3 giugno 2012
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Biografia di Michele Serra
• Roma 10 luglio 1954. Giornalista. Scrittore. Autore tv e teatrale. Dal 1996 scrive per Repubblica. Dal 2002 ha la rubrica Satira preventiva sull’Espresso. Dal 2007 cura la rubrica delle lettere sul Venerdì (prendendo il posto di Eugenio Scalfari). «Ormai sono di sinistra più che altro per affetto».
• Vita Si trasferisce a pochi anni a Milano, liceo classico al Manzoni (insieme a Enrico Mentana). «La giovinezza è molto confusa come fase della vita. L’unica cosa che ricordo con lucidità è che per me il vero tradimento è stato entrare nel Pci (nel 1974 – ndr). Lì c’era l’altro mondo rispetto alle mie radici, la borghesia. Iscriversi al Pci era come sposarsi con la colf» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti).
• Nel 1975 l’ingresso a l’Unità come stenografo, poi redattore: «Entrò quasi subito nelle grazie di Alfredo Reichlin, che apprezzava i suoi primi articoli sgarzolini, di lieve satira, di brillante scrittura. Il giornale dove giganteggiava il puntino rosso, in prima pagina, di Fortebraccio – l’ex democristiano che aveva abbracciato la Causa, fazioso e inarrivabile. Serra andava dai dischi di Nada allo sport, fino a un celebre viaggio in Panda sulle coste italiane: ogni giorno un pezzo da una caletta o da uno stabilimento balneare, un ritratto dell’Italia anni Ottanta sotto l’ombrellone» (Stefano Di Michele). Memorabile una serie strepitosa di falsi articoli, con firme da Biagi alla Fallaci, tanto verosimili da sembrare veri, raccolti poi in Falsi d’autore (Feltrinelli 1991).
• Nel 1986 collabora con l’inserto satirico Tango diretto da Sergio Staino e nel 1987 con Epoca (si dimette nel 1990 quando Berlusconi ne diventa editore). Nel 1989 fonda e dirige Cuore, prima inserto dell’Unità poi settimanale indipendente dal 1991. «Tecnicamente Cuore fu soprattutto la parodia di un giornale. Adoperava la grafica, i titoli, l’impaginazione di un giornale “vero” per poterne fare il verso. Per una redazione fatta soprattutto di giornalisti – a differenza di precedenti giornali satirici, come il Male e Tango, redatti soprattutto da disegnatori – era impagabile il gusto di giocare a fare un giornale. Ci divertivamo come bambini. La maggior parte delle formule verbali di Cuore discendeva direttamente dai modi di dire del giornalismo “serio”, li imitava e li storpiava. E molto del piacere di fare Cuore, e forse anche di leggerlo, andò scemando mano a mano che l’informazione paludata cominciava a perdere il suo aplomb, a usare un linguaggio più veloce e corrivo».
• «Il piccolo giornale si ritrovò a essere il catalizzatore di parecchi dei più vivaci umori dell’epoca, e il suo direttore, poco più che trentenne, si ritrovò ad essere un leader, tanto da meritare dal vecchio e combattivo dirigente comunista Maurizio Ferrara (papà di Giuliano) il titolo di “capo del partito trasversale delle teste di cazzo”. Del quale mi fregio ancora oggi, nei momenti di incertezza, con qualche nostalgia».
• Nel 1994 lasciò a Claudio Sabelli Fioretti la direzione di Cuore nel momento di maggior successo del giornale. Nel ’96 passò a Repubblica dove scrive tuttora: sua una delle rubriche più seguite, L’amaca (nello stile e nello spazio assegnato una continuazione di Che tempo fa, il corsivo che dal ’92, direttore Veltroni, scandiva la prima pagina de l’Unità).
• Per il Foglio è «l’umoralista».
• Tra i suoi libri, i racconti Il nuovo che avanza (1990), le poesie Poetastro (1993) e Canzoni politiche (2000), il romanzo Il ragazzo mucca (1997), tutti editi da Feltrinelli. Da ultimo Gli sdraiati (Feltrinelli, 2014): «È un libro bellissimo. Serra ha saputo fare molto più di quel che fa abitualmente come giornalista: ha scritto un romanzo che è e non è un romanzo. Viene in mente Kurt Vonnegut, e non solo perché lo scrittore americano è un suo modello più o meno esplicito, ma perché c’è l’immediatezza, la brutalità quasi, un’inventiva sfrenata, l’umorismo e la moralità, la narrazione che si mescola con la critica aspra del mondo contemporaneo. Un’elaborazione lunghissima, sei anni, per un libro esile (un centinaio di pagine)» (Paolo Di Stefano) [Cds 24/11/2013].
• Nel 1990 scrisse il recital teatrale Buone notizie con Beppe Grillo. Ha scritto il suo primo libretto d’opera per La madre del mostro di Fabio Vacchi, proposta in prima rappresentazione assoluta alla Settimana musicale senese del 2007.
• È anche autore di testi per le trasmissioni tv di Celentano e Morandi, per Antonio Albanese, per Fazio (Che tempo che fa) ecc.
• Candidato con il Pci alle elezioni europee del 1989, non venne eletto.
• Non frequenta i social network: «Non fa per me la virtualità: penso che le persone con cui puoi avere rapporti sono massimo 15, non trentamila» [a Silvia Nucini, Vty 7/11/2013].
• Sposato con Giovanna Zucconi. Quatto figli di cui due acquisiti dalla moglie. Ha lasciato Bologna dieci anni fa, vive sull’Appennino bolognese.
• Frasi «Non sono nato umorista, mi ci hanno fatto diventare».
• «Le borghesie urbane sono sempre più di sinistra. E i ceti popolari sono sempre più di destra. Ogni tanto mi chiedo se non sto frequentando troppi giornalisti, professori, urbanisti, architetti, scrittori. Avrei bisogno di frequentare idraulici».
• Il 13 aprile 2008, giorno delle elezioni politiche: «Da quando vado a votare ho vinto solo un paio di volte su venti, è una media da retrocessione. Incredibilmente ci credo ancora, mi piace ancora, specialmente se penso a tutta la brava gente che si è fatta un gran mazzo in campagna elettorale. Ho un paio di amici che rimarranno a casa, a misurare la puzza sotto il naso. Da dopodomani gli vorrò bene lo stesso, oggi no. Oggi li detesto».
• «Non sopporto la presenza dei teodem nel Pd».
• «Sono stato educato da una famiglia liberale e da un partito comunista. Il risultato è che quando leggo un’intervista a Fabrizio Corona rimango sconvolto».
• «Raramente rido alle mie battute».
• Tifo Interista senza riserve: «Lo sbando dopo il trionfo, l’amnesia dopo la scena madre recitata a memoria sono il nostro pane quotidiano. Sceneggiatori caritatevoli, prima o poi, inventeranno anche per la sciagurata, complessata, iraconda Inter qualche avventura a lieto fine. L’importante sarà, tra il primo e il secondo tempo, continuare a non illudersi».
• «L’Inter di questo ultimo suo scorcio di storia ha un suo imprevisto, goffo ma generoso destino progressista, non importa se casuale, con i cugini rossoneri posseduti dal capo della destra, con i Moratti (dopo i Crespi) a incarnare il mito della borghesia milanese ricca e spericolatamente aperta al sociale, i dibattiti alla Comuna Baires, Emergency, la first-lady ecologista che si candida alle primarie e ci andrà in bicicletta, e la tribuna vip affollata di un sacco di attori, giornalisti e intellettuali tutti di sinistra».