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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Emanuele Severino

• Brescia 26 febbraio 1929. Filosofo. Accademico dei Lincei. Professore emerito di Filosofia teoretica all’Università di Venezia. Allievo di Bontadini, nel 1962 diventò docente all’Università Cattolica, due anni dopo uscì il suo Ritornare a Parmenide, che provocò il suo allontanamento (la Sacra congregazione per la dottrina della fede sentenziò l’incompatibilità del suo libro con la dottrina cristiana: lui raccontò il lungo processo ne Il mio scontro con la Chiesa). Insegnò poi al San Raffaele di Milano. Tra gli altri libri: Essenza del nichilismo (Paideia 1972), Destino della necessità (Adelphi 1980), Il declino del capitalismo (Rizzoli 1993), Pensieri sul cristianesimo (Rizzoli 1995). Tra gli ultimi: Oltrepassare (Adelphi 2007), Immortalità e destino (Rizzoli 2008), l’autobiografia Il mio ricordo degli eterni (Rizzoli 2011), Intorno al senso del nulla (Adelphi 2013) e La potenza dell’errare (Rizzoli 2013).
• Collabora con il Corriere della Sera.
• «Chirurgo di quel magma terribile che è il Nichilismo (e cioè la consapevolezza che la verità dell’essere sia il nulla)» (Pietrangelo Buttafuoco).
• L’esigenza di interrogarsi sul significato della vita nacque «dalla consuetudine che avevo con mio fratello, più grande di me di otto anni. Io, come lui, ho fatto le scuole, dalle elementari fino al liceo, dai gesuiti di Brescia, di cui ho un ottimo ricordo. Verso i miei 11 anni, poniamo che fossi in prima ginnasio, lui era già alla Normale di Pisa dove sentiva le lezioni di Giovanni Gentile (che considero uno dei massimi pensatori contemporanei, forse il più radicale) e ne parlava in casa. Sull’onda di quello che raccontava, nacque il bisogno di vederci un po’ più chiaro. Si fece avanti allora, forse, la domanda, ancora incerta e acerba: “Che senso ha la vita?”. La mia famiglia era cattolica e la risposta precedeva la domanda perché l’educazione cattolica indicava appunto qual è, a suo avviso, il senso della vita. C’è stato bisogno di tempo per anteporre la domanda» (da un’intervista di Luigi Vaccari).
• «Credo di essere stato un bambino allegro fino alla tragica scomparsa di mio fratello. Fu lui ad aprirmi alla filosofia. Lui – normalista a Pisa durante la guerra – a parlarmi con entusiasmo di Gentile. La sua morte mi gettò nella costernazione. La stessa cosa, ma forse più dolorosa, l´ho rivissuta con la morte di mia moglie (avvenuta nel 2009 – ndr). Con lei siamo stati insieme per più di sessant’anni. Ho il rimorso di non averle forse dato tutto quello che avrei potuto» [ad Antonio Gnoli, Rep 15/8/2011].
• «Mi dico neoparmenideo, per semplificare. In verità, sono l’opposto di Parmenide. In Parmenide, l’Essere è la pura luce, senza considerare i colori. Lui afferma l’eternità della pura luce, mentre il molteplice, il mondo, sono illusione. Io dico che sono eterni, proprio il mondo e la molteplicità. Quello che unisce me e Parmenide, è l’eternità. Tutto è eterno. Non esiste un passato che sia nulla e attenda di entrare nell’Essere. Questo pieno totale si affaccia progressivamente nella storia. La storia e il tempo sono il progressivo affacciarsi degli Eterni» (da un’intervista di Giancarlo Perna).
• «Da più di trent’anni i miei scritti sviluppano la tesi che anche il capitalismo è destinato al tramonto, come lo era il socialismo reale e come lo sono tutte le altre grandi forze della tradizione occidentale (e orientale).
• Sposato con Estervioletta Mascialino, due figli.
• Eccellente intenditore di vini e amante del cervo con la polenta. Un suo grande sogno sarebbe fare un incontro di scherma da campioni, «come era mio padre».