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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Filippo Timi

• Perugia 27 febbraio 1974. Attore. Scrittore. Da ultimo visto al cinema ne I corpi estranei (di Mirko Locatelli, 2014) e nel docu-film The show Mas go on (Ra Di Martino, 2014). Tra i suoi film Saturno contro (Ozpetek 2007), I demoni di San Pietroburgo (Montaldo 2008), Come Dio comanda (Salvatores 2008), Vincere (Bellocchio 2008), La solitudine dei numeri primi (Costanzo 2010), Quando la notte (Comencini 2011), Un castello in Italia (Bruni Tedeschi 2013). Anche regista teatrale: da ultimo con Skianto (2014). «Come lo schianto forte del cuore, il suo, ma con la kappa del gruppo rock. Perché questa volta Filippo Timi si mette a nudo davvero» (Irene Vallone) [Lib 25/2/2014]. Collabora stabilmente con il teatro milanese Franco Parenti. «Il teatro è un corpo a corpo con il pubblico; il cinema sembra il tiro con l’arco, perché un film è una freccia che vola nel tempo». Anche televisione: ha interpretato il barista Massimo nella serie Sky I delitti del barLume. Attualmente nella serie satirica Il candidato, che va in onda in coda a Ballarò (Raitre).
• «Nuovo mito trasversale. Specialmente per le donne. Lui, onesto, ammette: “Seduco a trecentonovanta gradi”. Alto, spalle larghe, barba e capelli arruffati, quarantasei di piede, Timi è un uomo ingombrante. È umbro. Ponte San Giovanni, appena fuori Perugia. Ama la sua terra e quando torna a casa è sempre un’emozione. Un’infanzia semplice quella di Timi: “Da bambino facevo parte del gruppetto degli sfigati, soffrivo anche di ernia e i medici avevano ordinato ai miei di non farmi piangere: mia sorella mi odiava perché mi vedeva come un privilegiato. Ero il classico ‘ciccio’ che non ha mai avuto il motorino. Quel tipo di bambino che fa tenerezza agli adulti e che i coetanei sfottono”. Mamma infermiera e papà operaio, Filippo sognava in grande: “In un tema di quinta elementare scrissi che da grande mi sarebbe piaciuto essere una specie di Elvis Presley per avere tante ragazze che mi chiedessero l’autografo. Finita la scuola, invece, mi sono messo a studiare filosofia e al secondo esame un professore mi ha cacciato perché avevo deciso di applicare con lui il metodo di Socrate, rispondendo alle domande con un altro quesito”. Una pessima partenza che lo fa velocemente traslocare all’istituto d’arte. “Lì mi si è aperto un mondo. Ho scoperto quanto era meraviglioso studiare, e ho cominciato a immaginare una vita d’artista”» (Irene Maria Scalise)[Rep 19/9/2010].

• «A ventun anni, senza aver frequentato nessuna scuola, fa il primo provino con Giorgio Barberio Corsetti, il debutto è a fianco di Franco Citti in La nascita della tragedia. “Mi diceva: ‘Saresti andato a genio a Pasolini, sei così belloccio’”. Poi l’incontro con “l’unica donna che ho amato veramente”, come chiama ridendo Carmelo Bene: “Cominciò a elencarmi i nomi di filosofi contemporanei, dovevo studiare perché per lui gli attori sono estetica dell’anima”. Diventa il preferito di Corsetti, è Orfeo, Perceval, Satana e con Metafisico cabaret nel 2004 vince il prestigioso premio Ubu. Sua madre voleva che facesse l’architetto oppure lo stilista, invece Timi prima di diventare attore ha fatto di tutto, anche il cubista nelle discoteche “con il perizoma, ma senza prendere droghe o bere alcol. Non potevo spendere i soldi guadagnati”. E poi fa il ballerino in un’opera di Mozart, il modello in una sfilata di Armani» (Terry Marocco).
• «Sentendomi ignorante, ho campato per anni di citazioni. Fu Corsetti a dirmi: “Abbiamo capito che hai studiato, mo’ basta. Tu che pensi?”. E io: “Come direbbe Deleuze...”, “Non Deleuze, tu!”».
• «Quarantenne da poco, corre nel mondo dello spettacolo e dell’arte con la velocità di un bambino. Adesso Timi può permettersi un Ego gigantesco come quello che ha... “Se fai l’attore non puoi non avere un ego sfrenato. Vedi sullo schermone del cinema la tua faccia in primo piano... senti la tua voce che riempie la sala del teatro in cui tu sei Don Giovanni in mutande ma con addosso un cappotto che pesa trenta chili... Ricevi email di giovani donne che ti dicono: sei ‘sdraiabile’, oppure: so che hai poco tempo libero ma hai detto che il tempo per l’amore si trova sempre, se vuoi anche io il tempo lo trovo... Ma il mio Ego è così grande che ci sta dentro tutto il mondo che mi circonda. C’è posto per tanti, non soltanto per me”. Per fortuna che poi l’Ego di Timi si smoscia: “Quando esagero penso: chi credi di essere? Tu fai la cacca come tutti gli esseri umani. Sei come gli altri”. C’è un sito gay che ancora oggi pubblica le di lui foto così: in mutandine con un dito che sbuca fuori e che sembra un piccolo pene. “Parliamo di dieci anni fa. Era il mio periodo Rock, anzi Hard Core, facevo un Amleto che cominciava con una Marilyn comica e un Amleto chiuso in una gabbia da leoni. Due fotografe mi proposero di fare quelle foto. Le ho fatte. Ci siamo divertiti tutti, tranne mia mamma. Ma era un gioco”» (Francesco Cevasco) [Cds 27/6/2014].
• «È ansioso, ma in un modo tutto suo. “Non ho timori per me ma mi pongo domande impressionanti del tipo: dove andremo a finire?”. Nella vita è quasi sempre innamorato: “L’amore lo concepisco in modo francescano, non ho il senso dell’appartenenza ma voglio essere amato a tutti i costi. Anche perché non puoi recitare in teatro senza che ti batta il cuore. Ho troppo rispetto per me stesso per abbandonarmi alle avventure. Senza contare che la mia generazione è stata inibita dalla paura dell’Aids e questo mi ha parecchio frenato”. Il mondo femminile lo affascina, anche se sa bene che ogni sforzo per comprenderlo “è inutile”. Della malattia e della morte cerca razionalmente di farsene una ragione, ma l’istinto bestiale è di terrore puro: “Se penso alla morte vorrei allungare un braccio e aggrapparmi a Dio. Da un po’ ho anche timore di volare. Nei viaggi lunghi mi ripeto frasi scontate – tipo nulla può accadere sino a quando non arriva il tuo momento –. Poi però mi assale il dubbio atroce che ‘il momento’ sia arrivato per il mio vicino. E allora entro nel panico”. Di figli ne vorrebbe, ma non subito. “Quando torno in Umbria e vedo le figlie gemelle di mia sorella le trovo meravigliose, ma molto impegnative”» (Scalise, cit.).

