3 giugno 2012
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Biografia di Gianmaria Testa
• Cavallermaggiore (Cuneo) 17 ottobre 1958 – Alba 30 marzo 2016. Cantante. Autore. Più noto in Francia che in Italia.
• Capelli ricci, occhialini tondi e baffi. Cresciuto nel Cuneese, «dalla parte sbagliata del Tanaro, dove non si fa il Barolo ma l’Arneis», in una famiglia di contadini dove tutti cantavano. Imparò a suonare la chitarra da autodidatta. Scrisse la sua prima canzone subito dopo aver appreso i primi accordi, poi «un Signor Nessuno che mandava registrazioni benfatte alle case discografiche italiane e si sentiva rispondere: “Poco radiofonico. E che immagine malinconica: perché non si taglia quei baffi?”. Un giorno gli è bastata una cassetta registrata in casa (“roba orrenda, col fruscio sotto”) e spedita al Premio Recanati, per essere ascoltato da un’illuminata signora francese, Nicole Courtois, venire convocato dopo due settimane a Parigi, dalla Warner e diventare qualcuno» (Francesco Battistini).
• «C’era voluta la Francia per farcelo conoscere. Il primo album del cantautore, Montgolfières, era stato pubblicato nel 1995 dalla Label Bleu e in Italia era arrivata solo qualche copia d’importazione. I nostri discografici non avevano creduto in lui. Si è dovuti arrivare al quarto album, Valzer di un giorno, per avere un disco tutto italiano. E che Testa decise di vendere nelle edicole» (Andrea Laffranchi).
• «Veniva accostato spesso a Paolo Conte, un po’ a ragione e un po’ no, e non si è mai capito quanto a Gianmaria facesse poi piacere quell’accostamento costante» (Andrea Scanzi).
• «Ha alle spalle trent’anni di canzoni e molte migliaia di concerti in Europa e in Nord America, più all’estero che in patria. Un successo solido, profondo, senza gli sbalzi tipici della scena pop, fatto di puro palcoscenico e di un fortissimo rapporto con un pubblico conquistato, viene da dire, persona per persona. Televisione pochissima, interviste infrequenti, un artista schivo, diffidente delle cose facili, eppure mai elitario» (Michele Serra).
• «Aveva in sé una passione civile vera, una compassione profonda per l’umanità che soffre e che lotta. Nel nostro tempo sbandato, lui non s’è tirato indietro. Senza clamori né ostentazioni, affrontava nelle sue canzoni temi come l’immigrazione e le nuove povertà, che oggi non vanno in classifica. Gian Maria se ne fregava, delle classifiche. Faceva ciò che gli sembrava giusto; e perché gli sembrava giusto» (Gabriele Ferraris).
• «Procuratevi immediatamente la musica e la poesia di Gianmaria Testa» (Pietrangelo Buttafuoco).
• Tra i suoi dischi: Montgolfières (1995), Il valzer di un giorno (2000), Da questa parte del mare (2006, targa Tenco 2007 come miglior album dell’anno), Vitamia (2011) e il doppio live Men at work (2013). Oltre 1.500 concerti in tutto il mondo, numerose collaborazioni con altri artisti (Paolo Fresu, Gabriele Mirabassi, Enrico Rava, Stefano Bollani). Anche spettacoli di prosa, tra gli altri Chisciotte e gli invincibili, da un testo di Erri De Luca e 18 mila giorni – il pitone di Andrea Bajani.
• Esordio nell’editoria nel 2012 con la pubblicazione di Ninna Nanna dei sogni (Gallucci) una canzone favola, illustrata dalle tavole di Altan. Segue nel 2013, 20mila leghe (in fondo al mare), sempre per Gallucci e nel 2014 Biancaluna (Gallucci), nuovamente con i disegni di Altan. Nell’aprile 2016 infine Einaudi ha pubblicato l’autobiografia Da questa parte del mare.
• «Si inventava degli straordinari progetti tra letteratura e musica, aveva una passione letteraria non comune tra i musicisti, che abitualmente amano parlare di musica e non di libri. Lui, invece, è sempre stato potenzialmente uno scrittore oltre che un autore e un musicista, e questa sua completezza contribuiva a renderlo umanamente particolare» (Stefano Bollani).
• «Oltre a De André ho avuto nella mia giovinezza altri shock artistici, come Ungaretti. In tv davano l’Odissea, e lui ne leggeva alcuni passi. Rimasi impressionato dalla lentezza, e rileggendo le sue opere capii quanto valore lui desse alle parole. Non voglio fare un paragone tra me e Ungaretti, per carità, ma sto attento a non mettere parole inutili» (da un’intervista di Lucia Marchio).
• Era anche ferroviere. «Mio padre mi ripete che si può lavorare cantando ma non cantare per lavoro. E poi se perdessi il contatto con le mie cose quotidiane, avrei paura di perdermi», raccontava. «Con la ferrovia ho smesso nel 2007. Non ce la facevo più a fare due lavori. Ero dirigente centrale operativo, dirigevo la tratta italiana della Cuneo-Nizza. Una delle ferrovie più belle del mondo. Ma lo sa solo il macchinista, che se la vede arrivare di fronte, quanto è bella quella ferrovia che entra e esce dai tunnel in mezzo all’ardesia» (nel 2015).
• Era sposato con Paola Farinetti (sorella di Oscar Farinetti) che era anche la sua manager.
• Nel maggio 2015, in un’intervista a Michele Serra su Repubblica, aveva parlato della malattia che lo porterà poi alla morte: «Ho un tumore, l’ho scoperto ai primi di gennaio. Non è operabile. Ho fatto cinque cicli di chemioterapia, il tumore si è molto ridotto. Ma i medici mi hanno detto che nei prossimi mesi devo annullare ogni altro impegno che non sia curarmi. Avere cura di me. Ed è quello che sto facendo (…) Sei costretto a convivere con un corpo estraneo, non sei più solo, sei in due. Ma si può reagire, si può guarire, e soprattutto si può rimanere pensanti. È così che cerco di fare io (…) Mi mancano i concerti, mi manca moltissimo suonare e cantare. Lo faccio piano, da solo. Di notte, così non do fastidio. Penso molto alla musica e alle canzoni, ci penso continuamente. È come se mi rendessi conto solo adesso che erano parte integrante del mio vivere».