18 dicembre 2014
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Biografia di Alberto Stasi
• Milano 6 luglio 1983. Condannato a 16 anni, il 17 dicembre 2014, per il delitto della fidanzata Chiara Poggi, 26 anni, uccisa con un colpo alla testa il 13 agosto del 2007 nella villetta di Garlasco (Pavia) dove viveva con i genitori (in quel momento in vacanza in Trentino). Fu lui a trovare il corpo. Arrestato il 24 settembre 2007, fu rilasciato dopo quattro giorni (il gip di Vigevano, Giulia Pravon, considerò «insufficienti» gli indizi raccolti).
• Quella del 17 dicembre è la quarta sentenza, al termine di altrettanti processi, che Alberto Stasi ha dovuto ascoltare per lo stesso reato: omicidio. Le prime due furono di assoluzione; la terza, emessa dalla Cassazione, le ha annullate con l’invito ad approfondire le indagini, segnatamente alcuni indizi «trascurati». [Vittorio Feltri, Il Giornale 17/12/2014]
• La sentenza della prima Corte d’assise d’appello di Milano è stata letta alle 19,30 di mercoledì 17 dicembre dalla presidente Barbara Bellerio, dopo un processo di rinvio durato 14 udienze e quasi 7 ore di camera di consiglio. La condanna è a 16 anni di carcere più 1 milione di euro da risarcire alla famiglia: 350 mila euro a ciascuno dei genitori di Chiara, Rita e Giuseppe, e 300 mila a suo fratello Marco. All’imputato, che si è sempre proclamato innocente, non sono state riconosciute le attenuanti generiche ma è stata esclusa l’aggravante della crudeltà e la scelta del rito abbreviato ha garantito lo sconto di un terzo di pena. Alberto è uscito dall’aula a testa bassa mentre i genitori di Chiara hanno abbracciato il loro avvocato Gian Luigi Tizzoni, commosso almeno quanto loro per quello che definisce «un risultato per il quale io e i nostri consulenti abbiamo lavorato sette anni. Volevamo verità, oggi abbiamo avuto risposte» [tutti i giornali di giovedì 18 dicembre].
• Alberto Stasi, «bianco in volto, in piedi [...], ricurvo nel pullover verde, ascolta la sentenza che lo condanna a 16 anni per omicidio volontario. Resta immobile, una pietra. Accenna un movimento del capo verso sinistra, dove siede il decano del suo pool di avvocati. Quel professor Giarda, ora ammutolito, che per due volte l’ha tirato fuori dalle sabbie mobili di un destino che forse attendeva solo di compiersi [...]. [Paolo Berizzi, Rep 18/12/2014]
• Cinque le «prove» che hanno portato alla condanna di Stasi: scarpe pulite nonostante avesse camminato sul sangue di Chiara, Dna di Chiara sui pedali della bicicletta, impronte digitali di Alberto sul dispenser del sapone, graffi, rapporti di confidenzialità tra vittima e assassino. «L’ultimo punto è la premessa che ha consentito di circoscrivere i sospettati a una cerchia ristretta. La ragazza era a casa da sola, per la prima volta, in pieno agosto, con la città deserta. Era ossessionata dai ladri, tanto che teneva sempre inserito l’allarme perimetrale. Eppure, visto che non ci sono segni d’effrazione, ha aperto la porta alle 9 del mattino, indossando solo un corto pigiama estivo. Stasi dice di aver trovato il cadavere alle 13,45, ma in realtà non è mai entrato in casa a quell’ora: l’ha fatto quattro ore e mezza prima, quando ha ucciso Chiara, indossando altre scarpe che poi ha gettato. Le Lacoste che calzava quando si è presentato ai carabinieri avevano la suola pulita: impossibile, con tutto il sangue che c’era. Le probabilità di farlo sono infinitesime, una su 13-16 miliardi, hanno calcolato i periti». [Claudio Bressani, Sta, 18/12/2014]
• Le altre «prove»: la famosa «bicicletta nera da donna» vista da una testimone davanti alla casa di Chiara quel 13 agosto 2007. «Nell’appello bis il colpo di scena: Gian Luigi Tizzoni, l’avvocato della famiglia Poggi, scopre che c’è qualcosa che non quadra sui pedali delle biciclette di Alberto. Quella nera da donna li ha tutti e due puliti, su uno di quella bordeaux sequestrata subito dopo il delitto c’è invece Dna di Chiara. Tizzoni ipotizza uno scambio. Nel dibattimento l’attenzione si sposta soltanto sulla bici bordeaux. Tutti testimoni e i documenti confermano: la bicicletta bordeaux ha pedali che non sono quelli originali. Quindi l’ipotesi d’accusa è che qualcuno abbia smontato da un’altra bicicletta i pedali sporchi del Dna di Chiara per rimontarli