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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Renato Vallanzasca

• Milano 4 maggio 1950. Ex bandito. Condannato a quattro ergastoli e 260 anni per sette omicidi e altri reati. Celebre per le evasioni e per il successo con le donne. «C’è chi nasce per fare lo sbirro, chi lo scienziato, chi per diventare madre Teresa di Calcutta. Io sono nato ladro».
• Il cognome è quello della madre Marie, il padre era già sposato con un’altra donna. Il primo arresto, a otto anni, non fu per furto ma per aver liberato gli animali di un circo. «Ho cominciato da bambino, rubando le figurine Panini. E ho continuato finché non mi hanno ingabbiato. E sono uscito e ho ricominciato. È stato il mio lavoro, l’unico che sapessi e volessi fare. Io non sono una vittima della società».
• Il 14 febbraio 1972 la rapina organizzata dalla sua banda (detta della Comasina) in un supermercato a Milano lo portò in galera, nello stesso anno nacque il figlio Massimiliano. Il 28 luglio 1976 evase, complice un agente, dall’ospedale dove si era fatto ricoverare procurandosi un’epatite con «iniezioni di urina (la mia) nel sangue e una cura di uova marce», il 23 ottobre dello stesso anno fu accusato di aver ucciso un poliziotto a un posto di blocco nei pressi di Montecatini, il 13 novembre la sua banda, spostatasi ad Andria, uccise l’impiegato di una banca, un medico, un vigile urbano e tre poliziotti, il 13 dicembre sequestrarono Emanuela Trapani, rilasciata il 22 gennaio 1977 dopo il pagamento di un miliardo (Vallanzasca meditò pure di rapire Berlusconi). Nuovo arresto il 15 febbraio 1977, il 14 luglio 1979 sposò nel carcere di Rebibbia Giuliana Brusa (nel 1990 il divorzio). Evaso il 28 aprile 1980 da San Vittore, fu subito ricatturato. Il 20 marzo 1981, durante una rivolta nel carcere di Novara, tagliò la testa a un ragazzo di vent’anni, Massimo Loi. Il 18 luglio 1987 fuggì dalla nave che lo stava portando all’Asinara, da Genova raggiunse Milano a piedi, il 7 agosto fu catturato a Grado. Nuovo tentativo d’evasione il 31 dicembre 1995, dal carcere di Nuoro. Dal 1999 rinchiuso nel carcere speciale di Voghera, poi di Opera, infine di Bollate. Dall’8 marzo 2010 usufruisce del beneficio del lavoro esterno, revocato e poi riconcesso nel corso del tempo per diversi motivi: la prima volta nel maggio 2011 perché pare si incontrasse di nascosto con una donna, poi di nuovo nell’agosto del 2012, quando aveva trovato lavoro a Sarnico, in provincia di Bergamo, in un negozio d’abbigliamento al centro del paese. Polemiche perché proprio in provincia di Bergamo, il 6 febbraio 1975, aveva ucciso gli agenti della Polstrada Luigi D’Andrea e Renato Barborini. Nel dicembre dello stesso anno ha trovato un impiego in una ricevitoria. Il 13 giugno 2014, mentre si trovava in regime di semilibertà (lavorava in una cooperativa), è stato arrestato per aver rubato biancheria intima in un supermercato di Milano. Ha sostenuto di essere stato incastrato: «Perché mi è stata fatta una cosa del genere non lo so, io so soltanto che entro Natale avrei dovuto discutere della mia liberazione condizionale e potevo tornare libero» (Il Corriere della Sera). Il 14 novembre è stato condannato a dieci mesi di reclusione (adesso si trova nel carcere di Opera) più 330 euro di multa con l’accusa di tentata rapina impropria aggravata. «L’Italia ha avuto tanti delinquenti. Ma pochi, o nessuno, come Renato Vallanzasca. E uno solo lo batte per durata della pena scontata: Raffaele Cutolo da Ottaviano. Un boss della criminalità organizzata contro un bandito da strada: 49 per l’imperatore di camorra contro i 41 (o 45) del ras della Comasina. Che però stava per sfilarsi dall’ingrato podio. Non fosse stato per due paia di mutande marca Sloggi, che lui assicura non metterebbe mai perché indossa solo boxer Versace, più altra minutaglia da giardinaggio, per un totale di 65,97 euro; non fosse stato per un giudice molto puntiglioso, che gli ha rifilato10 mesi per tentata rapina (2 in più di quelli richiesti dall’accusa); non fosse stato per le conseguenze (revoca della semilibertà e stop a ogni beneficio per almeno 3 anni), Renato Vallanzasca sperimenterebbe un’ebbrezza dimenticata: rivivere fuori. Non succederà, e moltissimi, non solo i parenti delle vittime che ha fatto, saranno sollevati» (Carlo Verdelli) [Rep 8/2/2015].
