3 giugno 2012
Tags : Ornella Vanoni
Biografia di Ornella Vanoni
• Milano 22 settembre 1934. Cantante. «A me piacciono tanto gli uomini che piangono».
• «Una femmina così non c’è. Ironica, struggente, capace di soffiare via il dolore della vita proteggendo la memoria della sua felicità. Una calamita dell’eros che oggi regala la sua sensualità alla natura, agli animali, al mare. È unica, Ornella» (Stella Pende).
• Ultime Per i suoi ottant’anni, è uscito Più di me più di te più di tutto, triplo cd che ripercorre il meglio della sua discografia. Tra la fine dell’ottobre 2014 ed il febbraio 2015 porterà in scena il suo ultimo tour Un filo di trucco un filo di tacco. Nel 2013 aveva fatto uscire il suo ultimo album di inediti, Meticci(Io mi fermo qui). «Ma non smetto di cantare, perché quando non canto sono triste. Voglio il pubblico davanti a me, l’emozione di cantare dal vivo, la paura che se sei umana ti cattura sempre quando vai sul palco. E lì resterò se la vita mi renderà longeva come mia mamma che se ne è andata a 99 anni e una mia zia a 105. Canterò finché avrò voce» (a Gigi Vesigna) [Ogg 2/10/2013].
• Recita la parte della moglie di Renato Pozzetto nel film di Giovanni Veronesi Ma che bella sorpresa, nelle sale a febbraio 2015.
• Vita Figlia di un industriale, «è stata famosa tutta la vita. Non solo per la voce. A 18 anni a Santa Margherita e Paraggi era la più famosa della spiaggia con il nome d’arte (per quei tempi molto trasgressivo) di Culo d’Oro. Bellissima, viziatissima, esagerata come possono esserlo solo le belle ragazze che ogni volta che varcano una soglia fanno un’entrata che stende i presenti. Figlia unica, di ottima famiglia borghese, papà e mamma che l’adoravano, aveva un guardaroba molto rifornito per l’epoca. Insomma, gli uomini la guardavano per quello che c’era dentro l’abito, le donne anche per il vestito. Era sempre lei che lanciava una moda, sempre lei che la fiutava in anteprima» (Lina Sotis).
• «Sono stata una ragazza inventata. Inventata dagli altri. Di mio avrei voluto fare l’estetista, niente di più. Avevo l’acne e avrei voluto curare la pelle, la mia e quella degli altri. Ero andata a studiare Lingue in Inghilterra, in Svizzera, in Francia e quando tornai a Milano non sapevo che cosa fare. Fu un’amica di mia madre a lanciare l’idea: “Hai una bella voce, perché non fai l’attrice?”. Mi iscrissi alla scuola di recitazione del Piccolo. Il giorno degli esami d’ammissione ero terrorizzata, tanto da sentirmi male. Con la V di Vanoni venni chiamata per ultima, sapevo che nella commissione c’erano grossi nomi, Strehler, Paolo Grassi, Sarah Ferrati. Quando mi hanno chiamata, avevo il cuore a mille. Recitai un pezzo dell’ Elettra, ero follemente emozionata, chiedevo scusa a tutti, mi interrompevo... A un certo punto ho sentito una voce femminile: “Attenzione, qui c’è qualcosa”. Era della Ferrati. Mi presero. Dopo un anno divenni la compagna di Strehler, era il 55. E fu scandalo. Avevo vent’anni, lui era sposato, non c’era il divorzio e, per di più, viveva da solo, era di sinistra ed era un artista. Mia madre si lamentava, piangeva: “Così ti rovini, ti devi sposare...”» (da un’intervista di Silvana Mazzocchi).
