3 giugno 2012
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Biografia di Toni Servillo
• (Marco Antonio) Afragola (Napoli) 9 agosto 1959. Attore. Nastro d’argento e David di Donatello per Le conseguenze dell’amore (regia di Paolo Sorrentino, 2004), La ragazza del lago (Andrea Molaioli 2007) e La grande bellezza (Paolo Sorrentino 2013). Anche regista. Di teatro e d’opera. «Non sono Clooney. Nessuno si sognerebbe mai di chiedermi di fare il testimonial del Martini. Sono un attore di cinquant’anni e pure bruttino».
• Ultime Nel 2013 a teatro dirige e interpreta, assieme al fratello Peppe, Le voci di dentro di Eduardo De Filippo (miglior spettacolo in prosa, miglior regia e miglior attore protagonista). Con La grande bellezza ha vinto premi e consensi in tutto il mondo, dal Golden Globe agli Efa e al Bafta. Critiche e disapprovazioni per il suo «vatten’ affan’...» rivolto alla giornalista di Rainews24, Elena Scotoni, che lo intervistava in merito alle polemiche sul film. Nel 2010 è miglior attore ne Una vita Tranquilla di Claudio Cupellini. Nel 2007 ha interpretato Lascia perdere, Johnny! di Fabrizio Bentivoglio. Il 2008 è stato l’anno della consacrazione a Cannes e del grande successo anche a livello internazionale. Sulla Croisette era presente con due film: Gomorra di Matteo Garrone, nel ruolo del distinto manager della camorra che traffica in rifiuti tossici, e soprattutto Il divo di Sorrentino, di cui è protagonista nei panni di Giulio Andreotti. «Dopo un paio di sedute di trucco ho trovato un equilibrio estetico non attraverso la documentazione su di lui, ma rivedendo l’agghiacciante seminario spirituale di Todo Modo di Petri e rileggendo un articolo di Giorgio Manganelli che descriveva l’aspetto “tra curiale e vedovile” dei notabili democristiani». Furono premiati i due film «ed è probabile che questo doppio riconoscimento abbia finito per penalizzare Toni Servillo: tre premi all’Italia sarebbero sembrati eccessivi» (Paolo Mereghetti).
• Ha pubblicato Interpretazione e creatività (Laterza 2008), libro-conversazione con Gianfranco Capitta.
• Vita «Il suo primo nome, Marco Antonio, evoca eroi scespiriani. Quando nacque, pesava 5 chili e mezzo, così la madre chiamò in aiuto Pina, una signora veneta per la quale il bambinone fu subito e per sempre “Toni”» (Manuela Grassi).
• «Famiglia piccolo borghese, gente che lavorava. L’unico spunto è che mio padre aveva uno stuolo di fratelli gaudenti che andavano spesso al cinema e a teatro e in famiglia se ne parlava».
• Scoprì il teatro guardando le commedie di Eduardo in tv: «Eravamo tutti seduti a vederla. Io ero il più piccolo e stavo in prima fila. Guardavo la commedia e vedevo la famigliona rappresentata da Eduardo con il padre, la madre, i figli, la zia sciocca, lo zio scapolo, il cugino… Mi giravo a guardare la famiglia che avevo alle spalle. C’erano gli stessi personaggi, gli stessi caratteri descritti sullo schermo. Così capii che guardando il teatro si vedeva la vita”» (ad Antonio D’Orrico).
• Crebbe anche con il mito di Spencer Tracy e Al Pacino, «attori che lavorano sulle sfumature, in apparente economia dei mezzi». «Mi sono formato nei gruppi di ricerca che nascevano spontaneamente a Napoli negli anni Settanta, come Falso Movimento di Mario Martone. Avevano limiti e pregi della forte ideologia, c’era il cemento di passioni forti, ci spostavamo tra musica e arti visive in una pluralità di interessi che ha dato nuove sollecitazioni al nostro mestiere» (da un’intervista di Valerio Cappelli).
