3 giugno 2012
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Biografia di Angelo Scola
• Malgrate (Lecco) 7 novembre 1941. Cardinale (creato da Giovanni Paolo II il 21 ottobre 2003). Già patriarca di Venezia, dal 28 giugno 2011 arcivescovo metropolita di Milano.
• Fu allievo del filosofo Emanuele Severino, che ricordò: «Gli diedi 30 e lode» (CdS 28/6/2011). Dopo il liceo classico Manzoni a Lecco, si laureò alla Cattolica di Milano nel ’67, con Gustavo Bontadini, il pensatore che fu maestro dello stesso Severino (Gian Guido Vecchi) [Cds 28/6/2011].
• Dopo la laurea si trasferì a Friburgo (Svizzera) dove conseguì il dottorato in Teologia. Nel 1982 divenne docente di Antropologia teologica presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II; dal 1986 al 1991, è stato Consultore per la Congregazione per la dottrina della fede, l’organismo che vigila sulla purezza della dottrina. Il 20 luglio 1991 venne nominato vescovo di Grosseto: ricevette l’ordinazione episcopale dal cardinale Bernardin Gantin. Nel luglio 1995 divenne rettore della Pontificia università lateranense e il 5 gennaio 2002 fu nominato da papa Wojtyla patriarca di Venezia.
• «“Interessante questa teoria sui Promessi Sposi: di chi è?”, gli chiese il professore all’esame di maturità. “Del noto studioso Angelo Scola”, rispose lui, con un sorriso. E dentro la battuta c’era tutto: una preparazione di ferro, la fierezza di rivendicare una visione originale, l’autoironia di chi conosce i propri limiti, la gioia di giocare con la cultura. Fino alla provocazione. Come quando a Giancarlo Zizola che gli chiedeva quale fosse il suo colore preferito, rispose l’ultimo che verrebbe in mente a un uomo ricco di forti passioni, principi saldi e buone letture quale lui è: “Il grigio”. E spiegò: “Lei sa quante sfumature di grigio può dipingere su un paesaggio uno specchio di lago? Da ragazzo ne ho contate otto o nove. Per questo noi lacustri siamo tentati di essere almeno un poco crepuscolari, se non romantici”. Gli amici, che l’hanno visto con le camicie a quadri marron da alpinista e poi con la tonaca nera da prete e il clergyman cenere da docente e lo zucchetto rosso da vescovo e infine le mantelle purpuree da cardinale, ammiccano che starebbe bene in bianco. Gli osservatori attenti ricordano come Wojtyla lo stimava tanto da volerlo prima rettore alla Lateranense, poi patriarca a Venezia e delegato alla relazione introduttiva al sinodo, così come lui era stato delegato da Paolo VI. Nato sulla riva opposta a Lecco del ramo manzoniano del Lago di Como, Angelo Scola dice d’essere “orgoglioso di venir da una famiglia poverissima: i miei hanno sempre vissuto in un appartamentino nella vecchia corte di una grande fattoria di non più di 35 metri quadrati dove c’era un piccolo ambiente con una stufa economica che fungeva da cucina, da salotto e da tutto. Poi si entrava nella camera da letto dei miei e da lì si passava in un bugigattolo dove dormivamo io e mio fratello”. Papà Carlo faceva il camionista e ciò, come ha raccontato a Stefano Lorenzetto, fu “decisivo”: “Mi ha dato il senso del viaggio e il gusto del lavoro. Guidava un Fiat 626 che faceva al massimo 37 chilometri l’ora. Allora non c’era il servosterzo, doveva girare le ruote a forza di braccia. Gli erano venuti due muscoli così. Portò fino a Messina il prototipo del palo per l’illuminazione dello Stretto, impiegando 17 giorni. Senza autostrade e senza telefono, non si sapeva mai quando sarebbe tornato”. Socialista nenniano, a differenza della mamma Regina che mandava i figli a distribuire il cattolico Resegone e rappresentava quella religiosità popolare delle terre lombarde dove “credere è come respirare, non occorrono tanti ragionamenti”, tornava tenendo nella tasca della giacca (“aveva un forte senso della sua dignità: se smetteva la tuta era sempre in giacca”) l’Avanti! e l’Unità: “La passione per il popolo l’ho presa da lui. Gli devo molto. Se fece studiare me e mio fratello fu perché quei giornali raccomandavano di mandare i figli a scuola. Si ammazzò di lavoro, per farci studiare”. Cresciuto dentro l’Azione cattolica, laureato in Filosofia alla Cattolica, presidente milanese della Fuci, animatore entusiasta di Comunione e liberazione, ordinato sacerdote nel luglio 70, studente a Friburgo fino a ottenere un dottorato in Teologia, racconterà di avere avuto, su tutte, quattro stelle polari. La prima sono i genitori, che gli hanno trasmesso “la verità e la bellezza dell’amore nello sguardo del mio papà verso la mia mamma dopo 55 anni di matrimonio”. La seconda è don Luigi Giussani, al quale dedicherà nel 2004 un libro intitolato Un pensiero sorgivo (Marietti). La terza è il teologo Hans Urs von Balthasar, col quale scrive un libro intervista dal titolo Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono (Lateran University Press, 2002). La quarta è Karol Wojtyla. Che più di chiunque altro, come dicevamo, scommette su di lui. Bollato spesso come “il patriarca ciellino” con quella diffidenza che una parte del mondo cattolico (per non dire delle sinistre) riserva al movimento fondato da don Giussani e soprattutto ad attività collaterali quali la Compagnia delle Opere, Scola vive l’etichetta con un misto di orgoglio, pazienza e amarezza. Orgoglio perché rivendica fino in fondo gli anni passati dentro il movimento, pazienza perché sa che non è facile scrollarsi di dosso gli schemini riduttivi» (Gian Antonio Stella).