• Strehler (1921-1997) la inventò come interprete di canzoni milanesi e della mala. Primi successi: La zolfatara e Ma mi (1958), Le Mantellate (1959). «Strehler è stato compagno, amico, padre, maestro. Forse troppe cose assieme, e cose che avvenivano troppo velocemente. Un rapporto così ti leva la leggerezza. Mi sentivo bambina in un cappotto troppo grande. E poi forse Giorgio mi amava più di quanto io amassi lui». «Non sapevo che fosse un erotomane. Cominciai a capirlo quando andammo per la prima volta insieme all’ Elba. Scoprii che si era fatto una sveltina con la proprietaria dell’albergo. Mi ritrovai coinvolta in situazioni che non ero psicologicamente pronta ad affrontare. Incontri orgiastici, sfrenate partouze. Meno male, mi sono detta col senno di poi, che non c’ era l’Aids. Se mi chiedi perché l’ho fatto, non lo so. L’ho lasciato anche per quello, Strehler. Si prendeva anche molta cocaina. Io l’avevo tradito con Renato Salvatori. Nel letto me lo aveva messo Luchino Visconti, che aveva questa passione di fidanzare i suoi uomini» (tratto da Una bellissima ragazza, Mondadori 2011, autobiografia della Vanoni scritta insieme a Giancarlo Dotto).
• Una volta incontrò Strehler che usciva da teatro «e che non mi salutava. Mi sono avvicinata, l’ho preso per un braccio e gli ho sorriso: “Giorgio, che fai, non mi saluti?”. Lui mi ha lanciato uno sguardo impaurito, m’ha mormorato “Ti ho tanto amata” ed è scappato via».
• Finita con Strehler, si avvicinò a Gino Paoli (Senza fine, 1961;Che cosa c’è, 1963): «Quello con Gino è un legame che non si è mai sciolto. Di me lui ha sempre detto che sembro un setter ma sono un boxer». Paoli: «è difficile scindere, in una come lei, la donna dall’artista. Ha una carica espressiva viscerale. Ha un carattere esagerato qualunque cosa faccia. La vulnerabilità è la sua dote che preferisco. Quando la guardo mi viene voglia di proteggerla» (a Mario Luzzatto Fegiz). Così il loro incontro: «Mi avevano detto: è un pò così... omosessuale, insomma. Di me credeva lo stesso. Morale: due mesi persi a parlare. E basta» (a Veronica Grimaldi) [Vty 11/3/2009]. Nel 2004, per festeggiare i settant’anni di lei, incisero il disco Ti ricordi? No, non mi ricordo.
• Impostasi anche in Rugantino di Garinei e Giovannini (1962, con le canzoni, ’Na botta e via, È l’omo mio), nel 1964 vinse in coppia con Domenico Modugno il Festival di Napoli (Tu si’ ’na cosa grande). Sette partecipazioni al Festival di Sanremo:Abbracciami forte (1965), Io ti darò di più (1966, 6ª in coppia con Orietta Berti), La musica è finita (1967, 4ª con Mario Guarnera), Casa bianca (1968, 2ª con Marisa Sannia), Eternità(1970, 4ª con i Camaleonti), Io come farò (1980, 10ª), Alberi(1999, 4ª con Enzo Gragnagniello). Tra gli altri successi: Un’ora sola ti vorrei, Tu non hai capito niente, Mi sono innamorata di te, queste ultime due di Tenco, ecc.
• Negli anni Settanta l’incontro con il Brasile di Vinicius de Moraes e Toquinho nell’album La voglia, la pazzia, l’incoscienza e l’allegria (1976). Con Ricetta di donna (1980) comincia a scrivere i testi delle canzoni che canta. Del 1997 l’album di cover Argilla con il jazzista Paolo Fresu.
• Da attrice anche film, tra gli altri: Romolo e Remo (Sergio Corbucci 1961), I ragazzi dell’Hully Gully (Marcello Giannini1964), I viaggiatori della sera (Ugo Tognazzi 1979).
• Nel 1960 sposò l’impresario teatrale Lucio Ardenzi (1922-2002), il matrimonio finì poco dopo la nascita del figlio Christian (1962). «Ero ancora innamorata di Paoli. Il giorno delle nozze non mi sarei dovuta presentare, avrei dovuto dire la verità, sarebbe stato più leale». «Dopo il parto, per volere di mio marito, ho lavorato subito, così io ho perso mio figlio e lui ha perso me. Come “madre” sono migliore di quanto non lo sia stata come “mamma”» [a Chi 11/12/2013]. Nonna di Matteo e Camilla: «Sono una nonna matta. I miei nipoti mi divertono. Una sera Lavezzi ha buttato sul palco Camilla, avrà avuto 13 anni, in pieno applauso. La sera dopo le ho chiesto: “Vieni? La nonna canta”. E lei: “Per carità, da ieri ho una stanchezza da stress che non hai idea”» (a Lavinia Farnese)
• «Ce la sto mettendo tutta per invecchiare ridendo. Ultimamente mi sono anche liberata di quella tristezza atavica che mi era stata cucita addosso e ho tirato fuori la mia natura buffa. Durante gli spettacoli avverto: “Sembro una signora, ma non lo sono: sto spesso in mutande”».