• Esordì al cinema nel 1992 in Morte di un matematico napoletano di Martone. Seguirono altri film fra i quali Teatro di guerra (Martone 1998) e L’uomo in più (Sorrentino 2001) ma la notorietà arrivò nel 2004 con Le conseguenze dell’amore, sempre di Sorrentino: dopo quel film «esiste, nei suoi confronti, una specie di curiosità mitologica» (Andrea Molaioli). Intanto ha continuato a fare teatro: Molière, Le false confidenze di Marivaux, Sabato, domenica e lunedì di Eduardo De Filippo, andato in scena per quattro anni in Italia e all’estero.
• Come regista d’opera debuttò nel 1999 con l’allestimento di Una cosa rara di Martín y Soler per la Fenice di Venezia, quindi Le nozze di Figaro, sempre a Venezia, Boris Godunov a Lisbona, Fidelio al San Carlo di Napoli ecc. «Se c’è un’arte a cui attingo per essere felice, per pensare, per orientarmi, è la musica».
• Sposato con Manuela, professoressa, due figli, Eduardo (1996) e Tommaso (2003).
• Vive a Caserta, una scelta – dice – «legata nel bene e nel male alla mia natura provinciale, dalla quale non riesco e non voglio staccarmi».
• Il fratello minore Peppe (Giuseppe), oltre che attore è cantante e frontman degli Avion Travel, nel 2000 ha vinto il Festival di Sanremo.
• Critica «L’avvio nelle cantine delle avanguardie gli ha impresso una spregiudicatezza di sguardo e un’estraneità ai conformismi che ha pochi paragoni. Un segno libero che ha influito molto sulla sua originale fisionomia d’attore. La sua interpretazione cupa e geniale nel film di Paolo Sorrentino Le conseguenze dell’amore è stata accolta dalla critica internazionale in modo trionfale, tanto che è stato definito (lo ha fatto il massimo giornale inglese) il miglior attore italiano. Ma al tempo stesso è un regista profondamente rispettoso della tradizione, limpido e lineare nelle sue interpretazioni dei testi, allergico a sovrastrutture “ammodernanti”» (Leonetta Bentivoglio).
• «Qualsiasi cosa Servillo porti in scena, un’opera lirica o Eduardo, un Molière o uno sconosciuto, il pubblico è sicuro di partecipare a una festa» (Curzio Maltese).
• «Il segreto di Toni? È molto semplice e insieme molto profondo come attore e anche come regista: sembra facile ma sono invece due qualità rare» (Mariangela Melato).
• «È un attore privilegiato. È passato dall’avanguardia ai classici senza tradire se stesso, si è ricavato una poltrona dorata lontano dalla dittatura televisiva. Oggi è un punto di riferimento, una figura alla Nanni Moretti, spogliato però di arroganza intellettuale, rigoroso ma senza far pesare il cipiglio d’autore» (Valerio Cappelli).
• Il divo: «Un Andreotti magistrale, privo di gesti che non siano i movimenti delle mani, senza sguardo dietro gli occhiali spessi, lento e impietrito mentre cammina mantenendo una solitudine malinconica» (Natalia Aspesi); «recitato con gigioneria (...) somiglia al critico gastronomico di Ratatouille, un tipaccio malmostoso che vive in una casa a forma di bara: trucco e orecchie esagerati, andatura da marionetta» (Mariarosa Mancuso).
• «Toni è una persona nevrotica. Come Woody Allen. È il contrario di Gassman, che faceva ridere al cinema e piangere a teatro. Servillo fa ridere a teatro e piangere al cinema» (Angelo Curti) [Katia Ippaso, Il Garantista 12/7/2014].
• Frasi «Il napoletano ha un comportamento sociale recitato, si muove naturalmente tra credere e non credere, mostra un totale abbandono alle cose e contemporaneamente ne prende le distanze. Non è questa l’arte dell’attore? Vivere a Napoli per un attore è nutriente» (da un’intervista di Maria Pia Fusco).
• «Coltivo il piacere dell’abitudine. Non come stanco automatismo, ma come terreno di approfondimento: la ripetizione come esperienza, centrale nel mio lavoro. Si dice sempre che il momento più bello a teatro sono le prove. No, sono le repliche. Perché è nel ripetere che, per progressivi spostamenti asintotici, puoi trovare qualcosa di nuovo in ciò che stai facendo».
• «Sto in scena duecento sere l’anno. Amo l’essenza antropologica del teatro, godo, ma godo davvero, nel vedere attori russi o danze indiane».