3 giugno 2012
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Biografia di Marco Travaglio
• Torino 13 ottobre 1964. Giornalista. Direttore del Fatto Quotidiano (dal 4 febbraio 2015), giornale che ha contribuito a fondare nel 2009 e del quale è in piccola parte azionista. Ha scritto sul Giornale, La Voce, la Repubblica, l’Espresso, Micromega, l’Unità ecc. Dal 2006 è stato il collaboratore fisso di tutti i programmi di Michele Santoro (Annozero, Servizio pubblico, Announo). Tre spettacoli teatrali: Promemoria (2009-2010), Anestesia totale (2011), con Isabella Ferrari, e È Stato la Mafia (2013, titolo anche del suo ultimo libro, pubblicato da Chiarelettere nel 2014). «Se chi mi attacca mi elogiasse mi preoccuperei».
• Una certa difficoltà nel prender sonno, «sfoglia carte, recupera sentenze, rilegge verbali, e soprattutto scrive, anche fino alle quattro di mattina» (Jacopo Iacoboni), pubblica a raffica libri di grande successo, tra gli ultimi, tutti editi da Chiarelettere: Mani sporche, con Peter Gomez e Gianni Barbacetto, Se li conosci li eviti (con Gomez), Il Bavaglio (con Gomez e Marco Lillo, scritto in soli quindici giorni), L’illusionista. Ascesa e caduta di Umberto Bossi (con Pino Corrias e Renato Pezzini). Da ultimo Slurp. Dizionario delle lingue italiane (Chiarelettere).
• «Marco dettaglio» (Giuliano Ferrara).
• «Si è ritagliato il ruolo di Grande Vendicatore, convinto com’è che la nostra vita si corrompa all’ombra del Regime. Ha preso di mira i potenti della Repubblica, si è coperto di querele, è diventato il nemico pubblico numero 1 del Tiranno e l’ultimo erede del Giustizialismo. Con lui, però, bisogna sempre misurare le parole perché è tignoso, ribatte colpo su colpo, non gira attorno alle cose, è sempre ben documentato. Un eroe per i “duri e puri”, un rompiballe per tutti gli altri. La sua ossessione è che questa sinistra faccia troppo poco per liberarsi dal giogo mediatico di Berlusconi» (Aldo Grasso).
• «Il secondino Travaglio» (Filippo Facci).
• «Molti lo considerano un tremendo forcaiolo, un acritico giustizialista, un demonizzatore degli avversari politici che vorrebbe vedere tutti in galera. Per altri è un idolo, un coraggioso Robin Hood che combatte i ricchi e i potenti in difesa della legalità e contro la corruzione. Da quando parlò, nella trasmissione di Daniele Luttazzi, dei sospetti di rapporti mafiosi che si addensavano sul capo del leader di Forza Italia, è costantemente al centro di feroci polemiche. Ma i suoi libri vanno ugualmente in testa alle classifiche da quando lui, per presentarli, ha praticamente lasciato casa intraprendendo un giro d’Italia che non finisce mai» (Claudio Sabelli Fioretti).
• «Lo squadrista Travaglio» (Adriano Sofri).
• «Il miglior giornalista italiano» (Vittorio Feltri).
• Citandolo davanti al Tribunale civile di Torino, nel 2008 Renato Schifani, presidente del Senato, ha quantificato in un milione e 300 mila euro il “danno” procuratogli da Travaglio con un articolo sull’Unità e un intervento nella trasmissione Che tempo che fa in cui l’aveva accusato di aver avuto in passato contatti con persone poi condannate per mafia. Dalla questione è scaturita anche una dura polemica con il giornalista di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, che ne ha criticato i metodi.
• Cattolico praticante: «Ho avuto un’educazione cattolica. Famiglia religiosa, non bigotta. (…) Prime litigate con mio padre, elettore democristiano, sul mio concetto della separazione tra Stato e Chiesa, troppo laico per i suoi gusti. Sulla politica filoaraba della Dc, troppo filoaraba per i miei gusti (…). Ho sempre detestato il cattocomunismo, il terzomondismo, il giustificazionismo cattolico, anzi democristiano che ha rammollito le difese immunitarie e legalitarie dello Stato» (Marco Travaglio) [Mic 3/2010].