• Per quindici anni non ha avuto un uomo. Nel 2013 diceva: «Dovrebbe cadermi dal cielo, confezionato come dico io: 62-63 anni, non di più perché dopo sono inutili, intelligente, colto, quattro euro per fare un week end e soprattutto non sposato. Ne conoscevo uno, si chiamava Hugo Pratt. Bastava sedersi davanti a lui perché si aprisse il mondo: il vero, il falso, il vissuto, l’arte. Ma non mi ha voluta» (a Stefania Rossini) [Esp 2/8/2013]. Poi ne ha incontrato uno, Pino Roveredo: « Teneva una conferenza, ad ascoltarlo mi sono venute le lacrime. Quando mi è stato più vicino l’ho abbracciato da dietro. Da lì, è stato tutto un chiamarci, un cercarci. Gli piace che gli canti Averti addosso. Uno scrittore di talento. Ha vinto il premio Campiello, vive a Trieste. Ci vediamo poco, ma il “come” appassiona» (a Lavinia Farnese).
• Vive a Milano, vicino Parco Sempione. Fino al 2013 aveva un attico a largo Treves (dove aveva abitato per 30 anni, e dove nel settembre 2007 aveva anche subito un tentato furto). «Quella casa era diventata troppo grande per me, troppe spese. Questa è la metà, 130 metri quadrati contro 250, e mi fa sentire più coccolata. ho scelto tutto io: ogni lampada, ogni divano, le mie meravigliose sedie chiavarine, il caminetto inglese a gas che mette così allegria. Lasciare la vecchia casa è stato drammatico, un massacro fisico e psicologico. Ma una volta che ho chiuso quella porta, il lutto era elaborato. Bisogna saper soffrire: ho pianto, ululato, urlato e singhiozzato. Ora passo da Largo Treves e penso solo che abitavo lì» [a Chi 11/12/2013].
• «Rovistare nel dolore non fa bene. Tanto viene fuori da solo come il brodo quando spurga» (a Giancarlo Dotto).
• Frasi «Sono una cantante di un’estrazione così particolare per gli italiani; lo sono stata per anni; non mi accettavano: questa voce così brutta! Io non ho una bella voce, ho una voce particolare. E mi sono proprio spezzata per arrivare a fare qualcosa».
• «Come cantante francese avrei avuto una carriera folgorante, non mi sarei fermata alla Francia, sarei andata veramente oltre. Noi, in fondo, parliamo e cantiamo una lingua morta, non c’è nessun altro che parla italiano. Io poi alle mie spalle avevo anche una preparazione teatrale, qualcosa che da noi non c’è quasi mai, e quindi stando qui è stato difficile accettare una cantante che si muoveva in una certa maniera; sono stata persino accusata di concedere poco mentre cantavo, perché stavo ferma e invece, secondo me, in una canzone basta “quel” gesto. Poi piano piano il pubblico si è evoluto, ma c’è stato anche che io mi sono “indignata”: eh, no! Così sono e così mi accettate e sono andata avanti, avanti, avanti, avanti».
• «Quando non mi accetteranno più come cantante pop farò jazz e se non mi vorranno neanche per quello farò l’etnico, con la dentiera».
• «Io con le mie canzoni ho sempre cercato di dire dei sentimenti molto precisi, e cioè uno: che l’amore non è felice, mai. Perché l’amore, quando c’è temi di perderlo, quando arriva hai paura, e quando se ne va è infelicità. La grande felicità ti porta le lacrime. Questa secondo me è la verità».
