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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Gian Antonio Stella

• Asolo (Treviso) 15 marzo 1953. Giornalista. Editorialista e inviato speciale del Corriere della Sera. Tra i suoi libri: Schei, un reportage sul Nordest (Mondadori 2000), Chic, viaggio tra gli italiani che hanno fatto i soldi (idem, 2001), Tribù, foto di gruppo con cavaliere (idem, 2001), Avanti popolo. Figure e figuri del nuovo potere italiano (Rizzoli 2006). Nel 2007 enorme successo (oltre un milione e 200 mila copie vendute) de La casta, scritto con Sergio Rizzo come il successivo La deriva. Nel 2007 ha scritto anche il racconto La bambina, il pugile, il canguro (tutti questi ultimi libri pubblicati da Rizzoli). Da ultimo, Se muore il Sud (con Sergio Rizzo, Feltrinelli 2013) e Bolli bolli bolli (Feltrinelli, 2014).
• «Un cronista di razza, uno della pattuglia di testa del giornalismo italiano» (Corrado Augias).
• «Scrive di cronaca e di fatti e di persone e di storie e di cose che succedono. Il resto è fuffa: il commento non è il suo pane, e non si fa distrarre dal fumo dell’opinione. Lascia agli altri anche l’arte del retroscena, lui che è il re del racconto della scena. È stato anche il re delle interviste politiche, nessuno era bravo come lui a far parlare un deputato e un sottosegretario. Sapeva dosare scudisciate ed eleganza, senza mai venir meno al principio della correttezza. È un bel moralistone e scrive anche libri divertenti che raccontano l’Italia» (Christian Rocca).
• «La Casta non è stato solo uno dei più grandi successi della saggistica di sempre: 1.200.000 copie e l’invidia perenne di ogni editore che non sia Rizzoli. Quel titolo è entrato anche nel nostro gergo quotidiano e nella cronaca» (Andrea Romano). Su La casta vedi anche Sergio Rizzo.
• «“Nell’albergo delle mignotte? Ma bravo!”. Del mio primo giorno al Corriere, nel luglio del 1975, quando venni provato con un contratto a termine all’Informazione che del giornale era l’edizione pomeridiana ma anche il pollaio dove tiravan su i “pulcini” come me, ricordo solo la vergogna. Il panico che mi prese, incendiandomi il viso, alla scoperta che l’amabile pensioncina che venendo dalla provincia avevo scelto per una prima sistemazione, in via Pontaccio, era uno storico albergo a ore. Mi misero allo sport ma non conservo nella memoria nulla: ero troppo impegnato a sopravvivere in quel mondo troppo grande per me e a imparare più in fretta possibile. Ricordo però come fosse ieri la notte in cui ad Asiago, quando il contratto stava scadendo ed ero alla febbrile ricerca di uno scoop, cercai di ubriacare Nereo Rocco per strappargli una confidenza. Una catastrofe. Non facevo in tempo a riempirgli il bicchiere che rideva: “Zovine, son vecio sì ma mona no: bevo mi ma ti bevi anca ti”. Alle quattro di mattina lui era ancora buono per il tressette e io ero ciucco».