• «Questo, signore e signori, era il re della Comasina, il bel René dagli occhi azzurri di ghiaccio che faceva innamorare le donne, l’uomo dei sequestri e delle rapine sanguinarie, il capo di una delle bande più feroci che si siano, viste in Italia. Un bandito vero, come si vedono nei film americani. Uno che ha collezionato condanne a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione. Uno che era pure scappato da san Vittore, con un conflitto a fuoco. Uno che i giornali gli sbavavano dietro per avere un’intervista, una foto. Uno su cui ancora si scrivono libri. Un’epopea insomma in carne e ossa degli anni Settanta, quando succedevano queste cose. Ora, certo, è questa roba qui – uno accusato di rubare mutande nei supermercati. Luì, però, nega tutto» (Lanfranco Caminiti) [Il Garantista 28/6/2014].
• «Tanti uomini mi hanno fregato, nella vita, ma nessuna donna. Dopo la fuga dalla nave ho contattato 30 persone, ma solo cinque mi hanno aiutato. Tutte donne. Loro hanno sentimenti, sono più vere. Io mi sento molto donna. Mi mandavano fotografie pazzesche: con me vivevano fantasie inconfessabili al partner o al marito. Per loro ero una specie di “puttano virtuale”. Ad alcune di loro dicevo: certe cose falle con tuo marito. No, rispondevano, le farei solo con te. Molte sono le cose che non rifarei, soprattutto quelle che, direttamente o indirettamente, hanno coinvolto persone che non c’entravano nulla, che non erano lì per morire. Non intendo poliziotti: io non ho mai sparato per primo e per il mio codice sono a posto. Parlo dei morti civili. E sono morti che pesano. Come quel medico ucciso durante una rapina: al processo non riuscivo a guardare in faccia la vedova, anche se non ero stato io materialmente a sparare. Mi sono accorto che il dolore degli altri era uguale al mio. Per la morte dei disgraziati che si sono trovati al posto sbagliato nel momento sbagliato, non do la colpa al caso ma me l’accollo totalmente: quando ho deciso di portare una pistola, sapevo che ci sarebbe stato il momento in cui l’avrei usata» (da un’intervista di Pier Mario Fasanotti e Valeria Gandus).
• «Mi piacevano le case e spendevo molto anche nei vestiti: ne avevo più di una ventina di Litrico, oltre a quelli fatti su misura. La mia passione era il gessato, quello alla Delon e alla Belmondo. (...) Facevo le rapine col vestito firmato, io».
• Nel 2007 ha presentato una domanda di grazia respinta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Clemente Mastella, allora ministro della Giustizia, aveva dato parere contrario). Aveva ammesso: «Perché dovrebbe essermi concessa la Grazia? Sinceramente non lo so. Pensandoci e ripensandoci mi sovvengono molte più ragioni per non concedermela, visti i tanti disastri da me commessi».
• Alla fine del 2007 ha aperto sul web un suo blog.
• Il 5 maggio 2008 ha sposato a Milano l’amica d’infanzia Antonella D’Agostino, che ha raccontato la sua storia in Lettere a Renato (Cosmopoli). Adesso, ha una nuova fidanzata.
• «Sai che ti dico? Che ne ho le balle piene e non vedo l’ora di liberarmi del mio mito. Il Bel René… La banda della Comasina… Ma andassero un po’ tutti a cagare» (a Carlo Bonini nel 2009).
• Il 21 gennaio 2011 è uscito il film a lui dedicato, diretto da Michele Placido, Vallanzasca – Gli angeli del male, con Kim Rossi Stuart protagonista (Nastro d’argento come miglior attore protagonista). Polemiche e proteste da parte dei parenti delle vittime: «Non sono certo io che posso dire loro qualcosa. Il mio lavoro è un altro. Lungi da me l’idea di fare un film apologetico. Placido ha già detto che non si possono raccontare solo storie di santi, non si possono fare film solo su Padre Pio. Aggiungo un parere personale: non ha senso accanirsi su un uomo che ha pagato con quarant’anni di galera, come credo nessun altro in questo Paese. Un uomo che non si è mai tirato indietro, che ha affrontato la giusta pena (...) Questo non è un film pro Vallanzasca. Racconta la vita surreale di un uomo che ha accumulato strumenti per analizzare profondamente se stesso. La frase-chiave arriva verso la fine, quando Vallanzasca dice: “Io non sono cattivo. Ho un lato oscuro molto pronunciato”» (Kim Rossi Stuart ad Aldo Cazzullo). Prima di Placido avevano già messo mano al progetto, poi sfumato, gli sceneggiatori Andrea Purgatori e Angelo Pasquini, alla regia Marco Risi, protagonista Riccardo Scamarcio: «Scamarcio? Effettivamente mi somiglia».
• Porta sempre i baffi: «Solo una volta li ho tagliati, quando sono scappato dall’oblò di una nave a Genova. Di solito uno se li mette finti per non farsi riconoscere. Io, il contrario» (Verdelli, cit.).
• In carcere indossa uno Swatch nero con lancette arancioni: «Me l’ha portato la mia donna. Qui non si può tenere il Rolex, perché è di metallo. Sempre indossato Rolex, anche se il mio ciulava un minuto al giorno. Questo almeno non ruba».