30 dicembre 2013
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Biografia di Giuseppe De Rita
• Roma 27 luglio 1932. Sociologo. Presidente del Censis (Centro studi investimenti sociali), inventore del Rapporto che ogni anno svela agli operatori e alla stampa le tendenze profonde della società italiana. Tra i più acuti editorialisti del Corriere della Sera.
• Già presidente del Cnel (1989-2000) e tra i fondatori della Fondazione R.Ete Imprese Italia, dove ha ricoperto anche il ruolo di presidente, fino al 2012.
• Del paese De Rita «è il cantore, i rapporti del Censis una saga a puntate» (Stefano Cingolani) [Fog 16/6/2009]. «Un bollettino inesorabile. Una fotografia, a volte spietata, di che cosa siamo diventati» (Vittorio Zincone) [Set 28/12/2012].
• Nel dicembre 1955 entrò alla Svimez per occuparsi della sezione sociologica. Quando nel 1963 Pasquale Saraceno decise di chiuderla: «Andai da lui: “Se lei ci cede i contratti ci mettiamo in proprio”. Accettò. Fino al ’69 fu davvero dura. Quell’anno finimmo di pagare i debiti, così decidemmo di festeggiare con una cena. Al convivio volle partecipare anche Saraceno. “Ma come?”, protestammo. Si considerava il nostro socio fondatore. Se non ci avesse licenziato, non avremmo creato il Censis» (a Simonetta Fiori) [Rep 9/5/2011].
• «Cominciava così il suo viaggio di mezzo secolo attraverso l’Italia. Tra le molte parole da lui inventate e imposte al lessico pubblico – sommerso, localismo, macchie di leopardo – ce ne sono due che lo riguardano e in cui si è riconosciuto: “Nel 1976 a un convegno ecclesiale fui chiamato ‘il monaco delle cose’. Il Riformista mi ha definito ‘arcitaliano’. Mi sta bene. Amo leggere l’Italia dal di dentro. E non sono mai stato così lontano dalla politica. Senza interlocutori”» (Aldo Cazzullo).
• «Ha l’affabilità dei romani che non pretendono di saperla più lunga degli altri. E al tempo stesso rivela un acume speciale nel leggere la realtà di un paese» (Giampaolo Pansa) [Lib 16/6/2013].
• «Il destino di Giuseppe De Rita è andare oltre i numeri e le statistiche (...) I professionisti del giornalismo hanno bisogno che qualcuno gli racconti una storia, con delle parole chiave da far rimbalzare nei titoli, come se la sociologia fosse una sottomarca di un grande romanzo popolare. È per questo che il professor De Rita si ingegna» (Vittorio Macioce) [Grn 4/12/2010].
• «Il mio mestiere consiste nel raccontare il rimescolamento del Paese, un “lavori in corso” che non accenna a chiudersi» [a Fiori, cit.].
• Nel 2007 definì come «poltiglia di massa» e «mucillagine» la società italiana, «insieme inconcludente di elementi individuali, senza nessuna coesione, di soggettività esasperate e senza scopo» (Marina Cavallieri).
• «È stato lo scopritore dell’economia sommersa, “l’amico degli stracciaroli” come lo chiamavano nei salotti buoni. Ha anticipato la “società dello spettacolo”» [Fiori, cit.]. «L’abilità di Giuseppe De Rita nel produrre lessico serve a raccontarci meglio l’evoluzione della società italiana» (Dario Di Vico) [Cds 8/12/2012].
• I suoi neologismi come “cetomedizzazione” hanno segnato il linguaggio politico italiano: «Abbiamo fatto crescere a dismisura il ceto medio che rappresenta l’85 per cento della popolazione. Aveva capito tutto Pasolini quando diceva: “questo è l’imborghesimento, non la creazione di una classe borghese”. L’elité da noi non è diventata borghesia (...) È stato il trionfo del soggettivismo assoluto: disprezzo per le élite, ognuno padrone di sé» (a Wlodek Goldkorn) [Esp 21/6/2012].
• La crisi della borghesia è anche oggetto della sua ultima pubblicazione L’eclissi della borghesia (con Antonio Galdo, Laterza, 2011). Altri libri: La chiesa galassia e l’ultimo concordato (con Gennaro Acquaviva, Rusconi, 1987), Capolinea a nordest (con Galdo, Marsilio, 2000) e Il regno inerme (Einaudi, 2002).
• Altro neologismo coniato: qualcoisti, riferito agli studenti che avevano abbandonato gli studi o che avevano ottenuto lauree deboli, introdotte specialmente dopo l’introduzione del cosiddetto 3+2. «È possibile avere tremila corsi di laurea?» [Fulvia Amabile, Sta 28/2/2012]. «Ma chi se lo prende un diplomato al liceo classico con una laurea triennale?» (a Roberto Mania) [Rep 18/4/2011].
