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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Tiziano Sclavi

• Broni (Pavia) 3 aprile 1953. Scrittore. Autore del personaggio dei fumetti Dylan Dog (Bonelli editore, in edicola dal 1986), per i personaggi del quale trasse ispirazione anche da Rupert Everett. Tra i suoi libri, Dellamorte Dellamore (Camunia 1991), dal quale Michele Soavi ha tratto il film omonimo (1994). «Io scrivo per gli altri. Sono balle quando qualcuno dice che lo scrittore scrive per se stesso. Quelli che tengono le loro opere nel cassetto non vedono l’ora di essere pubblicati postumi».
• «Ha sempre avuto estimatori illustri, fin da quando, ventunenne, pubblicò Film, che Natalia Ginzburg segnalò senza successo a Einaudi. Umberto Eco sarebbe in grado di passare giorni e giorni a leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog. Per lui il successo della serie dipende dalla sua “sgangherabilità”. Nel senso, non chiarissimo, che la Divina Commedia è cult perché è smontabile, cioè puoi prendere una terzina e citarla tranquillamente. Il Decamerone no, infatti non è cult. Dylan Dog è smontabile, sgangherabile. Quindi è cult» (Andrea Scanzi).
• «Ripenso all’educazione fisica nelle scuole. Quei professori di ginnastica, così odiosi e inutili, che impartivano ordini. Ero un bambino grasso, goffo, silenzioso. Preso di mira dalla loro tracotanza mentale e fisica. Sono nato a Broni, però ho abitato per tutta l’infanzia a Canneto Pavese, un posto che odiavo».
• «Stephen King ha descritto benissimo cosa vuol dire per uno scrittore di talento finire nel gorgo della crisi: la paralisi mentale, la noia che avvolge i pensieri, il senso di inutilità. La differenza è che le sue crisi sono durate alcuni mesi. Le mie vanno avanti da anni».
• «Ricordo che è stata mia madre la prima lettrice. Scrivevo e disegnavo. Ma nel disegno non avevo affatto talento. Anche in Dylan Dog ho investito tantissimo. Lì dentro c’è la mia vita».
• «Ho incominciato prima a disegnare (male) e poi quasi subito a scrivere. Il primo, “tra virgolette” romanzo, l’ho scritto in seconda media. Al liceo il professore di italiano, nonostante avessi la media del 7 mi diede 9 sulla pagella. Io gli chiesi come mai e lui disse: “Lascia fare”. Fu il primo a credere in me. Le prime letture sono state il Corriere dei Piccoli, i fumetti Bonelli e Edgar Allan Poe. Di lui mi sono innamorato, l’ho letto tutto quando avevo sette-otto anni. E ho letto anche tutte le fiabe più sanguinose e paurose che si potessero trovare. Ho fatto da solo: i miei genitori non avevano libri e io abitavo in un paesino orribile dell’Oltrepo Pavese, Canneto. Ho vissuto dodici anni in questo posto che ho odiato con tutto me stesso (…). Nel ’76 venni preso dal Corriere dei Ragazzi dove qualche tempo dopo fu assunto anche un giovane di buone speranze che si chiamava Ferruccio De Bortoli (…) Guadagnavo trecentomila lire al mese contro le seicentomila che prendevo da freelance, ma una volta assunto i miei vedevano che andavo a lavorare e così erano contenti mentre prima, siccome non andavo all’università, secondo loro non facevo niente».
• Scrivendo certe storie di Dylan Dog, dice, si è emozionato così tanto da mettersi a singhiozzare. «Ho pianto perché avevo fatto morire un personaggio. Il mio computer era bagnato di lacrime».
• «Non ho mai fatto classifiche su che cosa era meglio, se scrivere fumetti o romanzi. Non sono come Conan Doyle che odiava Sherlock Holmes».
• «Quante volte mi sono svegliato in un letto d’ospedale dopo aver tentato il suicidio. Arrivavo a prendere centinaia di pasticche. Ma siccome sono un vigliacco militante, telefonavo all’amico chiedendogli di venirmi a salvare» (da un’intervista di Antonio Gnoli).
• «Non vorrei mai tornare indietro nel tempo. Prima di incontrare mia moglie, a quarant’anni suonati, la mia vita personale è stata una fetenzìa tale che neanche il successo è riuscito a renderla almeno decente».
• «Non è che non ami lo sport, semplicemente non m’interessa. Per Valentino Rossi è stato un caso: c’era da me Mauro Marcheselli (effettivo direttore di Dylan Dog) e non voleva perdersi la corsa. Così ho dovuto accendere la tivù, uno dei mostri del nostro tempo. Beh, dopo dieci minuti, alla faccia del mostro, mi sono trovato a fare il tifo per quel ragazzino simpatico che guida la moto. Da allora non ho più smesso di seguirlo» (da un’intervista di Fabio Licari).
• «Sono un fanatico della tecnologia. Ho in casa più di trenta computer, senza contare iPad e smartphone vari» (a La Repubblica).
• Anche autore di canzoni.
• Sposato con Cristina, vive con sette bassotti e da anni ha smesso di bere. Non esce mai di casa e detesta i social network.