3 giugno 2012
Tags : Aldo Togliatti
Biografia di Aldo Togliatti
• Roma 29 luglio 1925 – Modena 9 luglio 2011. Figlio di Palmiro (1893-1964) e Rita Montagnana (1895-1979). Ingegnere, dall’80 fino alla morte è stato ricoverato a Modena nella casa di cura Villa Igea, stanza 429.
• «Viene allevato nei collegi riservati ai figli dei compagni esuli nell’Urss o liquidati da Stalin. Nel ’47, non vorrebbe tornare in Italia, ma gli tocca. E qui, forse il trauma peggiore, papà Palmiro abbandona mamma Rita e si rifà una famiglia. Né Nilde Iotti né la figlia che adotterà insieme a Togliatti, Marisa Malagoli (poi, ironia della sorte, affermata psichiatra) avranno mai a che fare con lui. Aldo non sopporta di essere, sempre e dovunque, “il figlio di Togliatti”. Si isola. Resta solo con la madre e con il suo male. La diagnosi risale al 1950 ed è senza speranza: schizofrenia con spunti autistici. O forse no, ma non aiuta il fatto che venga curato in Unione Sovietica o in Bulgaria. Vengono i brividi a pensare a quali potessero essere le cure per un malato di mente, nei sanatori di Yalta degli anni Cinquanta... Bene o male, forse più male che bene ma sempre nella totale riservatezza, Aldo vive con la mamma a Torino. Per un paio d’anni riesce perfino a lavorare: in Russia è diventato ingegnere. Poi deve smettere. La tragedia personale diventa un problema sociale quando Rita Montagnana muore, nel ’79. È chiaro che Aldo non può stare da solo. Per qualche settimana se ne perdono perfino le tracce. Viene ritrovato in un ospedale di Le Havre, pestato e derubato da alcuni barboni. È qui che la vicenda si sposta a Modena, il feudo rosso, la cittadella dove bastava – e basta – dire “il partito” per capire di quale partito si tratti. La struttura si attiva e qui davvero si vede che monolite fosse il Pci di una volta. Tutti tacciono. Un militante, Pier Camillo Panzetti, accetta di ospitare fittiziamente Aldo, in modo da dargli un domicilio legale. Un altro, con uno di quei nomi che sono possibili solo da queste parti, Onelio Pini, metalmeccanico, di prendersene cura. Per anni, per decenni, due volte alla settimana farà visita al figlio di quello che per lui è ancora e sempre il Migliore. Gli porterà i cambi di biancheria e le sigarette Stop. Fingerà di essere un ingegnere, perché Aldo solo degli ingegneri si fida. Gli dirà, venuto il momento, che l’Urss non c’è più (risposta: “Non ci credo”)» (Alberto Mattioli).
• «“I figli dei più autorevoli dirigenti delle Botteghe Oscure – ha scritto Miriam Mafai – furono infelici”. Ieri è morto, a 86 anni, il più infelice di tutti: Aldo Togliatti, anzi Aldino, o Aldolino, là dove il diminutivo non riesce comunque a riscattare una triste nascita, con il papà rinchiuso nel carcere; e poi un’infanzia ancora più disgraziata, piccolo vagabondo della rivoluzione sballottato da papà Palmiro e mamma Rita Montagnana tra Mosca e Parigi: sempre solo nelle cupe stanze e polverose dell’hotel Lux, affidato a gente che aveva altro a cui pensare, una scodella di minestra nerastra, la kascia, alla mensa dell’asilo dell’Internazionale; e poi come se non bastasse quel leggendario incidente che proprio a lui venne attribuito in tenera età, di aver gettato per gioco nella stufa della casa parigina la busta con i soldi destinati alle attività clandestine del Centro Estero del Pci (…) Sebbene devastato dalle peregrinazioni dell’esilio, Aldo Togliatti era genialoide e coltissimo, aveva la passione della scienza, dei numeri e dell’ingegneria, giocava a scacchi da solo, parlava bene quattro lingue: “Ha letto più libri di me – diceva il padre – ma non riesco a capirlo” (…) In un bel libro di memorie, Quando le Botteghe erano oscure (Il Saggiatore, 1997), l’allora segretario di Togliatti Massimo Caprara, che lo accompagnò a Praga, ha raccontato di aver avuto l’impressione che Aldo non fosse comunista. Anche questo sospetto non dovette giovargli. Si scrisse che aveva delle crisi mistiche, argomento pericoloso. Per due volte disperatamente cercò di scappare. In America, in piena Guerra Fredda. Una volta lo ritrovarono a Le Havre; un’altra volta, nel 1958, a Civitavecchia: e qui il particolare, presunto e struggente ad un tempo, è che volesse raggiungere Disneyland» (Filippo Ceccarelli) [Rep 11/7/2011].