• «Era il discepolo prediletto di don Giussani, che pensava di affidargli la guida del movimento, ma a un certo punto entrò in contrasto con il maestro. Un episodio doloroso, raccontato con tutte le prudenze necessarie da Massimo Camisasca nella sua storia di Comunione e liberazione. Nel 1973 Scola era la guida degli universitari di Cl, quando don Giussani decise di riportarli all’ordine. “C’è stata la fuga in avanti di un gruppetto di leader”, disse il fondatore, pronunciando una sentenza terribile: “Il gruppo universitario di Cl è una grande fioritura, le cui radici si sono inaridite”. Insomma, Giussani non aveva per niente gradito l’attivismo del giovane allievo. “Scola tra il 1973 e il 1974 si ammalò. Don Giussani allora riprese in mano il movimento”, scrive Camisasca. Traducono i testimoni di quella vicenda: don Scola fu allontanato e cadde in depressione» (Marco Damilano).
• «La prima cosa che colpisce di Angelo Scola è come si sposino nella stessa persona il rigore dottrinario e il calore umano. Il nuovo arcivescovo di Milano (…) ha tenuto testa a Joseph Ratzinger e a Urs von Balthasar nelle discussioni teologiche. Eppure ha un tratto gioviale, diretto, da uomo del popolo; quale è (…). “Io stesso tra i 14 e i 18 anni, durante gli anni del mio liceo – ha scritto Scola –, ero preso dall’interesse per la politica in una maniera tale che l’appartenenza alla Chiesa è come caduta in secondo piano. Ero talmente conquistato dai problemi sociali, politici – avevo una simpatia per i partiti marxisti perché il mio papà era impegnato nel partito socialista di Nenni, quando era massimalista – che questi prendevano il sopravvento su tutto il resto. Allora era come se Dio non ci fosse, come se la Chiesa non ci fosse, se Dio non contasse più. Mentre prima le domande più importanti della vita – Perché sono nato? Da dove vengo? Dove vado? Cosa sono al mondo a fare? Cosa vuol dire voler bene agli amici? Cosa vuol dire soffrire? Cosa vuol dire amare? – mi rodevano dentro, adesso le avevo messe a tacere. Era come se tutte queste cose non contassero più. Poi, grazie a Dio, alla fine del liceo ho trovato degli amici che invece vivevano in maniera più intensa tutto”. Tra quegli amici c’era un sacerdote che insegnava religione al liceo Berchet e aveva fondato Gioventù studentesca: don Luigi Giussani (…). Non è settario, ha una visione aperta delle relazioni umane, è curioso delle persone e delle cose che non conosce. E il suo colore preferito non è il bianco né il nero, ma il grigio: da ragazzo è arrivato a contarne sul lago nove sfumature diverse; “è per questo che noi lacustri siamo un po’ crepuscolari, se non proprio romantici”. Nella Chiesa non perde fiducia neppure nelle prove difficili. Vorrebbe diventare sacerdote, ma il seminario di Milano tergiversa, gli propone di aspettare, di fare prima il servizio militare. Allora Scola incontra un monsignore – Abele Conigli, mite sin dal nome, vescovo a Teramo – disposto a ordinarlo subito. E diventa prete lontano dalla sua diocesi, che ora, a oltre quarant’anni di distanza, andrà a guidare. (…) Wojtyla lo stima al punto da volerlo rettore alla Lateranense, patriarca a Venezia, delegato alla relazione introduttiva del suo ultimo sinodo, così come lui era stato delegato di Montini. Da cardinale, Scola è andato costruendo in questi anni un proprio sistema di pensiero, dalle fondamenta ben piantate nei papati di Wojtyla e di Ratzinger, ma con forti elementi di autonomia. Un sistema incentrato attorno ad alcune parole-chiave. A partire dalla “vita buona” (…). Il nuovo arcivescovo di Milano ha introdotto nel mondo delle idee della Chiesa altri due concetti fondamentali. La “nuova laicità”, quasi un manifesto del modo della Chiesa moderna di stare nella società e partecipare alla discussione e alle