Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Giorgio Soavi

• Broni (Pavia) 26 novembre 1923 – Milano 1 dicembre 2008. Scrittore. Poeta. Giornalista. Tra i suoi libri: Un banco di nebbia (1955), Fantabolous (1962), Sirena (1966), Sogni di gloria (1989).
• Ventenne fra le truppe della Repubblica di Salò, disertore grazie a una licenza illimitata che s’era scritto da solo, cantante in un night per fame («nel maggio del 1945, in una giornata arrivavo a guadagnare varie centinaia di lire, più i pasti e le sigarette»), «covava il latente desiderio di scrivere. O almeno provarci. Emigra così a Firenze, dove lo prendono a fare il correttore di bozze nel quindicinale Il Mondo (da non confondersi con il settimanale di Pannunzio, che nascerà a Roma più tardi, nel 1949). La rivista, diretta da Alessandro Bonsanti, ospita grandi firme, da Montale a Gadda e a Landolfi. Segretario di redazione è Giorgio Zampa. “Forse non ero stato un grande cantante da night”, dice Soavi, “ma in quanto a correttore di bozze offrii davvero il peggio di me. Mi sfuggivano refusi clamorosi. Gli autori degli articoli mi temevano come un’epidemia”. Era un modo, comunque, per avvicinarsi alla letteratura» (Nello Ajello).
• «Dire Giorgio Soavi era come dire Dino Buzzati, Indro Montanelli, Gaetano Afeltra. Spesso i quattro si ritrovavano insieme e si muovevano insieme. Certo non alla maniera di Amici miei di Mario Monicelli prima e di Nanni Loy dopo. Romanziere, poeta, saggista, organizzatore di mostre, Soavi aveva inventato una maniera personalissima di accostarsi alla critica d’arte: darle una veste narrativa e infarcirla di episodi spesso inventati. A muoverlo, comunque, erano sempre la passione, il senso dell’ironia, l’essere beffardo “ai limiti della malvagità affettuosa”. In quest’ultimo caso, era sicuro che il bersaglio dei suoi strali lo avrebbe perdonato. Per lui può valere una frase che il poeta russo Evgenij Evtushenko dice spesso a un suo amico italiano: “Qualunque cosa facciamo, tu ed io siamo sempre innocenti”. Ecco, Giorgio era innocente anche quando scriveva cose terribili che qualcuno gli aveva confidato in un momento di abbandono. Il gusto per l’aneddoto e anche per il pettegolezzo era più forte di qualunque cosa, anche se questo rischiava di porre fine ad un’amicizia. Poi Giorgio chiedeva perdono e non si ha notizia di qualcuno che glielo abbia negato» (Sebastiano Grasso) [Cds 2/12/2008].
• Amico fedele e intimo di Indro Montanelli, conosciuto all’osteria Bagutta di Milano ai tempi della fondazione de Il Giornale, nel 2002 gli dedicò la biografia Indro. Due complici che si sono divertiti a vivere e a scrivere (Longanesi).
• Padre del regista Michele.