Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Susanna Tamaro

• Trieste 12 dicembre 1957. Scrittrice, autrice di uno dei romanzi di maggior successo del dopoguerra Va’ dove ti porta il cuore (Baldini & Castoldi 1994). «E se son lesbica, e se sono fascista, e senza neanche leggere i miei libri, li bollano di buonismo, mentre in realtà io sono cattivista. Capisco la critica, non il pregiudizio, l’oltraggio: ognuno ragiona secondo il marciume che ha dentro».
Ultime Nel febbraio 2008 esce Luisito (Rizzoli), «dono della maturità (...) romanzo breve in cui ricorrono tutti i temi cari alla scrittrice triestina: la natura, la spiritualità, la dolcezza dei bambini, la sensibilità degli animali. E se ne affrontano con compiutezza nuovi, nelle opere precedenti solo sfiorati» (Dino Messina). Nel luglio 2007 vista (e sentita) al Festival pontino di musica: all’abbazia di Fossanova lesse il suo testo inedito Il perpetuo, inesausto movimento alternandosi al Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen. Ha annunciato l’intenzione di scrivere una commedia per il cinema.
Vita Mamma Anna, papà Giovanni, il fratello Stefano di tre anni più grande, un altro che sarebbe venuto dopo di lei: è nata il 12-12, alle ore 12.12: «Anche la somma degli anni del decennio, 5+7, fa 12. Cosa dire? Un carattere piuttosto perfezionista», annota la biografia riportata sul suo sito ufficiale. Al termine delle scuole, che ricorda come «un’infinita plaga di umiliazione e noia», ottenne il diploma magistrale e poi una borsa di studio per frequentare il Centro sperimentale di cinematografia a Roma, dove ha vissuto stabilmente dal 1976 all’89, sempre in piazza San Cosimato, a Trastevere.
• Nel 1978 il momento che ha segnato la svolta nella sua vita e che lei ha fissato così nella memoria: «Una mattina di maggio, attraversando Ponte Sisto, a Roma, vengo colpita da una frase. Colpita al punto tale che appena arrivata a Campo dei Fiori, compro un piccolo quaderno e l’appunto. È stato quello il giorno in cui ho cominciato a scrivere».
• «Doveva esordire con una storia di vampiri. Per fare una parodia del femminismo. Aveva anche uno pseudonimo: Tamara von Susov. Ma nessun produttore si fidò della sceneggiatura, e così la carriera di Susanna Tamaro, diplomata in Regia al Centro sperimentale, già assistente di Samperi e autrice di alcuni documentari scientifici per la Rai, prese altre strade» (Paolo Mereghetti).
• Gli anni Ottanta nel lavoro sono un lungo periodo di precariato. L’esordio da scrittrice è dell’89 con La testa fra le nuvole, seguito nel 1991 dalla raccolta di racconti Per voce sola (entrambi editi da Marsilio). Nel 1994 divenne con Va’ dove ti porta il cuore (Baldini & Castoldi) «la scrittrice italiana più letta del Novecento» (secondo il Corriere della Sera): 14 milioni di copie vendute, traduzione «in 42 lingue, e non so neanche i nomi di tutte», a dispetto delle critiche spesso poco generose. Dal romanzo fu anche tratto un film diretto nel 1996 da Cristina Comencini.
• «Di Susanna Tamaro, all’uscita del suo secondo libro nel 1991, Per voce sola, si erano subito innamorati intellettuali come Cesare Garboli, Giovanni Giudici, Natalia Ginzburg, Claudio Magris si chiedeva come mai nessun editore avesse pubblicato il suo primo romanzo Illmitz (tuttora inedito), in cui già era espresso “un disagio esistenziale serio e profondo”, come ha scritto Cesare De Michelis, che l’ha scoperta pubblicando i suoi primi due libri. Si sa di Federico Fellini, che dopo aver letto i cinque racconti strazianti di Per voce sola, volle conoscerla e ne rimase incantato, dicendo “Ho visto arrivare Pel di Carota in motorino, un Lucignolo sorridente, una Gelsomina liberata, una creaturina affascinante, innocente, che mi ha dato la gioia di commuovermi senza vergognarmi”» (Natalia Aspesi).
• Le attenzioni del regista arrivarono del tutto inaspettate: «Un triste pomeriggio di pioggia, mentre ero dedita a una delle più tristi attività domestiche, cioè stirare, ricevo una telefonata da una persona che si qualifica come Federico Fellini. Naturalmente penso a uno scherzo di qualche amico, invece è veramente lui. Era a casa con l’influenza e aveva appena finito di leggere Per voce sola. “Solo Dickens è riuscito a commuovermi così tanto”. Da quel momento è stato lui il mio ufficio stampa. Senza il suo entusiasmo, probabilmente, il libro sarebbe passato inosservato».
• Su Fellini e sul suo attaccamento espresse tuttavia qualche riserva: «“Mi pareva prigioniero del suo personaggio, mi faceva pena, voleva a tutti i costi venirmi a prendere a casa con la macchina, pensando forse che mi sarei sentita importante, io non ero nessuno, lui il grande regista. Faticavo per convincerlo a incontrarci direttamente al ristorante”. In quel periodo, a Roma, aveva incontrato Alberto Moravia, prima che nella vita dello scrittore entrasse Carmen Llera: “Agli inizi non mi era simpatico, poi una sera a cena con amici, a qualcuno che a tavola gli chiedeva di dare una interpretazione freudiana a un suo sogno, rispose: ‘Avrà mangiato troppo’. Capii che mi poteva piacere e diventammo molto amici, scoprimmo di venire dagli stessi luoghi, da San Daniele del Friuli, di essere tutti e due del Sagittario, di amare gli animali. Mi piaceva quando diceva: ‘Je m’ennui’, c’era tra noi un rapporto pazzesco. Della mia scrittura diceva che ‘era molto tedesca’, io lo apprezzavo di più come persona che come scrittore”. A partire da Va’ dove ti porta il cuore, è diventata una celebrità, una donna senza problemi finanziari che ha scelto di vivere in una bella fattoria sulle colline di Orvieto».