• Gran teorico della flessibilità. «Bisogna imparare a vivere senza il mito del posto fisso ma solo con spezzoni di lavoro. È un processo irreversibile». Dobbiamo abituarci «a vivere in un mercato del lavoro che è diventato molecolare. Il precariato è elasticità: questo è il destino, il futuro» [a Elena Polidori, Rep 22/10/2009].
• «Odio l’uso del sondaggio indiscriminato, bisogna entrare nella società e cercare di capire, annusare... Nel 1968 scoprii l’economia sommersa a Prato, Valenza, Biella, Fermo, Arzignano... Negli anni Settanta mi sono accorto che questi localismi tenevano in piedi l’economia italiana».
• Religioso («La religione serve quando dà un senso alle cose altrimenti non ha legittimazione») e «profondo conoscitore dei rapporti tra Stato e Chiesa» (Giacomo Galeazzi) [Sta 11/7/2010]. «Ciò di cui l’Italia ha bisogno non è un presidente cattolico od ex Dc in quanto tali, ma che faccia identità in avanti. Un cattolico di 40-45 anni. Se la Chiesa si mettesse in testa una cosa di questo genere potrebbe dire: guardate, noi non c’entriamo, quel che conta è l’identità nuova, la cultura fondante del futuro dell’Italia e chi la impersonerà. Questa è una buona carta per ricominciare a far politica» (a Fabio Martini) [Sta 30/9/2011]. Ha studiato dai gesuiti, «al Massimo di Roma. Sono stato segnato dalla loro cultura, dalla fedeltà all’oggetto».» [Antonio Gnoli, Rep 12/5/2013].
• Per tre volte gli fu stato offerto di fare il sindaco di Roma. Nel 1992, Giuliano Amato gli chiese di fare il ministro: «Avrebbe istituito apposta per me un “ministero Saraceno”, e cioè la fusione di quello del Bilancio, delle Partecipazioni Statali e del Mezzogiorno. Rifiutai» [a Zincone, cit.].
• Nominato più volte tra i possibili senatori a vita e Presidenti della Repubblica: raccolse 19 voti nel 2006, 1 nel 2013. Sulla sua candidatura al Quirinale nel 2013: «Il mio era un nome che circolava… Sa come funziona… Non è che ti chiamano e ti chiedono: ‘Vuoi fare il presidente della Repubblica?”. Sapevo che il mio nome circolava… Io vado sempre in vacanza dalle parti del Monte Bianco, e mi metto di fronte a lui a contemplarlo, e ho fatto così pure questa volta, ce ne siamo stati per un pezzo uno di fronte all’altro a guardarci negli occhi, io guardo negli occhi il Monte Bianco e il Monte Bianco guarda negli occhi me… Stavamo così a guardarci begli occhi, a un certo punto il Monte Bianco mi ha detto: “come te vedo piccolo…”. Il Monte Bianco parlava perfettamente in romanesco» (a Giorgio Dell’Arti) [Come sarà il 2014, Clichy, 2013].
• Critico sull’esperienza del governo tecnico presieduto da Mario Monti: «È rimasto in campo un rigore di governo che non ha lo spessore per diventare legge» [Giorgio Meletti, Fat 8/12/2012]. «Questa idea delle riforme ce la portiamo dietro dal 1950. Non siamo mai riusciti a farne una dignitosa, tranne quella della creazione del sistema sanitario nazionale» [Carlo Puca, Pan 13/12/2012].
• Sposato con Maria Luisa Bari, 8 figli: «Sei maschi e due femmine. Il punto più delicato è stato quando i figli crescevano e io non potevo guadagnare di più. Furono duri gli anni tra il 60 e l’80. Però mia moglie e io abbiamo fatto funzionare la famiglia grazie a una casa che avevo comperato dopo la lunga missione internazionale in Persia. Così non c’era il problema dell’affitto. Mia moglie poi scriveva copioni per la tv dei ragazzi. Quando eravamo dieci c’erano vincoli di orario mattutino, prima che li accompagnassi a scuola con il pulmino. Ci si dividevano i compiti. Un gruppo faceva i letti, i grandi badavano ai piccoli, i medi comperavano la pizza e il latte per la colazione» (ad Alain Elkann).
• Tre dei suoi otto figli non sono sposati e vivono da soli. «Per la mia generazione e la mia cultura, può sembrare triste che non abbiano figli e famiglia, ma per loro essere single significa soprattutto libertà di compiere scelte professionali o di organizzare come meglio si desidera l’orario delle lavatrici» (a Vera Schiavazzi) [Rep 24/2/2012].
• Non sa quanto costa un pacco di pasta: «Considero un po’ demagogico pretendere che lo si sappia» [a Zincone, cit.].
• Film preferito: Un uomo tranqullo di John Ford. Canzone: Teresa di Sergio Endrigo. Libro: Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen.
• Fumatore di toscani.