• «Al Piccolo leggevo e imparavo tutto. Spiavo mostri come Tino Buazzelli e Sarah Ferrati. Respiravo le loro voci, rubavo i gesti. E Strehler? Mi mette a cantare ballate nell’intervallo dei Giacobini, sai quando gli spettatori tossiscono? Be’: alla faccia sua, è un trionfo. Allora l’amico Gino Negri dice che sarei adatta alle canzonette da cortile. “Ma no, facciamo le canzoni della mala” disse il maestro, magnanimo. Così si sono messi lì Dario Fo e Fiorenzo Carpi e sono nate Ma-mì e Le mantellate»
• «Le Mantellate era una canzone nata sul finire del mio rapporto con Strehler, sul mio cominciare a rimanere sola che è stato il momento più drammatico della mia vita. E così questa canzone la amavo e la amo ancora oggi, vivo intensamente questa donna chiusa ingiustamente in questa galera, ingiustamente per lei, la sento, la soffro».
• «Le canzoni della mala all’epoca le amavo, ma non abbastanza coscientemente, come gli amori di quando sei troppo ragazza».
• «Che ci potevo fare, avevo tutto quello che piaceva agli uomini, ma proprio tutto sa? E poi arrivò la svolta, la mia fisicità naturale messa in scena con il più grande di tutti nel teatro, un ambiente pazzesco, ho visto e partecipato a prove di spettacoli da non credere, succedeva di tutto. E senza passare da nessuna gavetta. Ero invidiata, ovvio» (ad Antonio Dipollina).
• «Tenco mi piaceva moltissimo come autore e come cantante, ma aveva un difetto: se il successo non veniva subito, diceva: “Non gioco più”. Io mi ricorderò sempre il suo primo pezzo: Quando. Dopo dieci giorni che il disco era uscito, nessuno ne parlava ancora e lui disse: “Basta, basta; io lascio questo mestiere”. Per me è inconcepibile arrendersi e quindi, quando era vivo, io non l’ho mai cantata, perché c’era questo lato del suo carattere che m’innervosiva, pur ammettendo che le sue canzoni erano straordinarie» (da un’intervista di Dina Luce del 1974).
• «Mina ha portato la gioia nella musica, io un po’ di intellettualismo, ci siamo frequentate, bei ristoranti e pranzi, poi succedeva che entrava in scena il mazzo di carte: io alla quarta carta mi addormentavo, mai piaciuto e me ne andavo a leggere un libro, ma mica perché ero superiore, mi andava così e a lei andava in un altro modo». «Quando abbiamo cantato insieme, in duetto, ha scelto quella Amiche mai che è poi uscita in disco: certo molto furba, io però avrei preferito qualcosa che restasse».
• «Ho il Brasile sotto la pelle. Sai, Vinicius de Moraes diceva: “Toquinho lo chiamavano così perché ce l’aveva piccolo”. Non ho mai verificato, ma in realtà era perché Toquinho viene da “toquar”, strimpellare: non lasciava mai la sua chitarra. Vinicius e Antonio Carlos Jobim invece s’incontravanono in un ufficio. Una volta erano lì, insieme, e Jobim fa una scureggina... Be’, mentre ancora ne ridono vanno insieme al bar e di lì passa una sventola imperiale. È nata così La ragazza di Ipanema. Quella sì era un’epoca divina. Lavorare, ridere, mangiare, sempre insieme: come vasi comunicanti che si regalano talento, amore e fantasia» (alla Pende).
• «Quando penso alla morte penso al mare. Forse dipende da come sono nata: asciutta, perché dopo tre giorni di travaglio, mia madre aveva perso tutte le acque. Ho sempre subìto il fascino e il richiamo del mare».
• Religione Nel 2006 si era convertita al protestantesimo evangelico. «Vivevo un brutto periodo e ho incontrato una donna eccezionale, un pastore evangelico, giovane, bionda, carina. Io ce l’avevo con tutti, anche con Dio, e lei mi diceva: “Non è vero”. Sono stati quattro anni importanti, poi mi ha deluso. Ha cominciato a dire cose strane: “la poesia fa schifo, l’arte è inutile”. Quando poi ha ristrutturato la sua chiesa dipingendola tutta nera con due lampadari di cristallo che la fanno sembrare la showroom di Dolce e Gabbana, me ne sono andata. Mi è rimasta l’abitudine di leggere i testi, specie i Vangeli. Io amo Gesù, mi è simpatico» (a Stefania Rossini).