• Negli anni Novanta ha pubblicato Anima Mundi (Baldini & Castoldi 1997) e alcuni libri per bambini, ha tenuto una rubrica su Famiglia Cristiana (diventata libro con il titolo Cara Mathilda), ha scritto una canzone per Tosca, musicata da Ron, Il respiro più grande, che partecipò al Festival di Sanremo. Del 2006 il romanzo Ascolta la mia voce (Rizzoli).
• Nel 2000 ha istituito una fondazione, con sede a Zurigo, con cui intende creare progetti di sostegno per le categorie più deboli (già attive borse di studio per ragazze straniere, case famiglia in Italia, iniziative di solidarietà in India ecc.). La fondazione si alimenta con i diritti dei suoi libri e con eventuali donazioni esterne.
• Ci tiene a far sapere di non essere rossa, né piccola e mingherlina, ma bionda e alta un metro e settanta per cinquantotto chili («Molte volte, in questi anni, incontrando delle persone che non conoscevo, mi è capitato di sentire esclamazioni di meraviglia per il mio aspetto fisico. Pare che molti siano convinti che le mie dimensioni non sono molto diverse da quelle di un Puffo»). AffettiDue storie importanti: «La prima nell’adolescenza, una storia di parecchi anni: era la persona con la quale pensavo di costruire la mia vita. La seconda intorno ai trent’anni: è finita quando ho capito che non ero fatta per la vita di coppia», poi la convivenza ventennale con la sceneggiatrice Roberta Mazzoni (Milano 1951), per cui molti la credettero omosessuale. Nell’autunno 2006 negò con forza: «Magari. Se lo fossi la mia vita sarebbe sentimentalmente completa. Il fatto è che per essere omosessuale dovrei provare qualche istinto saffico che non mi risulta di avere».
• Non ha mai voluto figli: «Ricordo quando da ragazzine le mie amiche sognavano la maternità e io restavo freddissima, non me ne importava niente».
Critica «Non c’è pagina, ma che dico?, non c’è frase, non c’è parola (così come, d’altra parte, non c’è situazione o personaggio) del breve ma interminabile romanzo che non sia intrisa d’ovvietà, che non sia, anzi, l’ovvietà stessa fatta a suono e grammatica, l’incarnazione, la discesa in terra del più puro concetto di ovvietà» (Giovanni Raboni su Va’ dove ti porta il cuore appena uscito).
• «La Tamaro riesce a usare la leggerezza che fa giungere al cuore delle cose» (Renato Minore).
• «Pensierini modesti, slogan rivoluzionari cretini (...) Il messaggio finale del libro è un po’ come una canzone di Violeta Parra o, più banalmente, di Laura Pausini (...) Va comunque detto che, fra le tante puttanate che l’editoria libraria settimanalmente sforna, questo romanzo sta almeno quattro spanne più su» (Cesare Cavalleri, direttore di Studi cattolici, a proposito di Ascolta la mia voce).
Frasi «Io lo so benissimo che Va’ dove ti porta il cuore è associato ai Baci Perugina, al “volémose bene”, che va di moda solo al Grande Fratello, che ha la reputazione di un diario consolatorio per svampite».
• «Non esistono scrittori cattolici, esistono solo scrittori di lingua inglese, italiana, francese, polacca, russa...».
• «Viviamo in un periodo storico demoniaco, che ci impone l’assenza di silenzio, siamo violentati dal rumore, dovunque parole, traffico, confusione, domande, telegiornali e quant’altro. Mi capita di passare anche mesi in giro per il mondo: quando torno, sono sfinita dal chiasso e dalla confusione che ho dovuto subire. Per sopravvivere, alla sera stacco la spina, non vedo nessuno, dalle sette a mezzanotte mi immergo in una quiete totale. Nell’assenza di rumore, la casa diventa il mio eremo, il mio luogo di raccoglimento».
• «Passo anni e anni senza scrivere. E ogni volta mi chiedo se ne sarò ancora capace. Ma forse è come andare in bicicletta: quando arriva il momento, ti metti lì e ricominci. Da anni tengo un diario, su quaderni con le righe di prima elementare. Quando mi è capitato di rileggerne qualche pagina, ho capito che per uno scrittore sono una vera miniera».
Vizi «Non ho molte esigenze, sono una persona semplice: mi piace seguire l’orto, il frutteto, la vigna. Ho uno stile di vita benedettino».
• Appassionata di arti marziali: «Mi servono a scrivere, perché incrementano la concentrazione e mi aiutano a portare sul foglio, quando faccio la scrittrice, la frase giusta, decisiva, come nel combattimento si porta la mossa giusta, vincente al momento opportuno. Poi mi aiutano nella vita di tutti i giorni, magari sono soltanto la sicurezza calma e forte nell’affrontare un diverbio. Infine sono la base e il vertice di una utile sanità, di un benessere fisico» (da un’intervista di Gian Paolo Ormezzano).