono i migliori personaggi della sua galleria: l’ingenuo boyscout, il pignolo logorroico, il cafone sessuomane. «Ho estratto il dna da quelle tre anime per rapportarle alla realtà di oggi, più cinica dell’inizio anni Ottanta. Una commedia meno buonista, cattiva, tutti noi siamo arrabbiati».
• Per non creare polemiche si è ritirato dal David: Aurelio De Laurentiis, suo produttore e vicepresidente del premio, aveva chiesto lo spostamento di una settimana, dal 29 febbraio al 7 marzo (data di uscita in sala del film) quale termine ultimo per la partecipazione alla competizione 2008. «I sospetti di favoritismi nei miei confronti mi hanno amareggiato e ritengo veramente umiliante leggere che avrei bisogno di aiuto. Non ho mai cercato spinte da parte di nessuno e sono orgoglioso di aver costruito la mia carriera sul lavoro e sull’affetto del pubblico». Gli è stato assegnato comunque un inedito premio speciale per i trent’anni di carriera: «Cosa farò nei prossimi 30? Un cinema corale, con tanti attori. Il tempo delle maschere è finito nell’armadio dei ricordi».
• È nel cast di Italians (2009) e di Manuale d’amore 1 (2005, David e Nastro d’argento come non protagonista), 2 (2006) e 3 (2011), tutti e quattro per la regia di Giovanni Veronesi. Tra gli ultimi film: Io, loro e Lara (2009, Nastro miglior soggetto), Posti in piedi in paradiso (2012, Nastro miglior commedia), Sotto una buona stella (2014). Nel cast del film premio Oscar di Paolo Sorrentino, La grande bellezza (2013, Nastro miglior attore non protagonista).
• Nel 2012 è uscita la sua autobiografia, La casa sopra i portici (Bompiani). Nello stesso anno ha curato la regia dell’opera di Gioacchino Rossini Cenerentola, prodotta da Andrea Andermann e trasmessa dalla Rai in diretta televisiva mondovisione il 3 e 4 giugno.
• Membro della Giuria della 71ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha ricevuto il premio Bresson: «Mi sento piccolo di fronte a questo premio vinto da grandi autori. Ho pensato: me lo merito? È incredibile, con mio fratello Luca stiamo mettendo a posto i volumi di papà nella casa di campagna, sono 18 mila, abbiamo trovato molti libri su Bresson e articoli di mio padre. Ringrazierò umilmente, dirò che spero di concludere la carriera meritandolo ancora di più. Lo dedicherò a mio padre, è stato il migliore dei Verdone, tutti gli dobbiamo qualcosa. Ci ha stimolato a studiare. Mi regalò la tessera del Filmstudio, “se non hai il retroterra non puoi raccontare il presente”. Sono riuscito a diplomarmi al Centro sperimentale, ho avuto qualche difficoltà ma poi è uscito un talento che non sapevo di avere, lo sapeva solo mia madre, mi ha sempre detto “tu hai le qualità per lo spettacolo”» Era stato giurato anche nel 1994, ma a Venezia ci andava già da ragazzino, quando incontrò Alberto Sordi: «Ero ragazzino, gli chiesi l’autografo. Mi prese subito in giro, “tu sei russo e a te non lo faccio”, e io “ma no, sono di Roma”, e lui “sei di Mosca? Sei russo?”, e mi dava schiaffetti in faccia. Poi firmò uno scarabocchio e tornai a casa deluso: “Mamma, diceva che sembro russo, ma come sono ’sti russi?”, e mia madre “Carlo, sono come noi”. Alberto mi fece quasi piangere» (Arianna Finos) [Rep 7/8/2014].
• Grossa crisi nervosa negli anni Settanta (attacchi di panico): «Era il 1978 e la mia vita stava prendendo un’impennata che non stavo riuscendo a controllare. Non potevo guidare la macchina perché mi veniva la tachicardia, l’iperventilazione, mi girava la testa, mi si bloccava il labbro: un casino» (da un’intervista di Alessandra Arachi). «L’ansia può trasformarsi in adrenalina, la noia sempre noia rimane. Quasi mi dispiace di non essere più nevrotico come una volta: sono guarito sul set di Maledetto il giorno che ti ho incontrato. Mi sono costruito un personaggio così somigliante a me (il critico rock Bernardo Arbusti, ndr), che mi sono messo a nudo con tutti i miei difetti. Il set ha funzionato come il lettino dello psicanalista».
• Insonne cronico.
• «Ho la pressione e la glicemia un po’ basse, le controllo. Ma per favore smettiamola di dire che sono ipocondriaco. No, non ho malattie immaginarie! Sono da sempre un appassionato di medicina e farmacologia e per questa ragione ho ricevuto una laurea onorifica (doloris causa, dico io) dall’università Federico II di Napoli» (Gloria Satta) [Mes 19/8/2014].
