3 giugno 2012
Tags : Maria Luisa Spaziani
Biografia di Maria Luisa Spaziani
• Torino 7 dicembre 1924 – Roma 30 giugno 2014. Poetessa. Tra le sue ultime pubblicazioni: Transito con catene (1977), Geometria del disordine (1981), La stella del libero arbitrio (1986), I fasti dell’ortica (1996), La luna è già alta (2006), L’incrocio delle mediane (2009). Tra l’altro, Premio Bartolo Cattafi alla carriera e premio Hans Christian Andersen-Baia delle Favole per la fiaba Il coniglio bianco di Gesù.
• «Refrattaria alla disperazione come un vento imprendibile», ha scritto di lei Paolo Lagazzi, introducendo il Meridiano sulla sue opere uscito nel 2012.
• «Era il 1954. Mi sono ritrovata nello Specchio di Mondadori fra Saba e Ungaretti, io, giovane, femmina e inedita. Avevo mandato – nessuno ci crede, ma è vero – il manoscritto alla casa editrice senza nemmeno una lettera di accompagnamento. E dopo pochi mesi, ecco il contratto. Mio padre fabbricava macchine per costruire dolci, e a casa mia, a Torino, di cioccolata ce ne è sempre stata tanta, fa bene all’umore. E il buon umore fa bene alla poesia, che ha sempre coinciso con la mia vita. Quando ricevetti il contratto per quel mio primo libro Le acque del sabato (1954, ero a Parigi con una borsa di studio) ne fui così felice che la parte più interessante la scrissi dopo il contratto, appunto».
• «Nel dopoguerra, conosce il ventenne Elemire Zolla, che già si sta segnalando come filosofo e studioso di tradizioni mistiche. Ne nasce una lunga relazione che porterà tardivamente, nel 1958, al matrimonio, destinato a durare non più di un paio d’anni: dura invece l’affinità elettiva e lo scambio con la sua «intelligenza sfavillante» (Paolo Di Stefano) [Cds 1/7/2014].
• «La fortunata carriera di Maria Luisa Spaziani si è espansa anche al di fuori della poesia: critica, saggistica, traduzione, teatro. Le acque del sabato fu subito premiato (premio internazionale Byron di Londra), e fu il primo dei molti premi (fra cui un Viareggio nell’81 per Geometria del disordine, sempre nella collana Lo Specchio di Mondadori) che la scrittrice ha ricevuto nella sua intensa vita letteraria. Ha insegnato per trent’anni Letteratura francese a Messina» (Laura Lilli).
• «Italo Calvino definì la sua voce poetica con due aggettivi apparentemente in opposizione: “ispirata e spiritosa”, mettendo a fuoco la coesistenza di profondità e leggerezza furtiva, concretezza, immobilità quasi sapienziale e fluidità, con illuminazioni saettanti, epigrammatiche quando non sarcastiche. Una tessitura metricamente molto mossa e consapevole, che alterna lirismo e narratività, limpidezza e oscurità, preziosismi e andamento colloquiale. Nel 1966 esce un libro che si configura quasi come un bilancio della sua attività: Utilità della memoria, dove si fondono la libertà di timbro e la fedeltà a moduli classici» (Paolo Di Stefano) [Cds 1/7/2014].
• Su Montale: «Nel 1949, a Torino. Era venuto per una conferenza. Io sapevo a memoria Ossi di seppia ma non volevo conoscerlo, m’avevano detto che era antipatico. Finita la conferenza, mi pregano di restare. “Vogliamo presentargli delle giovani scrittrici...”. Resto. Ero l’ultima della fila. Lui nemmeno le guardava. Teneva gli occhi bassi, e continuava a ripetere meccanicamente “piacere, piacere”. Arrivato a me, quasi grida: “È lei!” Sì, rispondo, “le parrà strano ma sono proprio io in persona”. Allora dirigevo una rivista, Il dado. Una piccola cosa, anche se ci scrivevano bei nomi. Lui disse: “Lei non mi ha mai invitato a collaborare. Sapesse come ho aspettato...”. E io: “Venga a colazione da me domani”. Accettò. Il pittore Enrico Paolucci disse: “Eugenio, domani dobbiamo andare dai Camerana...”. E lui: “Non posso perché sono invitato dalla signorina”. Io torno a casa con le ali ai piedi. Era tardi, i miei genitori erano a letto, ma la luce dalla parte di mia madre era accesa. Le dico: “Domani viene Montale a pranzo”. In quell’epoca parlavo sempre di Proust. Mia madre disse: “Meno male che Proust è morto”. In seguito, in quei quattordici anni di vita quasi in comune, quando lui veniva dai miei, le ripeteva: “Signora, Proust è morto, ma io, purtroppo, sono ancora vivo...”».
• Ha donato il suo carteggio con Montale (oltre 360 lettere) al Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei istituito da Maria Corti all’Università di Pavia. Dice che Montale, che la chiamava «Volpe», era un po’ tirato sui soldi. Lei è una delle diciannove donne a cui il poeta ha dedicato delle poesie.
• Ha poi raccontato il suo rapporto con il poeta in Montale e la volpe (Mondadori, 2011). «Anche i più digiuni di poesia contemporanea forse conoscono la piccola leggenda di un acrostico della Bufera e altro (si chiama Da un lago svizzero) le cui prime lettere d’ogni verso formano il nome e il cognome della Spaziani. “Siamo stati vicini per quindici anni, dal febbraio del 1949. Non abbiamo mai vissuto insieme, anche se insieme abbiamo fatto molti viaggi”. Poi la cosa è andata smorzandosi lentamente, si è attenuata la reciproca curiosità anche letteraria. Ricordava la Spaziani: “A me non sono piaciuti molto i suoi ultimi libri che considero una specie di tradimento a quel tono “alto” che difendevamo”» (Renato Minore) [Mes 1/7/2014].