• «Ho le balbuzie da quando compii 17 anni. I meccanismi di ogni spettacolo mi aiutano. Una persona normale per parlare usa una trentina di muscoli, mentre un balbuziente ne usa 300, arriva a parlare muovendo i muscoli dei piedi, mette in moto energie in più. Io sono costretto a una presenza totale, quando recito. Tutto l’opposto di quando non sono a teatro: nella vita divento fragile, reagisco con eccessi, e le fidanzate mi dicono che sono troppo vulnerabile e geloso».
• Recitò Favola (scritta da lui), dove interpretava una donna. Grandi sofferenze per la ceretta: «Mai avrei immaginato che facesse tanto male. Volevano pure sacrificarmi le sopracciglia, ma mi sono opposto. Poi c’è stata la tortura dei tacchi alti. I miei piedi non me lo perdoneranno mai. Infine, una strizzatina al torace con guepière stile Rossella O’Hara mi ha fatto spuntare un paio di seni di tutto rispetto». (Giuseppina Manin) [Cds 15/3/2011].
• «Per due volte ha avuto delle eiaculazioni in scena. In un caso era Tiresia delle Metamorfosi di Ovidio, nell’altro il Danton di Buchner» (Stefania Rossini) [Esp 5/11/2009].
• «Io vorrei fare sesso sempre con tutto il cast. Con le attrici con cui ho lavorato non è mai successo niente» (ad Annalia Venezia) [Pan 8/4/2011].
• «A furia di personaggi sgradevoli e mal scritti sembra abbia perso la sua presenza scenica» (Mariarosa Mancuso).
• «Le due espressioni di Filippo Timi, con occhiali e senza occhiali» (Annalena Benini).
• Autore di due romanzi: Tuttalpiù muoio (2006) scritto con Edoardo Albinati, E lasciamo cadere queste stelle (2007), entrambi per Fandango. Nel 2009, sette suoi racconti sono stati pubblicati da Mindgard nell’ambito del progetto Racconti Perugini.

• La sindrome di Stargardt gli riduce la vista al punto da costringerlo a leggere con una lente. «Ogni tanto penso a quanto mi piacerebbe guidare. Con il computer mi sono abituato a usare i caratteri quaranta e grazie all’iPhone riesco a inviare anche i messaggi». «“Vedo non con gli occhi, ma con il cervello. Immagino e costruisco. Magari vedo nella mia testa quello che vedete voi con i vostri occhi”. Ora che fa anche il pittore, qualcosa si capisce: i suoi quadri propongono momenti che sembrano filtrati dalla nebbia milanese che Buzzati raccontava negli anni Sessanta. Il bello è che comunicano un’emozione a dodici diottrie» (Francesco Cevasco).
• «E la politica? Ha fatto Mussolini al cinema, i libertini in teatro e il papà politicamente corretto nel nuovo film di Mirko Locatelli I corpi estranei. Chiedergli come la pensa, politicamente appunto, significa aver pazienza: perché subito ti dice, ovviamente: “Non sono succubo di alcuna ideologia”. Ma, siccome non riesce trattenere la sua indomabile spontaneità, quasi sbotta come uno dei francesi (poeti matti, scrittori sbiellati) che lui ama tanto: “Sono sinistroide. Ma gli estremisti sbagliano. Come i religiosi integralisti. Di tutte le chiese. Mi piace l’ideologia della tolleranza”» (Francesco Cevasco).
• Da giovane è stato campione di pattinaggio in Umbria.

• «È pazzo del suo cane Petra, una femmina di Shiba Inu. “Faccio follie per starci insieme anche solo poche ore”» (Paola Jacobbi) [Vty 19/1/2011].