• È diventato il punto di riferimento diagnostico per attori e registi: «Ogni giorno ricevo quattro, cinque tra telefonate e mail di persone che mi chiedono consiglio. Io presto la mia assistenza, indico i medici più capaci. E se necessario tampono le emergenze con l’antibiotico giusto» (Arianna Finos) [Rep 11/5/2013].
• È stato sposato con Gianna Scarpelli (sono separati dal 1996, ma non divorziati). Due figli, Giulia (1986), che lavora nel marketing di una multinazionale, e Paolo (1988), che ha studiato Politica internazionale. Abita a Roma, quartiere Monteverde vecchio, in un bellissimo attico circondato dal verde e dove si vede, a 360 gradi, tutta la città. Ha una casa in campagna, in Sabina.
• La sorella Silvia ha sposato Christian De Sica (vedi anche Massimo Boldi).
• Grande appassionato di musica, suona la batteria: «Ogni tanto mi trovo con il mio amico Alex Britti al Big Mama e ormai è tradizione che compaia in un paio di pezzi in ogni nuovo disco di Venditti».
• È credente: «Lo sono, anche se ogni tanto perdo la fede, però quando penso al Padreterno mi sento abbracciato da un qualcosa che non so dire. E se incontro persone profonde, elevate, sento che sto parlando con una copia, sia pure sbiadita, di Dio» (Piero Santonastaso)[Mes 27/2/2012].
• Critica «Nel cinema italiano di oggi forse nessun altro attore/regista sa raccontare le tante facce degli italiani come Carlo Verdone. Trent’anni di carriera (Un sacco bello è del 1980) ne hanno fatto una specie di antropologo cinematografico capace di fissare sullo schermo non l’italiano medio (che non esiste più) ma piuttosto l’italiano tipico. Che è sempre più visibile e variegato. Se ne faccia carico personalmente o li affidi ad altri attori, i personaggi dei suoi film sono i ritratti di un’unica, infinita galleria all’italiana, dove il tipo si confonde con il personaggio e viceversa» (Paolo Mereghetti).
• «Ha subito dichiarato la sua modestia, e ha battuto due strade parallele, quella delle sceneggiature a tutto tondo, delle storie in realtà più dolci che amare (in rapporto ai modelli della commedia di costume degli anni d’oro del cinema italiano) e spesso fiacche e timorate, e quella del periodico ritorno ai personaggi che gli dettero il successo: il coatto (che in Grande, grosso e Verdone è diventato ormai un commerciante arricchito, perdendo in aggressività e acquisendo altra volgarità dal nuovo status), il moralista perdipiù intellettuale, il boyscout tra bigotto e coglione che anche lui ha messo su famiglia ed è invecchiato senza cambiar di carattere e di valori. Ho prediletto questo secondo Verdone a quello della commedia, più sentimentale che satirica» (Goffredo Fofi).
• «Tra “Verdone sì” e “Verdone no”, Verdone che ha ragione di lamentarsi del limitato apprezzamento di alcuni critici o che ha torto a fare la vittima, personalmente sarei per “Verdone magari, sempre”. Lo considero un attore straordinario. Meno portato all’analisi sociale e meno malvagio di Alberto Sordi, ma altrettanto bravo come comico romano, ideatore di espressioni verbali entrate a far parte del linguaggio comune, interprete perfetto della piccola borghesia romana e delle infinite manìe stupide degli italiani, creatore dei personaggi più indimenticabili» (Lietta Tornabuoni).
• Frasi «Nel mio caso la comicità deriva da una timidezza di fondo. Penso di essere un “pedinatore” di italiani, li guardo, ne osservo i tic, e poi li ripropongo attraverso una lente un po’ deformata».
• «Attori come Gassman e Sordi hanno sempre interpretato ruoli di uomini che “rimorchiano”, che hanno successo con le donne. Il mio personaggio, invece, è sempre un po’ succube rispetto all’universo femminile. Ma questo deriva da una ragione precisa: noi abbiamo vissuto il femminismo, loro no. L’uomo della mia generazione è uno che ha perso potere, che è smarrito, costretto a rincorrere una donna sempre molto più intelligente di lui. Insomma, io mi sono trovato a raccontare un maschio in crisi».
• Politica «Voterò per Veltroni ma è l’ultima volta che voto. Scelgo lui perché l’ho conosciuto, sono stato a casa sua e ho avuto modo di apprezzare la sobrietà del suo stile. È un uomo eticamente molto impegnato. Fa cose importanti che non sappiamo, nel silenzio. Gradirei perdesse certa patina di buonismo e migliorasse nel desiderio di rigore e nel non fare sconti» (intervistato da Giancarlo Dotto alla vigilia delle politiche 2008).
• Tifo Romanista.
• Vizi «Ti sa dire a memoria la composizione di qualsiasi ritrovato medico» (Nancy Brilli).
• Sta cercando di smettere di fumare: «Ci sto vicinissimo. Cioè, sto vicinissimo alla decisione di smettere. Ho cominciato a 13 anni, ormai il danno è fatto, però vorrei evitare almeno l’enfisema polmonare» (Enrica Brocardo).