decisioni politiche: senza creare un legame con un partito, senza pretendere obbedienza, ma anche senza rinunciare a esprimere la propria posizione e ad auspicare che il legislatore la recepisca. E il “meticciato” – non una scelta, ma un fenomeno storico con cui fare i conti – agli antipodi sia dei retori del relativismo culturale sia dei nemici della società multietnica. Il mondo del “meticciato” è invece una società integrata in cui si parlano l’italiano, l’arabo, l’inglese, il francese e l’urdu, le lingue in cui è stampata la rivista fondata da Scola, Oasis. Il lavoro culturale di questi anni a Venezia – il Marcianum, la collaborazione con la Fondazione Cini, i frequenti viaggi all’estero in particolare in Medio Oriente – si è accompagnato a un fitto dialogo con i giovani su Internet e al lungo viaggio nelle parrocchie veneziane. Poi, ogni sera, prima di andare a dormire, il cardinale recita l’Ave Maria, come da bambino. Scola ha dimostrato qualità di pastore e di comunicatore non scontate in un intellettuale. Ha saputo ascoltare mondi lontani dal suo, dall’arte contemporanea al cinema. All’ultimo meeting di Rimini ha parlato per due ore a diecimila giovani partendo da quattro film che aveva visto in vacanza: Matrix dei Wachowski, Memento di Nolan, Fratello, dove sei? dei fratelli Coen, Il concerto di Mihailenau. Tra i cardinali italiani, è forse quello che dà e concede più facilmente il tu. Nelle discussioni pubbliche, chiede sempre il nome dell’interlocutore e con il suo nome gli si rivolge, magari per criticarlo, senza preoccuparsi di captarne la benevolenza» (Aldo Cazzullo).
• «Tifa Milan e coltiva una predilezione mai sopita per Kakà. La sua giornata tipo, fino a oggi, (…) è quella di uno che si ammazza di lavoro. Sveglia alle 6, con due preghiere, l’Angelus e Ti adoro mio Dio. Messa alle 6 e mezza, colazione, agenda stracolma di impegni dentro e fuori le mura. La sera, cena con acqua frizzantissima e preferibilmente cose salate, acciughe, olive, molto apprezzate le polpette. Poi scrittura, fino a notte. E prima di dormire, l’orazione più amata, il Memorare, un consegnarsi alla clemenza della Madonna, scritta da san Bernardo di Chiaravalle e fatta propria anche da Madre Teresa di Calcutta. Non ha telefonino, sua Eminenza, ma è attivissimo sui nuovi media: un sito a suo nome, una pagina Facebook piuttosto desolata, una discreta attività su Twitter» (La Repubblica).
• «È come avere due peccati originali di cui doversi liberare ogni volta...» disse in merito al costante accostamento tra lui e Cl sui media (Paolo Foschini) [Cds 29/1/2012].
• Molti libri: nel 2007 Una nuova laicità (Marsilio); nel 2008, con Paolo Flores D’Arcais, Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede (Marsilio); nel 2010 Buone ragioni per la vita comune. Religione, politica, economia (Mondadori); nel 2011 Non Uccidere, per la serie I Comandamenti edita dal Mulino, e Vivere da grandi (Marcianum Press); nel 2012, con Aldo Cazzullo, La vita buona (Mondadori); nel 2013 Non dimentichiamoci di Dio. Libertà di fedi, di culture e politica (Rizzoli).
• Stretto rapporto con papa Ratzinger, con il quale lavorò dall’86 al 91 alla Congregazione per la Dottrina della fede; la sua nomina alla diocesi milanese, da parte di Ratzinger, fu sostenuta da 19 vescovi su 30. Entrato nel cda dell’Istituto Toniolo, cui fa capo l’Università Cattolica, è subentrato a Dionigi Tettamanzi anche alla presidenza dello stesso cda. È metropolita della Lombardia.
• Nel marzo del 2011, il leader di Cl Juliàn Carron aveva perorato con una lettera la sua designazione a Milano: «L’unica candidatura che mi sento in coscienza di presentare all’attenzione del Santo Padre (per la diocesi di Milano, ndr) è quella del patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola».