• Liceo dai salesiani, al Valsalice di Torino, al motto di “Prima buoni cittadini. Poi buoni cristiani”. «A qualcuno sembrerà strano, ma sono stati i salesiani a insegnarmi che si può essere cattolici e laici allo stesso tempo».
• Poi facoltà di Lettere a indirizzo storico: «Mi sono appassionato fin da piccolo alla storia, soprattutto a quella risorgimentale. Il mio idolo era Camillo Benso di Cavour, lo statista che in una lettera a Urbano Rattazzi confessava il proprio imbarazzo per aver ricevuto in regalo una trota pescata in acque demaniali, dunque di proprietà pubblica. E quando il banchiere Rothschild gli prospettò una speculazione finanziaria su certi titoli ferroviari, Cavour lo diffidò bruscamente dal proporgli mai più affari che configurassero un simile conflitto d’interessi» [Mic, cit.].
• «Ho cominciato a fare il giornalista in un piccolo giornale torinese cattolico, Il nostro tempo. Lì ho conosciuto Giovanni Arpino che mi presentò a Indro Montanelli. Ho fatto l’abusivo al Giornale come vicecorrispondente da Torino dall’87 al 1992».
• «Sono sempre stato un liberale conservatore. Quando c’erano elezioni cruciali seguivo il consiglio di Montanelli: mi tappavo il naso e votavo Dc. Altrimenti Pli o Pri. Sempre anticomunista, finché c’erano i comunisti».
• Alle Politiche 2008 e alle Europee 2009 ha dichiarato di aver votato per l’Idv di Di Pietro: «Per far capire come la penso, mi rifugio spesso in qualche esempio straniero: in Francia avrei votato volentieri per un Giscard D’Estaing, per uno Chirac, soprattutto per un De Villepin. In Germania non avrei dubbi: adoro Angela Merkel. Essendo italiano e non potendo permettermi quei lussi, e non potendo rifugiarmi nell’astensionismo e lasciare campo libero a Berlusconi e ai berluschini della sinistra, ho votato negli ultimi anni per Antonio Di Pietro, pur contestando la gestione personalistica del suo partito e la scelta di diversi collaboratori tutt’altro che all’altezza» [Mic, cit.].
• Alle Politiche 2013 ha votato per Rivoluzione civile alla Camera e per il Movimento 5 Stelle al Senato.
• Pensa che negli ultimi anni gli unici ad avere in mente un disegno politico siano il presidente Napolitano e Berlusconi: «Due disegni malefici, in parte coincidenti (…) l’idea dell’alleanza destra-sinistra, che tagli fuori le estreme, cioè Lega da una parte, Grillo dall’altra» (Giorgio Dell’Arti) [Come sarà il 2014, Clichy 2013].
• Non crede nell’esistenza di un partito dei giudici: «Ma come fa a esserci un partito dei giudici se i giudici, tra di loro, si detestano? Stanno sempre lì a sforzarsi di dimostrare che sono più bravi di quelli che li hanno preceduti. Non ho mai visto un gup che rinvia a giudizio qualcuno per fare un favore al pm. Anzi, anche se accettano il rinvio a giudizio stanno sempre lì a dimostrare di aver visto o capito qualcosa che al pm era sfuggito» [Dell’Arti, cit.].
• «La scrittura di Travaglio è, alla lettera, questurina. E non perché la sua fonte principale sono i verbali di polizia, gli interrogatori e le intercettazioni, ma perché è quella di un moralista che fatalmente diventa immorale, dal momento che non conosce le lacerazioni della vita reale, bensì solo i codici che vorrebbero imprigionarla. Ne discende inevitabilmente un vocabolario povero e sciatto, ordinario e cupo e una prosa ferrigna e claustrofobica. Per accenderla, Travaglio è costretto a ricorrere, come i piccini, all’esplosione di miccette: “coglioni” e “dementi” e così via, spensieratamente» (Luigi Manconi) [Fog 30/4/2013].
• Sorcino, ama i cantanti pop italiani anni Settanta e la disco-music.
• Juventino, «anche se piuttosto disamorato, dopo il caso Moggi e le volgarità della attuale dirigenza che reclama i due scudetti» [Dell’Arti, cit.].
• Sposato con Isabella, due figli, Alessandro ed Elisa.