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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Giuseppe Tornatore

• Bagheria (Palermo) 27 maggio 1956. Regista. Premio Oscar 1990 con Nuovo cinema Paradiso (miglior film straniero, anche gran premio della Giuria al Festival di Cannes 1989, Golden Globe 1990 come miglior film straniero). «Vorrei fare tutto, dall’operatore di macchina al fonico, dal produttore alla comparsa. L’attore no: ci ho provato al liceo, con Pirandello, ed ero un cane».
Ultime Il suo La sconosciuta, thriller psicologico uscito nel 2006, nel 2007 fa incetta di David di Donatello: film, regia, fotografia, musica, attrice protagonista (Xenia Rappoport). Nel 2008 ha girato Baaria – La porta del vento, kolossal che attraversa il Novecento, per il quale ha ricostruito in Tunisia il cuore della sua città natale, Bagheria. Fra gli interpreti molti attori siciliani, da Luigi Lo Cascio a Enrico Lo Verso, Rosario e Beppe Fiorello, Leo Gullotta ecc.
Nuovo cinema Paradiso è proclamato dai lettori del Guardian film straniero più amato di sempre nel Regno Unito.
• Nel 2012, è stato premiato per la quarta volta con il David di Donatello come miglior regista per La migliore offerta, con Jeoffrey Rush esperto d’arte inglese travolto dalla passione.
Vita «Figlio del segretario della sezione comunista di Bagheria (“ma nel tempo mio padre ha lavorato alla Cgil, alla Federbraccianti, in Federazione”), ha passato tutte le sere degli anni del liceo facendo il proiezionista al cinema di Villabate “provando un sentimento di onnipotenza quando sentivo che in sala la gente rideva, e sentendomi svuotato quando c’erano pochi spettatori distratti”. A 19 anni già realizzava dei piccoli cortometraggi in superotto, che finanziava facendo – professionalmente – i filmini dei matrimoni. “Nel 1979 girai Scene di morte a Bagheria: avevo ripreso il mio paese nella settimana di Ferragosto, fra le due e le tre di pomeriggio”. Poi, le prime collaborazioni con la Rai regionale, che acquistò un suo documentario. Guttuso l’aveva visto e molto amato. Finalmente, il cinema: “Con la cooperativa che avevo fondato feci la produzione esecutiva del film realizzato da Giuseppe Ferrara sul generale Dalla Chiesa”. Da lì il balzo a Roma» (Patrizia Carrano). Nell’autunno 1986 uscì il suo primo film, Il camorrista: i critici notarono una certa grinta, la capacità di dirigere anche un attore di buon richiamo come Ben Gazzara (il protagonista). Si conquistò così un Nastro d’argento come miglior regista esordiente e si fece nemico il camorrista vero, Raffaele Cutolo, che chiese il ritiro del film.
• Poi venne Nuovo cinema Paradiso, storia con vene autobiografiche di un bambino che si nutre dei sogni e delle suggestioni dei film proiettati nella sala parrocchiale del paese, apologo sulla nostalgia del cinema di una volta. Il film fu prima un insuccesso traumatico per il regista e il produttore, e poi (dopo alcuni tagli e rimaneggiamenti) un trionfo internazionale. Presentato nell’88 al Festival Europacinema di Bari, accolto con freddezza dai critici e ignorato sulle prime dal grande pubblico, dovette aspettare il successo in Francia per essere rivalutato, fino alla conquista dell’Oscar. Tornatore, che aveva in testa il soggetto da diversi anni, ripercorse così le vicende del film nei giorni del Gran premio della Giuria a Cannes: «Pensavo, e prendevo appunti su pezzettini di carta. E, come faccio sempre, infilavo i pezzetti di carta in una cassettina-salvadanaio: con gli anni, se mi fossi convinto che valeva la pena, dopo aver riempito la cassetta, l’avrei aperta, avrei riletto, avrei rimesso in ordine i pezzetti di carta, ne sarebbe venuta fuori una sceneggiatura... Pensavo al film, scrivevo, e non osavo proporlo: erano i primi anni Ottanta, e i pochissimi esordi erano tutti di stampo eccessivamente autobiografico. Poi, un giorno, due anni fa, raccontai tutto a voce, come un cantastorie, a Lombardo. Lui mi chiese di scrivere subito un trattamento. Era il dicembre dell’87. Aprii la cassetta: eseguii. Già sulla carta era un film costoso. Lombardo non voleva la coproduzione tv. Io, scrivendo, mi ero entusiasmato. Non volevo rinunciare. Stampai un’infinità di copie del mio lavoro, e le mandai in giro. Pochi giorni dopo mi risposero, a ruota, prima Cristaldi, e poi Rizzoli: io, che non avevo mai avuto prima d’allora a chi dire di no, ma solo gente cui chiedere di essere ricevuto e ascoltato, mi sono posto il problema di chi scegliere. Soffrendo ho firmato con Cristaldi per il Paradiso, e con Rizzoli per il film che andrò a girare tra poco, Stanno tutti bene. Poi ho girato il film. Con Cristaldi avevamo voglia di farlo vedere prima possibile. Abbiamo portato a Bari praticamente il premontato: due ore e cinquanta di film. Il pubblico quasi delirò, facendo maturare nei distributori l’idea che Nuovo Cinema Paradiso, per uscire, non avesse neanche bisogno di lancio. Scesero in campo i critici, e si spaccarono in due fazioni: i favorevoli, come Morandini, Caprara, Frosali o Borelli, e i contrari, Kezich, Cosulich, Reggiani, Tornabuoni. La giuria diede un giudizio indecoroso: premio per il miglior contributo alla prima parte del film. E io cominciai a pensare, a interrogarmi...» (ad Anna Maria Mori). Dopo il flop al botteghino in Italia, Nuovo cinema Paradiso a Cannes fu venduto in tutto il mondo: «A settembre, con un lancio grandioso, il film esce in Francia. Subito dopo in Germania. A novembre negli Stati Uniti».
