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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Oliviero Toscani

• Milano 28 febbraio 1942. Fotografo. «Troppo facile il reportage, arrivi dove si scannano, trovi il sangue, i morti, scatti foto dappertutto e l’impaginato è bello che fatto».
• Figlio di Fedele (1909-1983), primo fotoreporter del Corriere della Sera.
• È stato nominato nel 2008 assessore con delega ai Diritti umani, Comunicazione, Creatività ed Ambiente dal neo sindaco di Salemi e amico Vittorio Sgarbi. Colpito dal degrado del paese vecchio, abbandonato dopo il terremoto di 40 anni fa, considera che le «migliaia di case abbandonate sono una spina nel cuore. Oltre ad essere pericolanti e pericolose, queste strutture rappresentano un patrimonio che si sta dissipando». Così matura l’idea di richiamare mecenati offrendo, in cambio del simbolico pagamento di un euro, una casa ad ognuno di loro e chiedendo che si impegnino a restaurarla nel giro di due anni, rispettandone le caratteristiche originali. Sgarbi, che intanto sta lavorando per garantire una legge speciale per Salemi («È stata - sottolinea - la prima capitale d’Italia e nel 2010 partono le celebrazioni per il centocinquantenario, è stato luogo d’incontro per le religioni ed è a tutti gli effetti una città d’arte») pensa che questa sia l’occasione per richiamare «persone che potrebbero avere la sensibilità e le possibilità economiche per affrontare questa avventura».
• Ha attaccato la trasmissione di Miss Italia 2008: «È uno schifo, un mercato di bestiame, umiliante per le donne».
• Nel 2007 polemiche per la sua campagna choc «no anorexia» che ritraeva l’attrice francese Isabelle Caro (trentatrè chili di ossa) nuda e con evidenti danni da anoressia. Toscani: «una sorta di Urlo di Munch» contro la malattia. Sulla campagna ci furono consensi (Livia Turco, ex ministro della salute: «mi è parso importante che Toscani richiamasse un tema rilevante come quello dell’anoressia, che è molto legata a come viene rappresentata la bellezza, la figura delle donne, e anche una certa idea del benessere») e critiche (Codacons: «le persone malate non dovrebbero mai essere sfruttate a scopo pubblicitario»).
• Pietrangelo Buttafuoco: «La famosa foto di Indro Montanelli con la Lettera 22 Olivetti è sua, la famosa foto della macelleria di piazzale Loreto è sua». La prima macchina fotografica della sua vita, ricevuta in dono come giocattolo, fu una Rondine della Ferrania. Studiò fotografia alla Hochschule für Kunstgestaltung di Zurigo (diploma nel 1965 con punteggio record) per poi cominciare la carriera con Vogue, Elle, Harper’s Bazaar. Nell’82 iniziò un sodalizio con i Benetton che avrebbe dato esiti clamorosi. L’imprenditore: «Volevamo una pubblicità nuova, moderna, soprattutto internazionale: eravamo ormai così solidi da poter osare. Certo, quando cominciarono ad arrivare le prime proteste, rimanemmo male, pensammo persino di smettere e chiedere scusa. Ma capimmo che si trattava di posizioni razziste, e noi il razzismo non potevamo accettarlo. E poi, dal punto di vista degli affari, quelli che protestavano non erano il nostro pubblico, non erano interessati al nostro prodotto, quindi dovevamo andare avanti».
• «Più la gente si indignava, i giornali polemizzavano sino a rifiutare l’inserzione e il gran giurì della pubblicità stigmatizzava (ci furono persino picchetti fuori dai negozi inneggianti al boicottaggio) per la suora che bacia il pretino, per il neonato bianco sul seno nudo di una donna nera, per quella specie di pietà caravaggesca attorno a un malato di Aids morente, più Benetton vendeva, prosperava, ingigantiva. Di anno in anno, scomparso il prodotto dalla pubblicità, solo in un angolo un tassello verde con la scritta United Colors of Benetton, la dispettosa genialità di Toscani e la partecipazione ideologica e mercantile di Luciano continuarono a provocare con la brutalità del reale: nascita, sesso, dolore, morte, razzismo, pena di morte, antimilitarismo, pacifismo; il neonato attaccato al cordone ombelicale, i preservativi, le carrette del mare grondanti di clandestini, il delitto di mafia, i bambini lavoratori, il cimitero di guerra, la serie di sessi femminili e maschili (opera invitata in gigantografia alla Biennale d’arte veneziana nel 1993, rifiutata da tutti i giornali tranne Libération). Sempre più scomoda, beffarda e brutale, la pubblicità dell’azienda affronta tabù impensabili per la comunicazione commerciale: ecco la divisa insanguinata, vera, di un soldato bosniaco morto in guerra, donata dal padre (1994); ecco i ragazzini disabili di un istituto bavarese (1998); e l’ultima campagna, quella che suscita massimo scandalo e probabilmente incrina il rapporto tra Benetton e Toscani: i ritratti di 28 condannati nel raggio della morte di un carcere americano (2000). I magazzini Sears che hanno 400 negozi negli Stati Uniti rompono il contratto di distribuzione; un intero stato, il Missouri, fa addirittura causa (poi rientrata) all’azienda. L’imprenditore chiederà pubblicamente scusa ai parenti delle vittime di quei criminali, mentre Toscani respinge ogni accusa. Il genio della pubblicità e il genio dell’imprenditoria si separano e, da gentiluomini, eviteranno polemiche» (Natalia Aspesi).