su una bici che in quei giorni, subito dopo il delitto, non era sott’accusa perché non «nera da donna» come aveva rivelato la testimone. Non gli originali Union in acciaio ma altri, Wellgo in alluminio, segno che sono stati sostituiti, togliendoli dalla bici nera utilizzata e montandoli sull’altra che nessuno aveva visto [Giusi Fasano, Cds, 18/12/2014]. E ancora: ci sono due impronte di Stasi sull’erogatore del sapone liquido in bagno, mentre sul flacone c’era Dna di Chiara. Alberto ha lasciato le tracce lavandosi le mani dopo aver ucciso la fidanzata. L’assassino aveva le mani sporche, lo dimostrano le quattro ditate insanguinate impresse sul pigiama di Chiara. [Claudio Bressani, Sta, 18/12/2014] Infine: «due sottufficiali dei carabinieri hanno notato graffi sull’avambraccio sinistro di Alberto: i segni della colluttazione con la vittima che ha cercato di difendersi. [Claudio Bressani, Sta, 18/12/2014]
• «Dallo studio Giarda, difensori di Stasi, che sino al 2014 sono riusciti a imbrigliare le indagini con varie opposizioni, ieri parlano di “sentenza ispirata al principio di poca prova, poca pena». Poca pena? L’accusa aveva chiesto 30 anni partendo dalla richiesta di ergastolo. La corte, presieduta da Barbara Bellerio e con Enrico Scarlini, ne ha dati 16, applicando però la pena per l’omicidio (24 anni) e scontandola di un terzo, come impone il rito abbreviato. E con una sentenza simile si va in carcere. Non subito. Per entrare in cella o no, Stasi aspetterà che la parola torni alla Cassazione: nessuno nel frattempo lo arresta [Piero Colaprico, rep 18/12/2014].
• Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della Sera: «Visto di spalle, da solo in piedi in tribunale — senza il papà che sempre lo accompagnava — in attesa dei giudici per la sentenza, Alberto Stasi fa quasi pena. Il maglioncino verde da studente contrasta con i capelli biondi che cominciano a farsi radi sulla nuca: un giovane invecchiato anzitempo, verrebbe da pensare. [...] Difficile farsi un’idea precisa di lui perché in questi sette anni di indagini e processi tranne una volta (da Matrix ) non è mai andato in tv, tranne una volta (a questo giornale) non ha mai concesso interviste; e, in entrambe le circostanze ha risposto in modo del tutto impersonale, una lunga serie di belle frasi prevedibili che scorrevano via come acqua, probabilmente studiate a tavolino con l’avvocato: “Sì, vado spesso a trovare Chiara al cimitero”. “Sì, quando tutto sarà finito i rapporti con i suoi genitori spero torneranno normali”. E anche in tribunale in questi sette anni praticamente non lo si è visto, poiché le udienze sono sempre state a porte chiuse. Ha accortamente condotto una vita discretissima, non abita più nella casa paterna ma ci torna spesso per andare a trovare la madre rimasta sola dopo la morte del padre; ha passato il primo esame di commercialista e lavora in uno studio milanese. Un uomo intelligente, un uomo sfuggente. Un assassino, ha deciso ieri il tribunale». [Isabella Bossi Fedrigotti, Cds 18/12/2014]
• «Non me l’aspettavo questa condanna. Ma voglio andare avanti a dimostrare la mia innocenza. Prima che a me lo devo a Chiara e a mio padre che ha sempre creduto in me» (Alberto Stasi). [Fabio Poletti, Sta, 18/12/2014]
• Il padre, Nicola, è morto la sera di Natale del 2013.
• «“Il nonno, Rocco, ha lavorato per anni in Africa, faceva il camionista, poi è morto e Nicola e il fratello Luigi si sono trasferiti vicino a Milano con la mamma”. In Lombardia Nicola, negli anni Settanta, conosce Elisabetta Ligabò, milanese di nascita, del 1956. Poi il matrimonio, la casa a Sesto San Giovanni, in via Gioberti, la nascita di Alberto. Dal 1982 al 1990 Nicola manda avanti la Autoricambi Segrate, nell’omonimo comune. In quegli anni la famiglia Stasi si trasferisce a Liscate (Milano) in via Don Bosco, in una palazzina senza pretese. Alberto studia a Milano, dai salesiani, raggiungendo sempre il massimo dei voti. Nel 1998 la svolta: Nicola apre una rivendita di autoaccessori sul corso principale di Garlasco, la Nuova Invernizzi srl. Il figlio si trasferisce al liceo scientifico di Mortara» (Giacomo Amadori).
• Il 27 marzo 2008 si è laureato alla Bocconi con una tesi su “Profili tecnici e normativa nella tassazione delle imprese di assicurazione”, voto 110.