• «Non sono stati pochi coloro che hanno visto nella nomina di Angelo Scola ad arcivescovo di Milano uno “sfregio” al cattolicesimo ambrosiano e, in particolar modo, a quella parte di cattolicesimo che ha avuto nella diocesi di Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi un terreno fertile di sviluppo: il cattolicesimo democratico» (Il Foglio).
• Sotto di lui a Milano ha preso il via il procedimento per la beatificazione di don Giussani.
• «La Fondazione Marcianum, creata tra il 2007 e il 2008 da Scola quando era patriarca di Venezia, è un piccolo impero della cultura, della formazione, dell’editoria. Controlla una scuola per l’infanzia, due scuole elementari, una scuola media, un liceo classico, l’università San Pio X di Diritto canonico, l’Istituto superiore di scienze religiose Lorenzo Giustiniani, l’Alta scuola società economia teologia (Asset), un master in etica e gestione d’azienda, la rivista Ephemerides, la casa editrice Marcianum press, una biblioteca, una libreria, la fondazione Oasis, con l’omonima rivista internazionale, una newsletter quindicinale redatta in cinque lingue, un sito web e due collane di libri» (il Fatto Quotidiano).
• «La rivista Oasis da lui fondata e dedicata ai temi del dialogo, del confronto, dell’apertura, è una mia lettura fissa da molti anni» (don Colmegna) (Foschini, cit.).
• Ai parroci della diocesi ambrosiana disse che la Chiesa «non è un partito o un agit-prop, non ha bastioni da difendere ma solo strade da percorrere».
• Ha raddoppiato da sei a dodici gli esorcisti della diocesi di Milano (Il Foglio).
• Condivide la quotidianità con alcune signore aderenti ai Memores Domini (il Fatto Quotidiano).
• «Ci sono voluti anni perché fosse riconosciuto il concetto di scuola pubblica paritaria. Oggi credo che la parola “paritarie” sia ancora troppo poco».
• «Sindaco delle anime» la definizione coniata per lui da Giuliano Pisapia (Paola D’Amico) [Cds 8/11/2011], al quale lo stesso Scola manifestò contrarietà, a partire da un’intervista a Famiglia Cristiana, per l’idea di istituire un registro comunale delle coppie civili. «Se un assessore dichiaratamente cattolico fa parte di una giunta che approva il registro delle unioni di fatto evidentemente dovrà chiedersi se si trova nel contenitore politico giusto».
• Il «gelo demografico» una delle sue maggiori preoccupazioni.
• «Certamente no all’accanimento terapeutico, che va sempre escluso» (Foschini, cit.).
• Contrario all’apertura dei negozi la domenica, favorevole con cautela, invece, a una moschea a Milano.
• Il suo messaggio alla comunità islamica in occasione del Ramadan, nel 2012, non fu letto dai destinatari.
• «Non mi sfuggono le responsabilità storiche di taluni figli della Chiesa di fronte alle tragiche ingiustizie compiute contro i membri del popolo ebraico».
• A favore della cittadinanza italiana per chiunque nasca in Italia.
• Nel 2012 il cardinale Paolo Romeo disse di aver appreso in Cina di una possibile ascesa al papato dello stesso Scola, quale successore di lì a 12 mesi di Ratzinger. Il suo nome era effettivamente tra quelli dei papabili, anzi il più accreditato dai bookmakers, quando Ratzinger si dimise l’anno successivo e fu erroneamente indicato in un comunicato diffuso dalla Cei pochi istanti prima dell’ufficializzazione della nomina di papa Bergoglio.
• «Non è mai stato considerato un beniamino del “partito romano”: fin dai tempi in cui se ne parlava come possibile presidente della Cei» (Massimo Franco).
• «È stato consultato ed è intervenuto personalmente per determinare il luogo dove Berlusconi andrà a svolgere la sua attività di “giustizia riparativa”, l’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. È stato Scola, e non il Tribunale di sorveglianza, né l’Ufficio esecuzione penale esterna, a indicare la struttura dove l’ex presidente del Consiglio passerà quattro ore alla settimana, nei dieci mesi e mezzo in cui sconterà la sua pena per frode fiscale» (il Fatto Quotidiano).
• A metà anni ’70 «Scola è uno degli intellettuali che va a tenere una lezione all’imprenditore Berlusconi e ai suoi manager, tra cui Marcello Dell’Utri e Fedele Confalonieri» (il Giornale).
• Il suo libro preferito è L’uomo senza qualità di Robert Musil, il film preferito «Kolja. Per la forza del linguaggio e perché fa vedere come un frammento del desiderio di Dio è sempre presente nel cuore dell’uomo». Musica prediletta «il Concerto 27 per pianoforte di Wolfgang Amadeus Mozart» (a Sette).