3 giugno 2012
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Biografia di Giovanni Soldini
• Milano 16 maggio 1966. Velista. Nel 1999 vinse l’Around Alone, giro del mondo a tappe in solitaria. Nel 2007 ha vinto con Pietro D’Alì la Transat Jacques Vabre, traversata dell’Atlantico da Le Havre (in Francia) a Salvador de Bahia (Brasile) compiuta col 40 piedi Telecom Italia in ventidue giorni, 13 ore, 2 minuti e 22 secondi. Con la stessa Telecom 10 ha vinto nel 2008, stavolta in solitaria, l’Artemis Transat, la più dura delle transatlantiche, dall’Inghilterra (Plymouth) agli Usa (Marblehead, 30 km a nord di Boston) in 16 giorni, 22 ore, 11 minuti e 27 secondi. A bordo del monoscafo Maserati ha stabilito nel 2012 il record Cadice-San Salvador e nel febbraio 2013 quello della Rotta dell’Oro: le 13.225 miglia di distanza tra New York e San Francisco in 47 giorni, 42 minuti e 29 secondi. Nel gennaio 2014 si è aggiudicato la regata Cape2Rio (da Città del Capo a Rio de Janeiro). «Ho fatto molto, sono stato fortunato: due giri del mondo, quattro anni su un trimarano, tutte le transoceaniche».
• «L’America ha avuto Slocum, il marinaio che alla fine dell’Ottocento fece, prima volta nella storia, il giro del mondo in barca a vela, in solitario. L’Inghilterra ha avuto Chichester, che il giro del mondo in solitario lo fece a sessant’anni. La Francia ha avuto Tabarly, il bretone che per le imprese sportive, per il carattere, per la personalità è diventato, nel suo paese, l’eroe del mare. Ma un eroe del mare lo abbiamo anche noi, Giovanni Soldini, famoso per le regate oceaniche, per le vittorie, e per il salvataggio (nel 1999) di Isabelle Autissier, quando la barca della ragazza si era rovesciata in mezzo all’oceano. Ricordate? La rintracciò, la raggiunse mentre lei stava a ridosso nello scafo capovolto, e dovette gettare un pezzo di metallo sulla carena per farle sapere che era arrivato» (Piero Ottone).
• Fratello del regista Silvio, del direttore dello Ied di Milano Emanuele, sono figli di Adolfo, «un ingegnere tessile che con grande dignità fece fronte a un tracollo finanziario. Possedeva un bellissimo Alpa 12,70 che si chiamava Garbì e con cui abbiamo attraversato mezzo Mediterraneo. Io ero il più piccolo, l’equipaggio era composto da mia madre e dai miei due fratelli adolescenti. Tutto nasce lì, in quella barca stretta e molto boliniera: i delfini, i primi colpi di vento, la paura e il coraggio di superarla, la barca che sbanda, gli ormeggi... L’ultima crociera fu tristissima. Era il 1980, sapevo che il Garbì era in vendita e quello sarebbe stato l’addio. Avevo quattordici anni, Silvio già ventidue. Provavo una gran rabbia, in fondo i miei fratelli sapevano già navigare bene. Io perdevo una cosa che avevo cominciato ad assaporare. Se poco dopo ho scelto una vita in mare, è proprio perché mi fu tolto in quel modo» (da un’intervista di Simonetta Fiori).
• «Ho avuto la fortuna di incontrare Malingri. Ho iniziato dal cantiere, poi la prima navigazione. La barca me la sono costruita io quindi la soddisfazione e il piacere erano ancora più forti. Il primo viaggio vero l’ho fatto ai Caraibi. Meraviglioso» (da un’intervista di Federica Cocchi).
• Non si è mai cimentato nelle classi olimpiche della vela. «Non sono il tipo da mettere le medaglie in bacheca. Certo, sarebbe stata una bella esperienza di vita. Ma non si può fare tutto».
• «Come navigatore solitario diventa famoso durante la Baule-Dakar del 1991, al timone di un cinquanta piedi di seconda mano. “Il vero problema di navigare in solitaria è dormire, perché più riesci a essere presente e vigile e più la barca va forte. Quindi ti concedi dei sonnellini da venti minuti al massimo. Il bello delle privazioni è che poi ti fanno apprezzare le cose semplici, come riposare in un letto o mangiare seduto a tavola. Ho inventato un´ottima pasta in pentola a pressione, cotta con un bicchiere d´acqua dolce e uno di acqua salata perché in mezzo al mare la cosa più importante è risparmiare» (Irene Maria Scalise) [Rep 25/7/2010].
• «Nella sua vita non ci sono stati però solo momenti felici. Il più brutto, sicuramente, durante un tentativo di record della traversata atlantica da New York a Cap Lizard, quando un´onda, più maledetta delle altre, ha rovesciato il Fila e gli ha portato via l´amico di sempre, Andrea Romanelli. “Dopo quella furia ti rimane dentro un grande dolore e una domanda: che senso ha tutto questo? Poi ho capito che l´unica risposta era rimettersi in piedi e fare il giro del mondo”» (Irene Maria Scalise).
• «Tutti pensano che la paura per Giovanni arrivi quando si trova in mezzo al mare, con la tempesta, di notte, al freddo, magari in mezzo alla nebbia e agli iceberg. Non è così: la paura inizia molto prima di partire ed è tutta psicologica: “Le mie angosce, in realtà, sono legate alla responsabilità che ho verso quelli che lavorano con me: quando poi parto, una volta usciti in mare, sono felice, anche se la paura della natura c’è. Guai a non averla”» (Michele Lupi) [Rol 30/1/2013].
• «Se vedi un delfino da solo, ti fai mille film: è venuto a salutarmi, mi sta indicando la rotta... Se lo vedi in equipaggio, è solo un delfino. Però in 9 tiri il collo alla barca, vai al limite. E andare sulle onde a 30 nodi, è una figata”.
• «Quando sono a terra anelo il mare, quando sono in mare desidero avvistare terra, a me piace andar lontano, navigare col buio, sbarcare in posti nuovi: per me il mare non è solo un campo di regata, è una dimensione».
• «Io sono un grande sostenitore del buon senso, e delle regole applicate con criterio. I navigatori anglosassoni sono militareschi. I neozelandesi vietano il caffè».
• «L’inquinamento sta uccidendo il mondo e nessuno se ne preoccupa, ho visto isole di spazzatura nel Pacifico, solo in barca mi sento davvero libero» (a Gaia Piccardi) [Cds 12/12/2012].
• Quei capelli spettinati dal vento, la pelle bruciata dal sole, quella risata che travolge «come un’onda del mare» e quelle grandi mani da lavoratore «screpolate, e dure» gli conferiscono un’aria da eterno ragazzo.
• Dalla compagna Elena ha avuto Martina e Gerolamo, dalla compagna Benedetta Alice e Leo.
• «Vive a Sarzana e cerca di fare le cose che ama di più: leggere, sentire musica, stare con i figli. Una cosa che invece non ama affatto, ma che fa parte del suo mestiere, è la ricerca del denaro necessario per costruire le barche e per finanziare le imprese. La caccia all´indispensabile sponsor. Una volta è ricorso anche al fai da te. Con una comunità di recupero per tossicodipendenti ha costruito Stupefacente: “È stata un´esperienza speciale, in otto mesi coinvolgendo tantissime persone e alla fine è arrivato anche lo sponsor” » (Irene Maria Scalise).