• Politica «Ridateci il ciccione, Craxi, che ci ha fatto vivere gli Anni Ottanta come se fossimo ricchi e felici» (nel 2007 a Marinella Venegoni). «Comunque io non sono mai stata craxiana, socialista sì. Lo ero diventata molto tempo prima, quando avevo 19 anni e con Strehler frequentavo Nenni che giocava a bocce. In quella bocciofila erano tutti socialisti e, come capita in questi casi, mi ritrovai a esserlo anch’io. Craxi mi colpì perché era palesemente fallocratico e parlava con i tempi giusti (…) Berlusconi lo avevo conosciuto 40 anni fa in una cena a casa mia. Gli dissi: “Lei ora è ricchissimo”. E lui: “Ero ricco quando potevo fare due mesi di vacanza”. Quando è entrato in politica l’ho votato, poi non ho più capito che cosa volesse» (a Stefania Rossini). «Adesso vado a Sant’Eustorgio, c’è un bel gruppo di amici, un prete polacco alto due metri. Fermo restando che un Papa che dice “chi sono io per giudicare?” ecco, come si fa a non rimanere affascinate?» (ad Antonio Dipollina) [Rep 23/2/2014].
• Nel 2011 alle amministrative milanesi candidata con la lista “Milano al Centro”, a sostegno di Letizia Moratti: ha preso 36 voti.
• Vizi «Sono stata molto infedele. Poi ho smesso. Era troppo faticoso. Gestire l’infedeltà è un’impresa».
• «Il sesso femminile non mi piace. La mia parte maschile è “frocia”».
• Quando Playboy le propose di posare nuda (1978) lei chiese ed ottenne come compenso una Sfera di Pomodoro.
• «Uno dei suoi ultimi uomini ebbe un attacco cardiaco mentre stava con lei. Lo caricò di fretta in un taxi: “Mi tolsi le mutande bianche e le sventolai fuori dal finestrino per far passare la macchina nel traffico”» (Gianni Poglio) [Pan 9/12/2009].
• «Non ho più l’età per propormi in maniera sexy. Dopo anni di confusione ho imparato a vestirmi; per esempio metto una maglia a maniche lunghe, con la scollatura larga, in modo da far uscire la spalla; e la spalla regge ancora, almeno finché non crolla l’osso» (compiendo settant’anni).
• «Il vero rifacimento l’ho fatto una sola volta. La mia cicatrice sul collo dilagava. Parevo azzannata da un tyrannosaurus rex. Ma zero schifezze siliconiche. Quando rido e gli zigomi vanno su e giù è soltanto perché sono ingrassata. Oggi la Vanoni è più simile a un criceto che a un gatto» (a Stella Pende) [Pan 21/8/2014].
• «Di Champagne ne bevevo una bottiglia al giorno, ero diventata una mongolfiera, una botte alata, così gonfia e così leggera, un’euforia di cui non potevo fare a meno. Entravo in cucina la mattina alle 11 e, con un minimo di vergogna, dicevo a Khadija, la mia tostissima cameriera marocchina: “Non è l’ora dell’aperitivo?”. Ho dovuto smettere. Peccato, mi piaceva tanto»
• Ogni tanto prima di andare a letto si fuma uno spinello, «ma solo per dormire».
• Adora fare la pipì nei prati: «Da anni ho il flusso imperioso! Preferivi forse che me la facessi addosso?»
• Amante dei gatti: «Io stravedo per gli animali e non me ne importa niente se mi distruggono la casa con le unghie». Morta la gatta Moghi (che aveva 23 anni), ha ora una femmina di barboncino cui è molto affezionata, si chiama Why.
• Il libro preferito, Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar.
• «Oggi non m’importa più di cantare bene o male: canto e basta, libera e felice. Voglio donare la mia commozione a chi ascolta. Quando ho avuto il polipo in gola ho detto: sarà un’operazione fatale. Invece adesso è meglio di prima. Solo se la tua musica parte dal cuore, la voce vola oltre il corpo e diventa un destino infinito. Come è possibile che a 80 anni si canti perfino meglio? Perché non ho più paura» (a Stella Pende).