3 giugno 2012
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Biografia di Livia Turco
• Cuneo 13 febbraio 1955. Politico. Eletta alla Camera nel 1987, 1992, 1994, 1996, 2001, 2008, al Senato nel 2006 (Pci, Pds, Ds, Pd). Ministro per la Solidarietà sociale nei governi Prodi I, D’Alema I e II, Amato II (1996-2001), della Salute nel Prodi II (2006-2008). Prima firmataria con Giorgio Napolitano della legge sull’immigrazione del 1998. Non candidatasi alle elezioni del 2013, è presidente del Forum immigrazione e politiche sociali del Pd. «Piango spesso, anche per le piccole cose. Ho un rapporto liberatorio con il pianto. Però succede che di fronte a un fatto molto grave resti con gli occhi asciutti».
• Figlia di Giovenale, operaio democristiano, diploma di maturità classica, insegnante, dal 1978 all’82 fu segretario provinciale della Fgci di Torino, dall’86 nella segreteria del Pci.
• «Ha qualcosa nei tratti che traduce molto più dolcemente la mascella volitiva di Fabio Capello, quella asprezza solo apparente nei modi, e quella durezza di linee – il mento, la bocca, il naso – che rivelano radici contadine e amore per la fatica. Ma se Fabio Capello è l’allenatore che sa solo vincere, e che sa lavorare solo per quello, Livia Turco in fondo ha dimostrato nel suo lungo percorso politico che perdere non è un peccato» (Pierangelo Sapegno).
• Dalemiana, appoggiò alle primarie del Pd la candidatura di Veltroni alla guida del partito («è la persona in grado di coagulare, di dare entusiasmo»). E poi comunque sottolineò: «Io non ho chiuso la mia straordinaria esperienza con i Ds, che per me sono un pezzo di vita, per star qui a discutere di sigle, di cordate...» (a Fabrizio Roncone).
• Cattolica, da ministro della Salute dovette affrontare anche alcune questioni eticamente sensibili. Contraria all’eutanasia, favorevole al testamento biologico («perché rientra nel contesto del consenso informato»), nominò una commissione ministeriale “per la dignità della fine della vita”: un gruppo di trenta esperti incaricati di stendere le linee guida di un Piano nazionale per le cure palliative e di presentare un rapporto sul tipo di cure e procedure utilizzate in Italia per i malati terminali. Chiese di poter andare a trovare Piergiorgio Welby (vedi Mina Welby) «per capire se posso aiutarlo ad attenuare la sofferenza», specificando che difficilmente avrebbe cambiato opinione e che comunque «un ministro non può decidere su vita e morte anche se favorevole all’eutanasia». La visita saltò per l’aggravarsi delle condizioni dell’uomo da tempo immobilizzato a letto. Si disse favorevole alla pillola abortiva Ru-486, «rispettando la legge e senza sperimentazioni selvagge» e manifestando l’intenzione di farla rientrare nella legge 194, quella sull’aborto, di cui avrebbe voluto aggiornare le linee guida, sia pure considerandola «la migliore possibile».
• Su questi temi si scontrò fra gli altri con Giuliano Ferrara: ciò non le impedì di accettare subito, «senza esitare», la proposta del direttore del Foglio di aderire a una veglia per il diritto di parola del Papa dopo le contestazioni annunciate alla Sapienza. «Livia Turco parla per ideologia, ma nel suo animo è un’antiabortista di ferro; del resto io sono cresciuto nel materialismo ateo, lei nel cattolicesimo cuneese» (Ferrara ad Aldo Cazzullo).
• Si professa antiproibizionista: nel novembre 2006 firmò un decreto che raddoppiava il quantitativo massimo di cannabis che si poteva tenere per uso personale. «Non vuol dire liberalizzare la droga ma evitare a migliaia di giovani di finire in prigione per qualche spinello». Il provvedimento non solo suscitò aspre critiche da parte del centrodestra, ma spaccò anche il centrosinistra: persino Anna Serafini, Ds, moglie di Piero Fassino, in commissione votò a favore di un riesame della legge (e i giornali parlarono di vecchie ruggini tra le due sulla leadership delle donne al Botteghino). In ogni caso nel marzo 2007 il Tar del Lazio annullò il provvedimento. Altre critiche per la proposta di ispezioni antispinello nelle scuole e per quella di vietare la vendita di sigarette ai minori di 18 anni. «L’idea è venuta al ministro della Sanità Livia Turco, ex comunista e cattolica osservante, un cocktail psicologico e politico ad alto tasso di moralismo e di dirigismo che darebbe alla testa a chiunque. Imporre la Virtù per legge, facendo pagare un ticket più alto a chi beve e a chi fuma oltre misura perché maggiormente esposto alle patologie tipiche di chi indulge a tali “vizi privati” e, pertanto, finisce col gravare più di altri sulla Sanità pubblica» (Piero Ostellino).
• Altro scontro con l’opposizione è stato sulla revisione delle linee guida della legge sulla fecondazione assistita: il decreto arrivò proprio alla scadenza della legislatura. Suscitò particolari proteste l’abolizione del divieto di diagnosi preimpianto sull’embrione: i cattolici del centrodestra e i teodem del Pd paventarono il rischio di una deriva eugenetica.
• Nel 2007, dopo lo scandalo del Policlinico Umberto I di Roma (un’inchiesta dell’Espresso ne rivelava il degrado) dispose un’indagine conoscitiva in tutta Italia per verificare le condizioni igieniche degli ospedali: su 854 nosocomi visitati, 417 furono sanzionati dai Nas dei carabinieri.
• È stata tra le vincitrici del Premio Marisa Bellisario (categoria Premi speciali 2007), «per aver rimesso il cittadino al centro del sistema salute, con una determinazione e un coraggio tutti femminili».
• Nel 2006 ha sposato dopo una lunga convivenza Agostino Loprevite. Un figlio, Enrico (1992). Quando nel 2007 la madre disse di voler sostituire nelle scuole le macchinette sputa-merendine con distributori di frutta e verdura la scongiurò: «Mamma, se lo fai... sono finito!!!».