• «Visse l’Oscar come rivincita su un’Italia dalla quale si era sentito incompreso. “Fu l’Espresso a scrivere in copertina ‘Incompreso’. Da Los Angeles io me ne tornai a chiudermi in moviola dove stavo montando Stanno tutti bene, Fellini mi telefonava e mi diceva: sei scemo, ma come? In un momento bello come questo te ne stai lì chiuso? Esci, divertiti, scopatele tutte, un momento così non si ripete. Ma io non me lo sono goduto per niente. Non mi sento isolato dalla comunità del cinema, ma il mio non essere nato a Roma, l’esser venuto da fuori mi ha reso non un isolato ma un estraneo” (...) Goffredo Fofi coniò la parola “Tornatores”, Tornatore più Salvatores, per dire il peggio del cinema italiano. “Lo so, mi sembrò folklore di pessima categoria”» (Paolo D’Agostini).
• I critici poi difesero il loro operato: Lietta Tornabuoni scrisse che il film non era stato maltrattato, ma solo (ben) consigliato a ridurre la sua dimensione originaria, troppo dispersiva. «Ma non andò così, è una favola. Il film tagliato, che tagliai io dopo l’insuccesso iniziale, e non Cristaldi ma mi sono stufato di ripeterlo, tornò nelle sale ma fu di nuovo un insuccesso di pubblico e di critica. Solo quando molto dopo arrivò l’Oscar i critici si sono ricordati di far tornare i conti».
• Altri premi, altri film: David di Donatello e Nastro d’argento come miglior regista nel 1996 per L’uomo delle stelle, nel 1999 per La leggenda del pianista sull’oceano. Premiato col Nastro anche per Stanno tutti bene (soggetto originale, 1991). Ha diretto anche Una pura formalità (1993), Malèna (2000).
• Vive a Roma, torna a Bagheria due-tre volte all’anno. Di sinistra: vittima di una rapina a Roma, quartiere Aventino, da parte di due romeni, nell’agosto 2007, prende comunque posizione contro l’inasprimento delle regole, in tema di sicurezza.
Critica «Partito da Baricco, Tornatore costruisce la sua Leggenda del pianista sull’oceano come un appassionato omaggio al cinema epico-lirico di Leone. Sbeffeggiato dai critici antipatizzanti, il film, avvolto dalla musica di Morricone, è sfrontato e affascinante, con almeno tre scene-madri da ricordare» (Claudio Carabba).
• «Un film di smisurate ambizioni metaforiche che è anche un sovraec­citato manifesto di voyeurismo. Incarnata da una Monica Bellucci trasformata in icona, Malèna è emblema del Desiderio maschile, simbolo di ogni sogno impossibile, carnale metafora del Cinema (...) Tutto il resto è paccottiglia da esportazione di altissimo costo» (Morandini).
• «Nel suo nuovo film, La sconosciuta, presentato ieri ad una platea rumorosa di singhiozzi, crea il personaggio della nuova cinevittima esemplare, riunendo in un solo essere femminile tutte i disagi e le brutture che possono oggi accanirsi sulle donne sfortunate: extracomunitaria venuta dall’Est, costretta alla prostituzione, preda di sadici torturatori sogghignanti, la fan figliare (nove volte!) per vendere le sue creature, le ammazzano il buon innamorato, nulla le viene risparmiato, anche Yvonne Sanson avrebbe detto basta» (Natalia Aspesi).
Frasi «Sono autodidatta. Ma fin da ragazzino non mi occupo d’altro. Credo che la migliore scuola di cinema sia andare al cinema».
• «Non credo che la componente di scontrosità del mio carattere possa aver giustificato un certo clima che si è creato intorno a me e per un po’ mi ha fatto soffrire. Ora non più, non me ne curo assolutamente. Si è arrivati al punto di scrivere che non sapevo usare i congiuntivi».
Vizi Si dice molto riservato, «e spesso questo viene visto come un atteggiamento di superbia che non mi appartiene».
• Una passione anche per la fotografia: «Avevo dieci anni quando ho cominciato a usare la macchina fotografica: per un altro decennio è stata per me una specie di indumento, qualcosa senza la quale non puoi uscire per strada, qualcosa di molto simile alle scarpe».