• Da ricordare anche la campagna del 1993 con lo stesso Benetton nudo che reclamava indietro i suoi vestiti (serviva a spingere la gente a donare abiti per le popolazioni indigenti, se ne raccolsero 460 mila chili) e quella per i jeans Jesus, un «chi mi ama mi segua» stampato sulle natiche della modella Donna Jordan (madre di Kate Moss).
• Fondatore della scuola di creatività Fabrica, è stato direttore creativo della Miramax Media e, fino al 2000, di Colors, mensile dei Benetton.
• Nel 2006, campagna per la Ra-Re, mostrò due uomini che si baciavano: arrivato un avviso di garanzia per offesa al pudore e alla pubblica decenza, commentò: «Sono orgoglioso del lavoro svolto perché ancora una volta ho dimostrato che in questo Paese quando fai arte crei scandalo».
• «Chi è disordinato non può essere un artista. Mi ricordo Picasso perché lo fotografavo. Alla fine della giornata puliva personalmente tutti i suoi pennelli e li rimetteva a posto nei vasi. L’ordine è come scrivere. Le parole le metti insieme per bene una dietro l’altra. La creatività ha bisogno di sistematicità, di rigore».
• «L’arte deve sorprendere. Lo capii da ragazzino. Mia sorella maggiore di 11 anni mi spedì una cartolina con dentro una piazza di De Chirico. Scioccato, capii che l’arte doveva fare solo questo: comunicazione, comunicazione, comunicazione».
• Ricama a punto croce, non ha mai fatto ginnastica, mai un giorno di dieta, evita il più possibile medici e medicine.
• Le sue foto sono esposte nei più importanti musei di arte contemporanea del mondo (L’Aja, Francoforte, Chicago, Johannesburg ecc.).
• Libri: l’autobiografia Ciao mamma (Mondadori, 2000), La pub est una charogne (Hoebeke, 2000, tradotto in undici lingue).
• Sposato con l’ex fotomodella norvegese Kirsty Moseng: «L’ho conosciuta su una copertina di Vogue. Allora facevo il fotografo di moda, avevo poco più di trent’anni, alle spalle già due matrimoni andati male e una fama non troppo buona. Continuavo a guardarla e dicevo “questa qui è la mia donna” e una mia amica, redattrice di Vogue, mi minacciava: “Giù le mani, quella è una ragazza seria, non va bene per te”. Poi ho fatto finta di avere bisogno di lei per un lavoro e l’ho fatta venire con il suo book. È arrivata con addosso una salopette di jeans, una maglietta bianca e un fazzolettino al collo. Sono rimasto fulminato. La guardavo e non sapevo cosa dire. Allora, di fronte a lei, ho preso il telefono, ho chiamato Riccardo Gay, il proprietario dell’agenzia e gli ho detto: “Ma chi mi hai mandato? Ti avevo chiesto una modella e mi trovi una contadina”. Kirsty mi guardava senza capire che quella era una dichiarazione d’amore. Sapevo già allora che essere una contadina è infinitamente meglio che essere una fotomodella» (da un’intervista di Isabella Bossi Fedrigotti).
• Hanno tre figli: Rocco (fotografo), Lola e Ali. Nel 1998, dovendo realizzare la campagna delle pelletterie Enny, fotografò Lola, a quel tempo dodicenne, in costume con scarponi da trekking e borsa. Uscita la foto su Marie Claire, l’Advertising Standard Authority mise sotto inchiesta Toscani, chiedendogli se il padre della bambina era d’accordo sul farla fotografare.
• Alle elezioni politiche del 2006 si candidò con la Rosa nel Pugno, non eletto. Nel 2008 s’è astenuto: «Veltroni ha detto che andava da solo, e invece ha imbarcato di tutto. Non potevo votare una formazione politica dove c’erano la Binetti e la Bonino insieme. Hanno ucciso il mio partito, quello radicale. Perché dovevo andare a votare?».
• Interista. «Papà li conosceva tutti, italiani e stranieri, campioni e meno campioni, i rapporti umani a quell’epoca erano un’altra roba. Io tengo all’Inter perché allora capitava di andare in trasferta sul pullman dei giocatori. E una volta che l’Inter vinse tre a zero sul campo della Juve i giocatori, tornando, mi presero il diario di scuola e mi fecero ciascuno una dedica, convinti che fossi stato io a portare fortuna. Diventai interista quel giorno, e il Toro, per cui avevo tifato nei primi anni diventò la seconda squadra» (a Gigi Garanzini).
• Vive in una fattoria, due ruderi che prese negli anni Settanta, a Casale Marittimo in Toscana, una fattoria autonoma con polli, mucche, cavalli e trattori (il contadino gli ha tirato via il cavo Telecom con l’erpice). «Oliviero Toscani, che è il genio della trasgressione italiana, nella sua fattoria di Casale produce un olio di qualità che aveva pensato di pubblicizzare utilizzando l’immagine della Madonna di Raffaello: "Vergine". E sotto, accanto alla foto dell’olio: "Extravergine". (La pubblicità fu respinta da un grande giornale laico)» (Francesco Merlo).